We can love again

Outlaw Queen {Once Upon a Time}

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    Capitolo 31 - Lasciati andare



    Roland accettò volentieri le scuse di Henry e l'abbraccio che ne derivò. Henry gli disse che gli dispiaceva per le cose che aveva detto e per averlo spinto e che non intendeva niente di tutto ciò. Fu abbastanza per il bambino di quattro anni; in tutta onestà, voleva solo che a Henry piacesse di nuovo - si disse che avrebbe fatto di meglio per renderlo felice.

    "Immagino che tu possa essere mio fratello se vuoi esserlo" disse Henry, facendo apparire un sorriso gigantesco sul viso del bambino.

    "Veramente?" chiese Roland stupito, gettandogli di nuovo le braccia al collo "Grazie, grazie, grazie!".

    Henry alzò gli occhi al cielo "Puoi chiamare anche Regina mamma se vuoi, non mi dispiace più".

    Roland non poteva essere più felice "E papà? Lo chiamerai così adesso?".

    Esitando un po', sospirò "Beh, forse”.

    ‘Forse’ era abbastanza buono per lui. Ecco, sarebbero diventati davvero una vera famiglia.

    Regina sorrise quando vide i suoi due ragazzi abbracciarsi: sì, era poco carino spiare, ma né lei né Robin erano riusciti a trattenersi.

    "Vedi, te l'avevo detto che sarebbe andato tutto bene" gli disse, sorridendo.

    "Immagino di sì" rispose Robin, con un sorriso furbo "Il che significa... che noi due dovremo festeggiare in qualche modo”.

    Regina mandò gli occhi al cielo "Sì? E come?".

    "Perché non torniamo al lago?".

    Lei fece spallucce "Sembra divertente, facciamo di nuovo un picnic?".

    Scuotendo la testa, continuò a rivolgerle quel sorriso penetrante "Stavo pensando che potremmo accendere un po’ le cose".

    Regina inarcò un sopracciglio "Allora cosa facciamo?".

    "Qualunque cosa ci sentiamo di fare, ecco cosa" lui rispose, rivolgendo la sua attenzione ai ragazzi.

    "Porterò tua madre fuori per un appuntamento, quindi voi due restate qui e non causate problemi. Roland, è meglio che la vostra stanza sia a posto prima che torniamo”.

    Roland sorrise “Significa che possiamo divertirci insieme Henry!".

    "Immagino di sì" rispose il ragazzo, lanciando un'occhiata a sua madre "Divertitevi”.

    "Sempre" gli rispose "Per favore, niente più problemi. Ne abbiamo già avuti abbastanza ultimamente”.

    "Promesso".

    Con quella risposta speranzosa in mente, i due lasciarono i due ragazzi e si avviarono verso il lago, il loro luogo segreto dove niente poteva andare storto.

    "È così bello uscire" disse Regina, tirando un sospiro di sollievo.

    "Non dirlo a me" disse Robin.

    La brezza di inizio estate e il perfetto cielo azzurro facevano sembrare tutto un paradiso. Tutta la tensione, le preoccupazioni… tutto lentamente svanì. Gli dispiaceva che lui e Regina non fossero riusciti a passare molto tempo insieme.

    Quando arrivarono, lei si voltò a guardarlo "Cosa dobbiamo fare?".

    Ovviamente aveva già un'idea che si stava formando nella sua mente. Per la sua risposta, la fece girare verso il vasto e luccicante lago.

    "Vuoi nuotare?" Regina chiese "Questa è la tua idea di un appuntamento?".

    Robin si strinse nelle spalle "Perché no? Fa abbastanza caldo”.

    Tuttavia, lei rimase scettica.

    "Sarà divertente!" lui disse in tono incoraggiante, facendo un passo indietro per togliersi la camicia. Lo guardò mentre prendeva una corsa e saltava nel lago, creando un enorme tonfo.

    "Sei pazzo!" gli urlò mentre lui sollevava la testa sopra l'acqua.

    "L'acqua è fantastica!" le disse di rimando "Vieni!".

    "Ma poi sarò tutta bagnata!".

    Robin le diede un'occhiata "Ti asciugherai. Tu pensi troppo, Regina. È facile, tutto quello che devi fare è saltare dentro, lasciarti andare e rilassarti".

    Lasciarsi andare. Sembrava abbastanza facile. Regina fece un respiro profondo e annuì, arrendendosi alla sua supplica. Togliendosi le scarpe, si mise a correre e saltò dentro, presto inghiottita dall'acqua fresca. Emerse per prendere fiato e diede immediatamente a Robin uno scherzoso schiaffo sul braccio.

    "Hai mentito, hai detto che l'acqua era piacevole!".

    Robin rise, adorando lo sguardo sul suo viso "Non l'avresti fatto se avessi detto il contrario!".

    "Beh, mi hai fatto entrare qui e adesso?" Regina roteò gli occhi, cercando di non rendere i suoi brividi così evidenti.

    "Che c’è, non ti piace nuotare?".

    Regina lo schizzò scherzosamente "Non l'ho mai detto”.

    Sentì le sue braccia intorno a lei mentre la sollevava su una spalla, mettendole le mani attorno alle gambe.

    "No! No! Tu non---!" prima che potesse finire la frase, Robin la fece cadere alle sue spalle.

    Quando riemerse di nuovo, gli lanciò uno sguardo minaccioso mentre si toglieva i capelli dal viso "Sei perfido!".

    Robin le mise le mani sui fianchi e le lanciò uno sguardo dolce con i suoi occhi castani "Lasciati andare, ricordi?".

    Regina roteò gli occhi "Oh, giusto. Beh, in questo caso...".

    Gli avvolse le mani intorno al collo, appoggiando le labbra sulle sue mentre lui la stringeva subito più forte. Poteva sentire il sapore dell'acqua sulla sua lingua, la sensazione scivolosa dei suoi capelli.

    "Mi sei mancata" mormorò, prendendo un respiro veloce.

    Regina gli avvolse le gambe intorno alla vita per non scivolare via "Anche tu" rispose lei, rendendosi presto conto di essere abbastanza sicura di sé da dire le parole successive "Ti amo, Robin”.

    Poteva sentire il calore del suo respiro toccargli il viso mentre parlava. Era così bello sentire quelle parole da lei.

    "Anche io ti amo. Tantissimo, in realtà”.

    "Possiamo solo... restare qui, per sempre?" gli chiese, anche se una risposta era completamente inutile. Le cose non avrebbero mai potuto essere perfette come in quel momento, non era mai stato così facile.

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    Capitolo 32 – Il Buono e il Cattivo



    Regina e Robin si svegliarono al suono della pioggia che picchiava contro la finestra della camera da letto. Tutto era tranquillo e silenzioso, il sole stava appena iniziando a sorgere fuori, creando un gioco di colori rosa chiaro e arancione che dipingevano il cielo. Robin aveva Regina tra le braccia, appoggiando la testa nell'incavo del suo collo, stando in dormiveglia.

    Stavano insieme da quasi un mese e mezzo e poteva dire, senza dubbio, che era stato il mese e mezzo più bello della sua vita. Aveva imparato ad apprezzare le piccole cose della sua donna: tutte le sue abitudini, la sua personalità, i suoi pensieri e le sue paure. Amava la sensazione del suo battito sotto l’orecchio, il modo in cui si sedeva sempre troppo dritta e teneva la testa alta quando camminava. Aveva iniziato a capire fino in fondo come sua madre le avesse fatto del male e quanto fosse stato difficile lottare per una vita migliore. Amava tutto di lei, non perdeva occasione per dirle che non era più sola.

    Regina mosse leggermente il dito lungo il suo avambraccio, tracciando l'inchiostro nero del suo tatuaggio. Era così misterioso, l'unica cosa che li univa.

    "Cosa significa?" gli chiese, la sua voce tranquilla e piena di sonno.

    "È un simbolo antico" le rispose Robin "L'ho fatto quando mi sono unito agli Uomini Allegri. Significa essere un leader e un protettore".

    Regina sorrise. Avrebbe dovuto immaginarlo "Beh, è giusto, perché io mi sento al sicuro quando sono con te. Roland è fortunato ad averti come padre".

    "Grazie, significa molto" disse Robin, chiudendo di nuovo gli occhi mentre iniziava ad assopirsi.

    Le cose non avrebbero potuto essere più perfette.




    I villaggi erano quasi sommersi a causa della pioggia battente di maggio. Tutti erano nascosti nelle proprie case, completamente ignari che la loro ex regina viveva in mezzo a loro. Ad eccezione di sei uomini, che ne erano completamente consapevoli mentre si fronteggiavano in mezzo alla strada di ciottoli.

    "Questo incontro era così importante da non poter aspettare che smettesse di piovere?" chiese uno di loro, riparandosi il viso con le mani.

    "Già e dov'è Robin?" chiese un altro, guardandosi intorno nel gruppetto di uomini.

    "Volevo parlare con voi ragazzi... Senza di lui" disse loro un uomo dai capelli biondi, un'espressione seria sul viso.

    "E chi ti ha dato il diritto di organizzare questo incontro?" Little John gli chiese "Robin è il nostro leader. Qualunque cosa dici a noi, puoi dirla a lui".

    "Aspetta, Alan, si tratta di... Regina?" interrogò un uomo più piccolo di nome Christopher, con uno sguardo preoccupato negli occhi. La domanda rimase in aria, lasciando l'unico rumore udibile quello della pioggia che sbatteva contro il pavimento.

    "Sì, si tratta di... La regina" Alan rispose con calma "Robin ha reagito così duramente quando abbiamo proposto l'idea di andare al suo castello, ma probabilmente ci sono enormi quantità di oro e argento lì, di grande valore!".

    "Ma ha detto di no, Alan, dobbiamo fidarci di Robin, è il nostro leader!" insistette John, sempre più agitato con l'uomo.

    "Dimmi che non vuoi derubare il castello della Regina Cattiva" disse Alan di rimando, con un tono di voce che implorava tutti di sfidarlo a riguardo.

    "Non importa, non lo faremo”.

    Alan sospirò "Gli abitanti del villaggio meritano di sapere che lei è qui" disse con fermezza "Dopotutto, ha rovinato le loro vite. Molte persone qui si ricordano di lei e di quello che ha fatto”.

    "Se… Se sapessero che lei è a pochi metri da loro, impazzirebbero tutti" aggiunse Christopher.

    "La ucciderebbero" gli occhi di John non lasciarono mai quelli di Alan mentre parlava "È cambiata, l'abbiamo visto tutti. A Robin piace davvero, vuoi gettarla nelle mani di questi paesani come un pezzo di carne?".

    "Questi abitanti del villaggio sono la nostra gente, John".

    Per la prima volta in tutta la loro conversazione, tutti non sapevano da quale parte stare. Nessuno di loro l'aveva mai sperimentato prima: in bilico tra due idee.

    Voltarono tutti la testa verso John, l’eletto secondo in comando. Era un uomo molto virile, nessuno lo prendeva mai in giro a causa della sua grande statura.

    "Non lo faremo" John disse solennemente "Fine delle discussioni. La riunione è tolta".

    Con un deciso cenno del capo, si incamminò lungo il marciapiede rigato dalla pioggia, seguito dai quattro uomini rimasti.




    Si fece strada lungo il marciapiede scivoloso verso un edificio particolarmente buio situato alla fine della carreggiata. L'irritazione gli aggrottava la fronte mentre abbassava la testa contro la pioggia battente.

    Quando entrò nell'edificio, Alan era sicuro di essere solo: la stanza annerita aveva un'atmosfera inquietante.

    "Vedo che sei tornato" disse una voce penetrante da dietro di lui, facendo girare l'uomo su se stesso, i suoi sensi acuti e vigili.

    "Sì, ma con notizie scoraggianti" rispose Alan, scorgendo la figura in piedi di fronte a lui. Con un mantello rosso intenso e occhi minacciosi quasi come un serpente, non era così difficile capire chi fosse.

    "Nessuno degli altri Uomini Allegri accetterà il piano" Alan disse, piuttosto lentamente.

    "Eppure, eccoti qui" la voce di Tremotino si abbassò notevolmente, quasi riflettendo sul fatto.

    Alan provò una leggera fitta di rimpianto mentre pensava a Robin. Forse avevano ragione gli altri quando dicevano che Regina era buona per lui. Ma era sempre al potere, aveva sempre deciso sul da farsi. A volte, altre cose erano più importanti dell'amicizia.

    "Ho bisogno di denaro" Alan disse "E una garanzia che la mia vita migliorerà".

    Tremotino aveva già visto questa situazione tante volte in passato: i cittadini scontenti delle loro circostanze erano sempre quelli che facevano gli accordi più potenti "Posso farlo" disse all'uomo, come se fosse qualcosa di incredibilmente semplice "Questo piano può ancora funzionare se fai esattamente quello che dico. Una volta che esporrai Regina agli abitanti del villaggio, nessuno di loro avrà alcuna possibilità di vincere" i suoi occhi si indurirono mentre parlava "Ho solo bisogno che tu elimini Regina Mills, qualunque sia il prezzo".


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    Capitolo 33 - Dove dovremmo andare?



    Era passato un altro mese. Tutto era diventato una routine normale e regolare per la famiglia: Henry e Roland andavano d'accordo per la maggior parte del tempo e tutti si godevano la reciproca compagnia. Robin aveva finito il letto di Henry dopo un paio di settimane di duro lavoro; erano riusciti a stiparlo nella stanza di Roland, adiacente al letto del bambino.

    Regina non avrebbe mai pensato di poter trovare un posto a cui appartenere veramente, non fino a quando non aveva scoperto la piccola casa di Robin in mezzo al nulla. La massiccia casa bianca che aveva condiviso con suo figlio l'aveva sempre fatta sentire sola; era quasi come se riflettesse il suo vuoto interiore.

    Nelle ultime quindici settimane, Regina si era resa conto di una cosa: non importava chi fosse, quello che importava erano le persone con cui stava. Robin, Henry, Roland erano la sua casa. Sempre e per sempre.

    "È così strano" disse Robin, un'espressione preoccupata sul viso mentre aiutava Roland a tagliare la sua salsiccia "Nessuno mi ha contattato per settimane: Sam, Christopher, Mark, Alan, Winston, persino John! Nessuno di loro è passato".

    Regina pensò per un momento. Era piuttosto strano, uno di loro era quasi sempre a casa loro a parlare con Robin di qualcosa.

    "Tesoro, forse hanno tutti bisogno di un po' di tempo libero per un po'".

    Era evidente che era stressato "Ma me l'avrebbero detto. Sono andato a casa di John un paio di giorni fa per chiederglielo, ma è quasi come se non fosse più a casa" appoggiò i gomiti sul tavolo di legno e si stropicciò gli occhi. Regina gli mise una mano sulla spalla per cercare di consolarlo.

    "Sono sicura che le cose si sistemeranno presto, a volte devi solo lasciare passare il tempo prima che le cose migliorino".

    Forse aveva ragione.

    "Nel frattempo, abbiamo un disperato bisogno di altri generi alimentari" disse Regina, cambiando argomento "Tra poco andrò al villaggio".

    "Verrò con te dopo che mi sarò vestito" disse Robin.

    "Hai davvero bisogno di rilassarti oggi, sei troppo stressato" gli disse "Posso farcela da sola".

    Lui sospirò "Ne abbiamo già parlato, Regina, non puoi rischiare che la gente ti riconosca".

    "Non devi preoccuparti, starò bene" Regina indicò il vestito celeste che indossava "La Regina Cattiva sarebbe già stata catturata così, no?".

    Risposta ovvia. Tuttavia, non si sentiva sicuro di mandarla fuori da sola.

    "Robin... per favore?".

    Non avrebbe mai potuto dire di no alla faccia che gli stava mostrando "Bene" disse, alzando gli occhi al cielo "Porta Roland con te".

    Regina si lasciò sfuggire un sorriso trionfante mentre si chinava per dargli un bacio veloce "Grazie!".

    "Basta che non state via troppo" disse Robin, rivolgendosi a Henry "Vuoi andare con loro?".

    Il dodicenne scosse la testa mentre faceva colazione "Fare shopping è noioso. Volevo fare un po' di tiro al bersaglio più tardi”.

    Regina posò un leggero bacio sulla guancia di suo figlio "Stai attento, va bene?".

    Henry annuì "Ti voglio bene, mamma".

    "Ti voglio bene anch'io" lei rispose con un sorriso, tirando indietro la sedia di Roland in modo che potesse scendere "Sei pronto per partire?".

    Il bambino annuì mentre Regina andava a prendere la borsetta "Va bene, beh, torneremo presto. Ragazzi, divertitevi" disse, prendendo la mano di Roland tra le sue mentre si avviavano entrambi verso la porta.




    Sia Regina che Roland fecero una piacevole e tranquilla passeggiata attraverso i campi fino al villaggio. Le giornate erano diventate lunghe e soleggiate nella Foresta Incantata, l'estate era in pieno vigore.

    "Mamma, quando tornerà Henry dall'altra mamma?" chiese Roland, il ricordo di Emma e del resto della famiglia Charming che cominciava a svanire dalla sua mente.

    Regina non voleva pensarci. Quel giorno stava arrivando rapidamente, il giorno in cui avrebbe dovuto rimandare suo figlio a Storybrooke. Voleva più di qualsiasi cosa tenerlo lì per sempre, ma lo aveva promesso a Emma.

    "Ci dovremo pensare presto" gli disse Regina.

    "Torneremo con lui?" chiese innocentemente, guardando i suoi passi mentre entravano attraverso i cancelli del villaggio.

    "Io... non lo so. Dovremo parlarne con papà".

    Roland sapeva che non le piaceva parlare di Henry che doveva andarsene, così concluse la conversazione con un debole "Ok".

    Il villaggio era sempre stato il suo posto preferito. Tutto era sempre felice, animato dal trambusto di tutti gli abitanti del villaggio. C'era sempre qualcosa da fare, qualcosa di divertente da guardare. Quando sua madre la portava, si assicurava sempre che tutti sapessero di essere dei reali. Considerando che quando suo padre l’aveva sposata, niente di tutto ciò aveva importanza. Sentì, anche se da poco, di essere un’abitante di un villaggio proprio come tutti gli altri "Allora, Roland, dove andiamo?".

    Sorridendo, il bambino indicò un chiosco pieno di frutta assortita "Mirtilli! Sono così deliziosi!".

    Regina rise, concordando con lui al cento per cento. Entrambi presero molti diversi tipi di frutta e verdura, la sua borsa si riempì rapidamente. Sorprendentemente, nessuno le lanciò occhiate strane. Era ufficialmente una di loro, non doveva nemmeno cercare di nasconderlo.

    Il denaro non era un problema per loro; era solo un altro vantaggio dell'avere la magia. Presto, Roland iniziò a trascinare i piedi nel tentativo di tenere il passo di sua madre. Il calore estivo iniziava a scendere su di loro a tutta forza, facendo rimpiangere Regina di non aver messo la crema solare sulla pelle chiara del suo bambino.

    "C'è qualcos'altro di cui abbiamo bisogno?" chiese, anche se non voleva portare nient'altro.

    Roland scosse la testa "Fa caldo. Dovremmo tornare a casa".

    "Bene, allora credo che ritorneremo a casa".

    Almeno finché non vide alcuni gioielli di perline esposti in uno dei negozi. Regina non poteva farci niente; l'unica cosa che le mancava dell'essere regina era avere tanti gioielli e vestiti. Si fermò per esaminarne un bracciale decorato con perline verdi e viola.

    "Bello, non è vero?".

    Regina alzò lo sguardo per guardare una donna anziana sorridente.

    "Oh sì, questi sono assolutamente stupendi" disse gentilmente, rimettendo a posto il braccialetto con cura "Ma sto solo guardando".

    Prima che potesse andarsene, la donna l’afferrò leggermente per il braccio.

    "Sono anche un'indovina" disse "Ti dirò una cosa... ti farò una lettura gratuita. Una bella ragazza come te dovrebbe conoscere almeno un po' del suo futuro".

    Regina la contemplò per un momento mentre Roland le tirava il braccio.

    "Mamma... andiamo!".

    Regina si voltò di nuovo verso la donna "Dovrei davvero tornare a casa, ma grazie per l'offerta".

    "No, insisto!" la donna insistette, senza mostrare segni di cedimento. Sospirando, Regina sapeva che non avrebbe vinto.

    "D’accordo..." le offrì la mano destra.

    La vecchia la prese e strofinò i pollici sulla superficie del palmo. Regina non era mai stata da una indovina prima, non aveva idea di cosa sarebbe successo. Studiò la donna per alcuni lunghi secondi, osservando il suo viso flettersi con emozioni diverse, cominciando a sentirsi ansiosa.

    "Una volta eri una ragazza molto turbata a causa del modo in cui tua madre ti trattava" iniziò, facendo apparire uno sguardo sorpreso sul viso di Regina.

    "Tua madre... ti ha costretto a fare cose… cose orribili. Ma hai tanto amore in te" si fermò e sorrise "Sei felice adesso. Hai qualcuno nella tua vita, qualcuno che ami molto".

    Regina non poté fare a meno di sorridere.

    "E la nuova aggiunta alla tua famiglia ti porterà ulteriore gioia… ma attenzione, c'è…".

    "Aspetta... Nuova aggiunta?" chiese Regina, con un'espressione confusa "La nostra casa non è abbastanza grande per ulteriori modifiche".

    La donna si lasciò sfuggire una risata sommessa "No, cara, intendevo un diverso tipo di aggiunta… intendevo un bambino".

    Regina inarcò le sopracciglia a quella parola "Bambino?" ridacchiò "Roland ha quasi cinque anni, non è un bambino".

    "Beh, lo so" rispose la donna "C'è un bambino dentro di te".

    "Ma io... non sono incinta" le disse Regina sulla difensiva, sentendo l'altra mano stringersi irritata. La sua mente piena di mille preoccupazioni contemporaneamente "Lo saprei... giusto?".

    "Non c'è modo di sfidare il potere di una indovina, cara".

    Regina si accigliò "No, ti sbagli" allontanando la mano, prese quella di Roland al suo fianco "Grazie per la lettura gratuita, ma abbiamo davvero bisogno di essere sulla buona strada" disse in tono agitato, trascinando il pesante sacco di cibo sulle spalle mentre lei e il suo bambino si allontanavano a passo spedito.

    "Mamma, cosa c'è che non va?" Roland chiese, abbastanza intimidito dall'espressione dura sul suo viso pallido.

    "Niente" rispose velocemente, cercando di calmarsi "Adesso andiamo a casa".

    Roland faticò per tenere il passo veloce di Regina "Ma cosa ti ha detto?"-

    L’unica cosa che sentì fu silenzio.


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    Capitolo 34 – Tradimento



    John Denton era sempre stato un uomo leale. Nella sua vita aveva stabilito un vero legame con poche persone: essendo solo per la maggior parte della sua vita, era solo il suo cane, Pipino, con cui passava del tempo. Non era che non gli piacessero le persone, solo che stava bene da solo. Aveva percorso per anni quelle strade sterrate rurali alla ricerca del suo prossimo pasto. Almeno fino a quando non aveva incontrato Robin.

    Avevano fatto rapidamente un'alleanza tra loro, scoprendo presto quanto fosse più facile sopravvivere in due. Robin non era come tutti gli altri - mentre gli altri sembravano essere scoraggiati dalle sue dimensioni gigantesche, lui non sembrava preoccuparsene. In effetti, Robin scherzava sempre sulla sua statura; dandogli il suo soprannome di Little John. Era sempre stato un uomo leale, il che non significava nulla, ma nemmeno tutte le ricchezze che avrebbe mai potuto sognare avrebbero potuto convincerlo a tradire il suo migliore amico. Anche quando tutti gli altri pensavano esattamente il contrario.

    "Allora, è così? Abbandonerete Robin e la sua famiglia in modo che tutti voi possiate smascherare Regina?" era completamente scioccato. Erano tutti dalla sua parte quando Alan aveva proposto per la prima volta quell'idea idiota, non molto tempo fa "E tramare con Tremotino, tra tutte le persone?!".

    Tutti avevano gli occhi rivolti verso il basso. Gli avevano spiegato le loro ragioni, non c'era altro da dire.

    "E lascerete che questi abitanti del villaggio li uccidano, compreso Roland!" disse John, la sua voce pesante per la rabbia "Ha quattro anni, per l'amor di Dio! Ed Henry ne ha dodici! Sono bambini innocenti e li abbandonerete all'Oscuro?!".

    "Possiamo finalmente essere tutti liberi di vivere come vogliamo, invece di doverci cercare il cibo" disse piano Christopher, evitando il contatto visivo.

    "Chi aiuterà coloro che stanno lottando adesso? Non è quello che abbiamo fatto per sei anni? Aiutare le persone?".

    "Ci dispiace, John" Mark disse "Ma dobbiamo farlo".

    "Forza ragazzi, andiamo" disse loro Alan, prendendosi un secondo per esaminare il viso dell'uomo. Era un uomo grande, ma Alan sapeva che non gli piaceva la violenza "Ci vediamo" disse a bassa voce "Prima di quanto tu possa pensare. Sii pronto, Little John. Sta succedendo".

    E con ciò, cinque dei suoi fidati uomini allegri se ne andarono, lasciandolo solo in mezzo alla strada di ciottoli.




    Roland era più confuso di quanto non fosse mai stato. Sua madre sembrava così scossa mentre tornava a casa, era insolito. Era sempre felice, ma non ora. Henry era fuori ad esercitarsi con il suo arco e le frecce quando arrivarono a casa, ma Regina lo guardò a malapena.

    "Wow, hai un sacco di cibo!" esclamò Robin, vedendo le due borse completamente piene.

    Roland divenne improvvisamente ancora più confuso quando il suo comportamento cambiò completamente, ora stava sorridendo di nuovo.

    "Ci siamo divertiti" disse Regina "Roland e io ci siamo divertiti, vero?".

    Il bambino annuì e iniziò ad aiutare i suoi genitori a mettere via le provviste.

    "Stai bene?" chiese Robin, cogliendo i minuscoli cambiamenti del suo atteggiamento solare.

    Regina lo guardò e gli rivolse un sorriso rassicurante: era abbastanza esperta nell’abilità di ingannare le persone "Sto bene, solo un po' stanca, niente più. Penso che siano le mie allergie".

    Decise di ricorrere alla scusa che aveva sempre usato in passato. E funzionò ancora, non appena Regina finì di mettere via tutti i generi alimentari, rivolse a Robin un sorriso sincero e gli disse che sarebbe andata a fare un pisolino.

    Sentì un impeto di conforto avvolgerla quando si mise sotto le coperte calde. Molteplici ragioni di stress l'avevano fatta a pezzi come regina malvagia, ma questa l'aveva scossa come un uragano. Non importava quanto si sforzasse di togliersi il pensiero dalla testa, non poteva. Di solito, dicendosi che non c'era niente che non andava funzionava per lei, la faceva iniziare a crederci. Ma non quella volta.

    Regina rannicchiò le gambe fino al petto e chiuse gli occhi. Onestamente, non sapeva cosa la infastidisse di più dell'idea di essere incinta. Due la chiamavano già mamma, cos'era uno in più?

    ’No! È tutta una bugia!’

    Non aveva mai potuto dare un figlio a Leopold. Avere figli doveva essere impossibile per lei, come le aveva detto anni prima il dottore al castello.

    Le lacrime le bruciarono gli occhi mentre costringeva di nuovo tutti i pensieri a uscire dalla sua testa, scivolando infine in un sonno senza sogni.




    Il castello scuro e imponente riempì la loro vista. Era terrificante trovarsi in presenza di quell'enorme castello; le persone cercavano di evitare di avvicinarsi a tutti i costi. Negli anni, il palazzo della regina aveva perso il suo potere e il suo predominio, lasciando solo un castello vuoto e tante storie da raccontare.

    Cinque uomini erano in piedi davanti ad esso, fissando le guglie che sembravano quasi salire dritte tra le nuvole.

    "Lo faremo davvero?" chiese Christopher, come se ci fosse la possibilità che potessero cambiare idea.

    "Certo che lo faremo" disse Alan in tono aspro.

    Tutti sapevano che non sarebbe stato possibile tornare indietro da quello che stavano per fare.

    Alan si voltò per affrontare per primo la strada, seguito dal resto degli uomini un tempo allegri. Avevano radunato lì un gruppo di abitanti del villaggio alle due del pomeriggio e molti si stavano rapidamente unendo per vedere di cosa si trattasse.

    "Cos'è questa storia?" uno chiese "Dov'è Robin?".

    Era ovvio che Alan avrebbe parlato per tutti "Non poteva essere con noi in questo momento" disse con calma "Ma abbiamo delle notizie da condividere con voi".

    L'attesa cresceva con ogni secondo che passava.

    "La Regina Cattiva, che una volta ha afflitto la nostra terra, è tornata".

    Ciò provocò un tumulto istantaneo della folla.

    "Lei è tornata?!".

    "Non siamo più al sicuro!".

    "Ci ucciderà tutti!".

    "Gente, calmatevi!" Alan dovette gridare sopra la folla animata "Non sarà una minaccia se agiamo subito".

    Questo calmò la maggior parte delle persone.

    "Come?" giunse la domanda, posta all'unisono.

    Alan non riuscì a trattenere un sorriso "Le mostreremo che non ci domina più".

    Con ciò, le porte del vecchio castello si spalancarono con l'aiuto della magia.

    "Chi è con me?!".

    La sua risposta arrivò quando quaranta uomini e donne arrabbiati presero d'assalto il castello di Regina. I tavoli furono ribaltati, i vetri rotti e la casa un tempo gentile della principessa Biancaneve data alle fiamme da una città infuriata.


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    Capitolo 35 - Ora e per sempre



    Era una donna molto difficile da leggere. Per quanto Robin ci provasse, sembrava che non riuscisse mai a capire cosa le passasse in testa. Regina però era sempre stata onesta con lui, finché non era tornata dal villaggio. Non poteva fare a meno di pensare che gli stesse nascondendo qualcosa.

    "Come ti senti?" Robin chiese con leggerezza, vedendola rannicchiata sotto le lenzuola. Sembrava così piccola.

    Regina si stiracchiò per un secondo e si sedette di fronte a lui "Un po' meglio, penso". Era una totale bugia. Oltre il suo tumulto emotivo, la testa le pulsava.

    Robin si avvicinò al lato del letto e si sedette accanto a lei, mettendole una mano sulla fronte "Non sei calda" le disse "Vuoi cenare? Sono degli avanzi, non ho cucinato niente".

    Regina fece un piccolo sorriso, ma scosse la testa “Non ho fame".

    "Sei sicura? Non hai mangiato proprio niente oggi".

    Sapeva che era preoccupato per lei "Sto bene, davvero" lei disse, in modo troppo convincente perché Robin le credesse del tutto. Pregandosi di scervellarsi in cerca di idee, Robin si fermò per un momento.

    "Cosa ti affligge?" le chiese dolcemente, esitante nel sentire la sua risposta.

    Regina trattenne il respiro. Per un secondo, le venne un pensiero: perché non dirglielo e basta? Ma c'era una sottile possibilità che fosse effettivamente vero, non poteva sopportare di credere in qualcosa che non sarebbe successo. La sua bocca non riusciva a trovare le parole.

    "Niente...” sapeva che la risposta non era affatto convincente "Solo... sento che ci sta per succedere qualcosa di brutto" Regina ammise. Era vero "Non voglio che accada qualcosa a te, a me, a Henry, a Roland...".

    "Ehi, non lascerò che accada nulla" disse Robin, senza un accenno di paura nei suoi occhi "Sei la mia famiglia, Regina. Niente cambierà mai questo" si sporse in avanti e le diede un tenero bacio sulla tempia, facendole venire le lacrime agli occhi.

    "Probabilmente i ragazzi stanno aspettando la loro cena, è meglio che torni da loro".

    Annuendo, Regina lo guardò mentre si avvicinava alla porta. Robin non voleva lasciarla così, ma non c'era più niente che potesse fare al momento.

    "Ti amo" disse con un leggero sorriso.

    "Ti amo anch'io" rispose Regina. Intendendo ogni parola.

    Una volta che lui uscì, la sua coscienza ha ripreso il sopravvento: si sentiva sola. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riavere Robin a confortarla. Si sdraiò e chiuse forte gli occhi, anche se non aiutò affatto. Il ricordo cominciò a farsi strada attraverso l'oscurità. Presto, fu trasportata di nuovo alla luce del sole cocente, sdraiata sull'erba soffice e guardando il cielo azzurro e limpido, la sua pelle luccicante di gocce d'acqua.

    "Sai che il tuo vestito è completamente trasparente, vero?" chiese Robin, un accenno di qualcosa di nuovo nella sua voce.

    Regina fece un sorriso ironico "Davvero? Non me ne sono accorta".

    Poteva sentire l'acqua cadere sulla sua pelle mentre si chinava per catturare le sue labbra con le sue.

    "Fai del tuo peggio".

    "Mamma, svegliati!" arrivò la voce di Roland, spezzando il suo sonno. Fuori, il cielo era ancora chiaro, ma era ovviamente molto più tardi di prima. Non si era resa conto di essersi appisolata così a lungo.

    "Come va, piccolo?" gli chiese mentre lui saliva sul letto.

    "Mi manchi" disse Roland tristemente, in tutta onestà "Non mi piace che tu sia triste".

    Regina lo attirò a sé "Neanche io".

    "Ecco perché starò qui con te tutta la notte!".

    Lei rise mentre lui si faceva strada sotto le coperte "Beh, grazie Roland, mi rendi davvero felice".

    Il bambino sorrise, sentendosi felice.

    "Oh Dio, i tuoi piedi sono così freddi!" esclamò Regina, spingendolo scherzosamente lontano dal suo corpo. Roland ridacchiò e si gettò su di lei, cadendo tra le sue braccia.

    "Devi promettermi che non crescerai mai" lei sorrise, scaldandolo con le mani "Resterai il mio piccolo bambino per sempre".

    Rolando sorrise "Te lo prometto. Finché sarai la mia mamma per sempre".

    Era un accordo che era felice di fare.


    La furia riempì la sua vista mentre si precipitava nel campo vuoto. Tutto era cambiato così rapidamente. John non avrebbe mai pensato che avrebbe visto il giorno in cui le cose buone sarebbero diventate cattive. Ma così era stato e tutti avrebbero pagato per quello.

    John stava per dire a Robin che aveva finito di nascondergli i problemi. Lo aveva fatto per una ragione: forse c'era una possibilità che le cose sarebbero potute migliorate. Ma le cose non potevano essere così facili.

    Proprio in quel momento, gli parve di sentire un rumore dietro di lui, il che era strano, considerando il fatto che si trovava in mezzo al nulla. Fermandosi per voltarsi, l'espressione di John si fece sospettosa.

    "Te l'avevo detto che ti avrei rivisto" disse Alan senza emozione mentre guardava un altro dei suoi uomini che si avvicinava dietro di lui e gli dava un colpo alla testa, facendo cadere a terra l'omone.


    Continua…
     
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    Capitolo 36 – Il ritorno



    Era passata una settimana, ma gli eventi della sua ultima visita al villaggio continuavano a perseguitarla. Regina aveva mostrato l'atteggiamento dello "sto bene" e aveva cercato di dimenticare, ma si stava rivelando impossibile. Robin la osservava da vicino; aveva scoperto che era davvero non brava a mentire alle persone che amava veramente.

    "Finalmente qualcosa da Alan!" Robin sembrava avesse appena vinto alla lotteria. Nelle sue mani, l'uomo teneva una lettera bianca.

    "È fantastico!" gli disse Regina, un'ondata di sollievo che la pervase. Era stato così stressato per questo "Cosa dice?".

    "C'è una riunione tra un'ora. Strano, di solito è Little John che mi avvisa di questo genere di cose".

    Regina alzò gli occhi al cielo "Finalmente scoprirai cosa è successo nelle ultime settimane, non importa chi te lo dice!".

    Robin se ne andò dopo pochi minuti, lasciando Regina e i due ragazzi a casa. Henry era ancora addormentato nel suo letto. Il ricordo della chiromante la stava lentamente divorando, facendola impazzire. Regina sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa al riguardo e presto, non importava quanto non volesse.

    Entrando nella camera dei ragazzi, prese un cuscino e lo lanciò verso suo figlio addormentato.

    "Henry, vado un po' al villaggio, tieni d'occhio Roland, ok?".

    Il dodicenne emise un gemito, tenendo gli occhi chiusi "Va bene".

    Regina sospirò. Era quasi tutto quello che poteva ottenere da lui in quei giorni. Suo figlio si stava trasformando nell'adolescente cliché e non le piaceva.

    Quindi abbracciò Roland e gli disse di spingere suo fratello fuori dal letto prima di uscire dalla porta, l'ansia già la stava pervadendo. Usando la magia per arrivare più velocemente, Regina stava già pianificando cosa avrebbe detto.

    I flashback della sua ultima volta nel villaggio le tornarono in mente quasi istantaneamente, era incredibile come un posto così meraviglioso potesse diventare terrificante così rapidamente. Camminò velocemente lungo la lunga fila di negozi, sapendo esattamente dove andare. Presto, Regina rallentò il passo e iniziò a scrutare i volti di tutti coloro che erano dietro il bancone.

    "Ehm, salve, ti ricordi di me?" la voce di Regina vacillò, attirando l'attenzione della vecchia anziana. Si voltò e la guardò per qualche secondo.

    "Un sacco di gente va e viene da queste parti, cara" le rispose.

    "No, ne sono sicura" Regina insistette "Tu… mi hai detto che ero incinta e poi ti ho urlato in faccia...".

    Quello accese una luce nella testa della donna "Oh! Sì, ricordo tutto. Pensavo che mi avresti fatto qualcosa di orribile".

    Regina sorrise imbarazzata "Giusto, mi dispiace".

    La donna le rivolse uno sguardo dubbioso "Perché sei tornata allora? Ci credi adesso?".

    Regina si irrigidì. Per quanto cercasse di mantenersi calma, semplicemente non ci riusciva "Pensavo che l'idea fosse completamente falsa all'inizio, ma... sono in ritardo" le lacrime minacciavano di riversarsi sulle guance mentre parlava "Non so se questo significhi qualcosa... non so niente, in realtà”.

    "Perché sei arrabbiata per questo, un bambino non è una buona cosa? Anche l'ultima volta avevi con te un bambino adorabile".

    Regina scrollò le spalle a malincuore "Non sono mai stata incinta prima, mio figlio maggiore è stato adottato e la madre biologica di Roland è morta quando è nato" le disse, asciugandosi il viso "Ho solo così paura..." Regina rise leggermente tra sé e sé "Mi dispiace tanto. Eccomi qui a sfogarmi sui miei tanti problemi, eppure non conosci nemmeno il mio nome".

    La donna sembrava divertita "Non ne sarei così sicura, Regina Mills".

    Sbalordita, Regina riuscì solo a fissarla "Come...?".

    "Mia cara, ho vissuto in questo villaggio più a lungo di quanto tu possa immaginare, so chi sei”.

    "Allora perché…?".

    "Volevo leggere il famoso palmo della 'Regina Cattiva', ecco perché mi sono offerta di farlo gratuitamente! Ho pensato che saresti stata pieno di miseria e rabbia, storie che avrei potuto raccontare alla gente. Ma tutto quello che ho visto quel giorno è stato una spaventata donna… una che aspetta un bambino, comunque. Ora, quest'uomo nella tua vita lo ami?".

    Regina annuì, rilasciando un piccolo sorriso "Molto".

    "Allora devi dirglielo" si avvicinò mentre la sua espressione diventava seria. "C'è stato... Parlano di te nel villaggio, non è sicuro per te essere qui, Regina. Gli abitanti del villaggio sono tutti arrabbiati, stanno tutti complottando contro di te".

    Regina non poteva credere a quello che stava sentendo "Cosa? Come fanno a saperlo?".

    "Torna a casa, tieni i tuoi figli al sicuro".

    Fu assalita da una sensazione di disagio.

    "Diglielo; dillo alla tua famiglia e stai nascosta".

    Lo stress si stava accumulando così velocemente che non si rendeva conto che le cose potessero girare così rapidamente. C'erano solo poche persone che sapevano di lui e di lei...

    "Ora vai, proverò a convincerli del contrario, ma non posso fare promesse".

    "Grazie" le disse Regina "Per tutto".

    Quindi si rimise in cammino, facendo attenzione a tenere la testa bassa; ora tutti intorno a lei erano una minaccia. Regina continuò verso casa, la sua mente che girava piena di domande, completamente ignara dell'uomo nell'ombra che la seguiva.


    Continua…
     
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    Capitolo 37 – Crollo



    Nel momento in cui la sua casa apparve in lontananza, aveva già pianificato un'intera conversazione nella sua testa. Avrebbe fatto sedere Robin e glielo avrebbe detto. Era sicura che ne sarebbe stato felice. Forse si sbagliava, forse un bambino poteva essere una buona cosa, dopotutto. Regina non riusciva a capire perché una domanda così facile potesse essere così difficile da porre.

    Prima che potesse arrivare alla porta d'ingresso, questa si aprì, rivelando suo figlio sorridente ed energico "Sei tornata!".

    Roland le avvolse le braccia intorno alle gambe, fissando il campo infinito di verde che si vedeva dietro di lei. Socchiuse gli occhi quando vide la figura lontana di un uomo che camminava verso la casa. Guardando l'uomo avanzare per alcuni secondi, Roland si rese presto conto di chi fosse.

    "Mamma, cosa ci fa Alan qui?".

    Regina si voltò e guardò verso l'uomo dai capelli biondi, provando immediatamente una sensazione di disagio. Quando non gli diede una risposta, Roland interruppe la presa su sua madre e si coprì gli occhi dal sole.

    "Ciao Alan!" gli gridò, contento di vederlo. Alan accelerò il passo e presto si trovò a pochi passi da loro.

    "Ciao Roland" rispose, anche se la sua voce non sembrava molto amichevole.

    "Cosa ci fai qui?" Regina chiese, mettendo una mano sulla spalla del bambino "Robin non è qui..." disse, la sua espressione perplessa "É alla riunione dei Merry Men... Aspetta, non dovresti esserci anche tu?".

    "Ok, mi hai scoperto" Alan disse, la sua voce tagliente come il ghiaccio "Non voglio parlare con lui, voglio parlare con te, Regina".

    Lei strinse la presa sulla spalla di Roland quando lo sentì pronunciare il suo nome. C'era qualcosa di molto sbagliato in quel momento.

    "Roland, perché non vai dentro così che io e Alan possiamo parlare" disse lentamente, senza mai staccare gli occhi dall'uomo.

    Il bambino scosse la testa "Io voglio stare con te".

    Alan strinse i denti, i suoi occhi si indurirono "Dovresti ascoltarla, Roland".

    E poi scattò, batté il dorso della mano contro il lato del suo viso e la colpì. Roland urlò mentre Regina barcollava all'indietro per lo shock, il lato destro del viso che le bruciava per il dolore. Trattenne il fiato e afferrò suo figlio.

    "Vai dentro!" gli gridò, spingendolo in direzione della porta. Questa volta obbedì, le lacrime che gli cadevano sul viso mentre si tuffava verso la maniglia.

    Alan poi afferrò la parte posteriore del suo vestito e la spinse contro il lato della casa, togliendole il respiro dai suoi polmoni. Regina emise un grido quando lui la colpì forte sul fianco. Era inutile lottare, aveva una presa di ferro su di lei.

    All'interno, Roland sfrecciò attraverso la casa verso la camera da letto di lui e di Henry. Henry era ancora profondamente addormentato. Il bambino gli saltò praticamente saltato addosso, urlandogli di svegliarsi. Henry lo guardò torvo quando si svegliò, ma sentiva che doveva essere successo qualcosa di terribile, perché il viso del bambino era bianco come un lenzuolo.

    "Alan è fuori e sta facendo male alla mamma!" Roland singhiozzò, facendo saltare Henry giù dal letto. Il sangue si gelò nelle vene quando sentì sua madre urlare.

    "Tu... Tu rimani qui, ok?" Henry disse tremante, spostando il bambino verso il suo letto "Non lasciare questa stanza, qualunque cosa accada!”.

    Roland urlò dietro a suo fratello mentre questo si allontanava verso la porta d'ingresso, guardando con assoluto sgomento mentre apriva la porta, rivelando quell'orribile scena.

    "Ehi!" Henry gridò verso l'uomo "Stai lontano da lei!".

    Il cuore di Regina crollò quando vide il suo ragazzo, tutta l'innocenza svanita dai suoi occhi mentre fissava l'uomo.

    "Ma come siete carini, vi difendete l'un l'altro" la sua voce era così intimidatoria che gli fece venire i brividi lungo la schiena.

    "È mia madre! E non ti ha fatto niente!".

    Alan rise per un momento "È un mostro, ragazzo. Non sai nemmeno la metà delle cose che ha fatto".

    Si sporse in avanti e gli diede una forte spinta al petto. In quel momento, Regina ritrovò la sua forza e gli diede un duro schiaffo in faccia.

    "Puoi farmi del male quanto vuoi, ma non farai del male a nessuno dei miei figli".

    Alan si portò la mano al viso e si asciugò il sangue dal labbro inferiore "Beh, allora è meglio che tu gli dica di tenere il naso fuori dai nostri affari".

    "Henry, per favore, torna dentro. Me la caverò” Regina disse freddamente, rabbiosa.

    C'erano già lividi e segni rossi sul viso e sul collo di sua madre ed Henry urlò "No! Non ti lascio s…”.

    Prima che potesse finire la frase, Henry venne avvolto da una massa di fumo viola. Regina si voltò di nuovo verso Alan, uno sguardo duro nei suoi occhi.

    "Fai quello che diavolo vuoi con me" Regina disse "Non mi interessa. Sappi solo che c'è sempre un prezzo per tutto".

    Il suo tono di voce calmo lo fece irritare di più. L'afferrò per il collo e la costrinse a terra, dandole un forte calcio al fianco con lo stivale. Regina si morse la lingua per evitare di urlare. Ci era abituata, era stata legata a un tavolo di metallo, era stata colpita da incantesimi, sua madre l'aveva colpita dieci volte più forte di quell'uomo.

    "Contrattacca!" Alan le gridò "Dannazione, reagisci!".

    Regina si limitò a fissarlo. "Ho promesso a me stessa che non avrei mai più usato la magia oscura quando i miei figli sono dietro quella porta".

    "Quindi moriresti da codarda in questo momento solo per non dover usare la magia" Alan ribatté, prendendola a calci di nuovo.

    Regina poteva sentire in bocca il sapore caldo e metallico del sangue "Ho imparato qualcosa di recente" gli disse, il suo tono sfidante "La magia non risolve nulla. Se voglio fare qualcosa nel modo giusto, lo farò da sola".

    Quindi fece oscillare la gamba sull'erba e mandò Alan disteso sulla schiena, alzandosi in fretta e mettendo la scarpa destra sul lato della sua testa, usando tutta la forza che riuscì a trovare, gli diede un calcio.

    "Ora come ci si sente?!" Regina gli urlò "Dimmi cosa hai fatto con Robin!".

    Alan potè solo sorridere "Sta a te scoprirlo, cara".

    Proprio in quel momento, un paio di braccia l'afferrarono da dietro e qualcosa di freddo fu forzato sulla sua bocca e sul suo naso. Alan si alzò e la guardò svenire.

    "Shh, non combattere, Regina...".

    Iniziò a sentirsi sempre più debole, poteva sentire un torpore che iniziava a reclamarla.

    "Tu perdi, noi vinciamo".

    Quelle furono le ultime parole che udì prima di chiudere gli occhi. L'uomo dietro di lei, quello forte di nome Sam, lasciò che Alan prendesse il suo corpo inerte e la sollevasse sulla sua spalla.

    "Chiama i ragazzi. Poi faremo sapere a Tremotino che è tutto come deve essere".




    La casa era scarsamente illuminata e assolutamente silenziosa. Due uomini attraversarono le stanze vuote, mentre le assi del pavimento scricchiolavano. Solo quando videro la porta chiusa alla fine del corridoio capirono dove potevano essere i due ragazzi.

    Henry trattenne il respiro quando la maniglia iniziò a tremare. Quando la porta non si mosse, gli uomini dall'altra parte iniziarono a bussare con i pugni, costringendo Roland a tenere Henry ancora più stretto. Henry cercò di confortare il più possibile il suo corpo tremante, ma sapeva che la porta non avrebbe resistito ancora per molto.

    "Non preoccuparti, ti proteggerò, qualunque cosa accada" sussurrò, proprio mentre la porta si apriva e i due uomini venivano a prenderli.

    Roland non capiva. Conosceva tutti gli amici di suo padre da quando riusciva a ricordare. E ora stavano facendo del male a sua madre e distruggendo la sua famiglia.

    "Roland, non voglio farti del male" Christopher disse, odiando lo sguardo terrorizzato che gli stava rivolgendo il piccolo. Roland era completamente innocente, non meritava niente di tutto quello. Ma Alan aveva promesso che non sarebbe successo niente a lui o al più grande.

    "Mettimi giù!" Henry gridò mentre si dibatteva nella forte presa dell'altro. Ma non ascoltò.

    "Chris, dobbiamo andare!".

    Sospirò e forzò i suoi pensieri fuori dalla sua testa, prendendo Roland tra le braccia e tornando alla porta. Roland urlò e si dimenò tra le sue braccia mentre entravano di nuovo nel mondo esterno.

    Sia Henry che Roland si zittirono quando videro loro madre gettata sulla spalla di Alan come una bambola di pezza, le lacrime gelate sulle guance.

    "Ora ci comporteremo bene mentre andiamo al villaggio, va bene?" Alan disse ai due ragazzini pietrificati mentre i due uomini li rimettevano in piedi.

    "Io… Lei... è morta?" Henry chiese, impallidendo.

    "No" Alan rispose "Ma se non vuoi che le venga fatto del male, o a Roland, o a Robin, ascolterai le indicazioni e terrai la bocca chiusa, ok?".

    Henry si limitò a guardarlo di rimando.




    C’era circa mezz'ora a piedi dalla loro casa al villaggio. La sua giornata stava cominciando a diventare la peggiore della sua vita ed Henry aveva sicuramente avuto molte brutte giornate. Il sole era caldo e gli bruciava la pelle, la quantità di stress e rabbia aumentava di secondo in secondo, ma non c'era niente che potesse fare al riguardo.

    Roland era rimasto in silenzio per tutto il tempo. Henry poteva dire che stava iniziando ad avere difficoltà a stare al passo.

    Il bambino si allungò in avanti e afferrò la mano di Regina, doveva assicurarsi che non fosse morta. La sua mano era fredda, ma Roland sentiva il suo battito debole. Christopher allontanò lentamente il suo braccio, facendo sì che Roland gli lanciasse uno sguardo orribile.

    Regina emise un piccolo gemito quando iniziò a riprendere conoscenza. Forse tutto quello che era successo era solo un sogno, pensava che forse niente di tutto quello fosse reale. Ma quando aprì gli occhi, capì subito di essersi sbagliata. Il terreno si muoveva come un fiume sotto di lei.

    "Oh bene, sei sveglia" Alan disse, sentendola iniziare a muoversi.

    Alzò la testa, sorpresa di vedere i suoi due figli che la seguivano. Entrambi sembravano sollevati di vederla muoversi.

    "Perché hai dovuto portarli?" Regina chiese debolmente, sentendo tutto il dolore tornare nel suo corpo.

    "Beh, non potevamo lasciarli, che razza di genitore saresti stata?”.

    "Giuro, se fai del male a uno di loro, io…".

    Alan ridacchiò "Non ho intenzione di farlo. Basta seguire le regole e tutto andrà bene".

    Ne dubitava.

    "Immagino che torneremo al villaggio?".

    "Siamo quasi arrivati. Faresti meglio a sorridere, tutti muoiono dalla voglia di rivedere finalmente la loro famosa Regina Cattiva".


    Continua…
     
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    Capitolo 38 – La luce alla fine del tunnel



    Quello era l'opposto di una festa di bentornato. Stavano tutti urlando parole dure contro di lei, fuochi rabbiosi che ardevano nei loro occhi mentre entrava nel villaggio. Regina riusciva a malapena a camminare con le proprie gambe, si sentiva così debole che pensava che sarebbe svenuta da un momento all'altro. E la parte peggiore di tutto era il fatto che i suoi due figli erano proprio dietro di lei; stavano vedendo il lato di lei che non avrebbe mai voluto che vedessero, la parte che pensava fosse sepolta per sempre.

    L'intera piazza centrale del villaggio brulicava di gente, che si faceva strada con gli artigli verso la loro ex regina. Regina li stava letteralmente allontanando da sé con quel poco di forza che aveva, era come se fossero entrati in una zona di guerra.

    Alan continuava a spingerla in avanti, avanzando lentamente verso un grande capannone. Regina non avrebbe mai pensato di poter provare un dolore come quello: le parole oscene urlate degli abitanti del villaggio la trapassavano come il vetro.

    "Non sei altro che una stupida puttana!".

    "Ti ucciderò con le mie stesse mani!".

    "Non meriti di essere viva!".

    I suoi occhi bruciavano di lacrime. Avrebbe preferito essere picchiata un po' di più da Alan piuttosto che dover sopportare tutto quello.

    E poi vide un volto familiare nel mare di abitanti del villaggio arrabbiati: la vecchia donna con cui aveva parlato appena un'ora prima. I loro occhi si incontrarono solo per un secondo, ma Regina poteva vedere che era estremamente dispiaciuta per lei.

    Finalmente arrivarono all'apertura del capannone dopo quella che sembrava un'eternità. C'erano ancora persone che le afferravano i capelli ei vestiti mentre i tre uomini che li scortavano combattevano per forzare la porta a chiudersi dietro di loro. Regina tenne stretto Roland e Henry mentre la loro visione si trasformava in oscurità assoluta. I colpi violenti alla porta rompevano il silenzio imbarazzante. Alan tastò alla cieca il vicino davanzale alla ricerca di una scatola di fiammiferi, accendendo un cerino contro il legno della porta e creando una sfera di luce sfolgorante che mise in una lampada di vetro.

    "Seguitemi” disse in tono monotono, avviandosi lungo uno dei corridoi. Regina non aveva più la volontà di dire nulla, voleva solo sapere se Robin stava bene o no. Roland tenne le mani ancorate intorno alla sua vita, rifiutandosi di lasciarla andare.

    Camminarono in silenzio finché non raggiunsero una porta chiusa, la luce del sole da una finestra rotta li raggiungeva appena.

    Alan si voltò verso i suoi due uomini "Fate riordinare le altre due stanze. Fino ad allora dovremo metterli con lui".

    Annuirono e se ne andarono. Prima che Regina potesse fare qualsiasi domanda, Alan aprì la porta e spinse i tre dentro, dando loro un'occhiata soddisfatta prima di chiudere sbattendo la porta.

    Regina cadde a pancia in giù, sentendo il sapore di terra in bocca. In quel momento si sentiva completamente distrutta, aveva perso la voglia di andare avanti, solo per un secondo. Poi udì una voce che riconobbe.

    "Regina? Sei tu?".

    Lei sollevò la testa, l'incredulità nei suoi occhi "Robin?".

    La stanza era così poco illuminata che riusciva a malapena a vederlo. Ma poteva riconoscere il suo uomo anche in una stanza completamente al buio. Robin la circondò con le braccia mentre lei emetteva un piccolo grido contro la sua spalla.

    "Cos'è successo? Cosa ti hanno fatto?" Robin chiese, con il cuore in gola quando vide che Henry e Roland erano stati trascinati in tutto quel caos. Regina non sapeva cosa dire. Quando non rispose, Robin le sollevò leggermente il mento ed esaminò il suo viso. La sua espressione si rabbuiò rapidamente, la sua perfetta pelle olivastra era macchiata di lividi viola scuro e sangue secco.

    "Lo ucciderò" Robin ringhiò, stringendo la presa su di lei, così come sui loro due figli.

    "Non ci hanno fatto del male, papà" disse dolcemente Roland "Henry ha promesso che non mi avrebbero fatto del male".

    Non poteva essere più grato per quello.

    "E tu, Henry? Stai bene?" chiese gentilmente Robin, notando quanto fosse silenzioso.

    Il ragazzo aveva provato a nascondere le lacrime, ma era inutile "Come farò a tornare da Emma adesso?" pianse.

    Robin gli mise un braccio intorno alle spalle e lo lasciò piangere, mimando lentamente dei cerchi sulla sua schiena.

    "Vi porterò tutti fuori di qui, te lo prometto".

    "Come?" gli chiese Regina con un filo di voce, posandogli la testa sul petto e ascoltando il suo cuore.

    "Ho ancora l'anello con me, possiamo lasciare questo posto e iniziare una nuova vita a Storybrooke" disse "Ho sbagliato a tenerti qui. Saremmo dovuti tornare indietro quando l'hanno fatto gli Charming. Naturalmente, non sapevo allora che tutti i miei amici mi avrebbero tradito e preso in ostaggio la mia famiglia" concluse seccamente, senza nemmeno preoccuparsi di trattenere il disprezzo nella sua voce.

    Regina combattè con se stessa, ma era così, era il momento di dirglielo. Ma erano intrappolati all'interno di una stanza-prigione da cinque uomini sorprendentemente forti che potevano facilmente ucciderli tutti - sapeva che Robin di certo non aveva bisogno di aggiungere altro al suo piatto.

    Le parole le rimasero in gola.

    "Vi porterò tutti fuori di qui" lui ripeté, più forte questa volta.

    Il momento sembrava congelato nel tempo, una piccola luce incandescente nel mezzo dell'oscurità, come direbbe Snow, un barlume di speranza.

    E poi sparì. La porta fu riaperta con un calcio, prima che qualcuno di loro potesse reagire, braccia forti afferrarono Regina per la vita e la costrinsero a rimettersi in piedi, senza interessarsi di essere gentili. Regina gridò in segno di protesta mentre altri uomini si tuffavano su Henry e Roland. La scena era precipitata in un inferno assoluto.

    "Giuro su Dio, ti ammazzo Alan James! Ti ammazzo!" gridò Robin, combattendo il più possibile contro i suoi stessi uomini.

    Alan stava praticamente trascinando Regina fuori dalla stanza mentre lei lottava con tutte le sue forze rimanenti solo per vedere la sua faccia un'ultima volta.

    Il suono delle urla di Roland oscurò tutto il resto. La porta si chiuse di colpo e Robin sparì.

    C'erano lacrime agitate che si formavano sul suo viso mentre gli uomini che tenevano in braccio i suoi figli si avviavano nella direzione opposta. Regina urlò e gridò in segno di protesta, ma a loro non importava. Si era ridotta a un sacco vuoto sconfitto, implorando di rimanere con loro. Ma i bambini si erano rimpiccioliti alla sua vista mentre veniva trascinata più avanti lungo il corridoio. I suoi figli stavano urlando entrambi il suo nome, scalciando e dimenandosi disperatamente tra le braccia di uomini che un tempo avevano chiamato amici. Era una cosa rara, ma Regina era assolutamente impotente.

    Le loro vocine furono improvvisamente messe a tacere dallo sbattere di un'altra porta, la sensazione echeggiante come una brezza spaventosa che squarciò il suo corpo e lasciò in cambio una sensazione di intorpidimento.

    Prima che si rendesse conto di cosa stava succedendo, fu sbattuta a terra contro il pavimento sporco e sudicio mentre la porta si chiudeva dietro di lei.

    Era assolutamente sola.




    Le sue dita sanguinavano, ampi tagli lungo tutte e dieci mentre sbatteva incessantemente contro la porta. Ma era inutile e anche lui lo sapeva.

    Robin non riusciva a sentire il dolore per il martellamento nella testa, il beffardo promemoria che tutti quelli che amava avevano la testa sotto la ghigliottina.

    "La ami davvero, vero?" dall'angolo buio della cella giunse una voce distorta, facendo girare Robin allarmato. Non riusciva a credere a chi vedeva.

    "Tu?" quasi sputò, alzandosi in piedi rigido e stringendo i pugni "Questo è tutto a causa tua?!".

    L’uomo roteò gli occhi "Sono qui, non c'è bisogno di gridare" disse, facendo schioccare la lingua.

    Robin si lanciò verso l'uomo, aveva finito con i giochi. Ma Tremotino fu più veloce di lui, il suo pugno andò a vuoto. Non si era sentito così disperato e impotente da quando Roland era stato portato via dall'ombra.

    "Perché… perché hai dovuto fare tutto questo?".

    Tremotino fece apparire una sedia dal nulla e si sedette, incrociando le gambe "Ricordi l'accordo che abbiamo fatto io e te?".

    Robin gli lanciò uno sguardo sprezzante. Certo.

    "Cosa c’entra…?".

    "Per favore, basta con questa faccenda di urla e pugni. Possiamo avere una conversazione normale: che ne sarà di te e dei tuoi Uomini Allegri?".

    Robin sospirò irritato. Aveva ragione, entrambi non sarebbero andati da nessuna parte in quel modo.

    "Ho riscattato quell'accordo molto tempo fa" disse il più calmo possibile.

    Gli rispose una delle famose risate di Tremotino "Ma io non ho mai detto che lo fosse!".

    Robin ci pensò due volte questa volta prima di lanciarsi di nuovo su di lui - era difficile, però "Solo… dimmi di che diavolo si tratta".

    Tremotino aveva un'espressione compiaciuta sul viso "Beh, vedi caro, sei venuto da me anni fa, frenetico e disperato per il mio aiuto. Te l'avevo detto che non potevo salvare entrambe le loro vite, ma ho salvato il tuo bambino? Sì, l'ho fatto!".

    "E ho accettato di essere al tuo servizio per tutto ciò di cui avevi bisogno. L'ho fatto quando mi hai chiesto di difendere il tuo castello dagli orchi" Robin lo interruppe impaziente.

    "L'hai fatto" confermò Tremotino "Ma ora ho bisogno che tu faccia qualcos'altro per me".

    Un'altra cosa aggiunta al mix lo avrebbe fatto innervosire completamente. Robin fece un respiro profondo.

    "Hai messo i miei uomini contro di me per denaro. Li hai fatti venire a casa mia, non invitati, e hanno ferito la donna che amo. Hai preso in ostaggio la mia famiglia solo per dirmi che hai bisogno che io faccia qualcosa per te di nuovo?" disse piano, l'aria che si faceva densa tra loro.

    Tremotino gli lanciò un'occhiata dubbiosa "Questo compito richiede tutto il tuo sforzo, non puoi essere distratto".

    "Farò quello che vuoi, ma lasciali andare tutti!" Robin insistette, disperato.

    "So che tutto sembra terribile in questo momento, ma fidati di me, mi ringrazierai più tardi" Tremotino disse "Pensavi davvero che sarebbe stata protetta per sempre?".

    La domanda rimase sospesa a disagio nell'aria.

    "Ora pensa a questo. Ho un programma fitto di appuntamenti da sbrigare".

    Prima che Robin potesse fermarlo, Tremotino svanì in un'enorme nuvola viola, lasciandolo solo nella cella scarsamente illuminata.


    Continua…
     
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    Capitolo 39 – Di’ qualcosa



    Quando finalmente la porta si riaprì, la notte era passata completamente: la luce del sole mattutino si riversava nell'aria stantìa, facendo svegliare all'istante Regina. Alla fine si era addormentata sul pavimento, la terra fredda, raggomitolata in una palla stretta. Tutto il suo corpo si sentiva tumefatto e malconcio, respirare faceva male. Ma Regina Mills era stata cresciuta per essere una regina; poteva sentire le parole di sua madre nella sua testa: alzati in piedi, con le spalle indietro, tieni gli occhi fissi sul tuo nemico e non lasciare mai che dimentichino di cosa sei capace.

    "Vedo che sei ben riposata" disse Alan, lanciando una mezza pagnotta nella sua direzione "Hai bisogno della tua forza per oggi".

    Regina continuò a fissarlo "No, grazie. Preferisco farla finita con questa cosa".

    Alan rise per un secondo mentre lei si alzava in piedi. Non avrebbe mentito, non aveva un bell'aspetto. I lividi erano ancora evidenti; anzi, risaltavano di più sul pallore del suo viso.

    "Ti stanno aspettando tutti, tesoro".

    Regina gli rivolse un'occhiata seria "E cosa mi faranno?".

    "Quello che vogliono" disse Alan, la sua voce che suonava frivola e minacciosa.

    Prese un profondo respiro mentre iniziava a riordinare i suoi pensieri "Va bene, allora. Posso parlare prima con i miei figli?".

    Alan le prese entrambi i polsi tra le mani e iniziò a legarli con un pezzo di corda spessa "No, dobbiamo portarti fuori" rispose, dandole una leggera spinta in direzione della porta aperta.

    Regina si voltò per affrontarlo, lottando per tenere sotto controllo le proprie emozioni "Puoi dire loro che li amo?".

    "Cavolo" rifletté Alan, spingendola attraverso la porta "La stai davvero prendendo bene”.

    Entrambi si avviarono lungo il corridoio; Regina tenne gli occhi bassi a terra mentre si avvicinava sempre di più alla sua morte.

    "Merito tutto questo" gli disse "Ognuno di quegli abitanti del villaggio mi odia perché sono stata orribile. Posso affrontare qualunque cosa mi scaglino contro - promettimi solo che lascerai che Robin, Henry e Roland ne escano indenni”.

    "Vedremo".

    Si sentiva trattata come una bambina incompetente. Ma poi qualcosa la colpì... Henry.

    "Aspetta... cosa diranno gli abitanti del villaggio quando scopriranno che hai rapito il nipote di Snow e Charming?".

    Alan si irrigidì leggermente mentre continuavano a camminare.

    "Nessuno saprà mai che erano qui. Ora" la fermò mentre si avvicinavano all'uscita del grande edificio che fungeva da prigione "Se usi la magia in qualche modo, ho uomini ovunque che possono trovare quei due ragazzini in un attimo. Mi hai capito?".

    Regina annuì lentamente "Facciamola... Facciamola finita".

    "Brava ragazza" sorrise, sporgendosi leggermente in avanti per aprire la porta che li teneva separati dalla folla di abitanti del villaggio. Regina si fece forza mentre la luce dorata del sole inondava la stanza, rendendole quasi impossibile vedere. Notò subito una cosa: l'atmosfera era silenziosa, esattamente l'opposto di com'era stato quando era arrivata.

    Li osservò tutti con curiosità mentre la sua vista cominciava a schiarirsi; erano tutti in piedi in una massa enorme, mille paia di occhi tutti rivolti verso una sola persona: la loro amata regina. La rabbia ribollente era tutt'altro che sottile nei loro volti, ma a Regina non importava. Era una regina e una regina era ciò che i suoi abitanti del villaggio avrebbero visto.

    La sua testa era alta; i tagli e i lividi violacei erano tutti visibili. Il suo ritmo era calmo e raccolto; dentro, era così nervosa che tutto sembrava sfocato. Riusciva quasi a sentire se stessa respirare, era tutto così silenzioso.

    I due si fermarono quando raggiunsero un palco di legno improvvisato. Regina odiò quella situazione all'istante; si sentiva come se fosse in mostra per tutti. Stavano tutti in piedi davanti a loro per quanto poteva vedere, un mare di volti che sembravano tutti poco accoglienti.

    Regina non sapeva cosa Alan voleva che facesse. Prima che avesse il tempo di pensare, però, sentì un colpo soffocante nella parte bassa della schiena che la fece cadere in ginocchio con un doloroso sussulto.

    "Signore e signori, vi presento la vostra regina cattiva!".




    Fu svegliato da un improvviso colpo sui muri, che lo fece alzare in piedi in pochi secondi. Robin si guardò intorno nella sua gabbia con quattro pareti in uno stupore confuso.

    "Chi è là?".

    "Robin, sono io!" una voce bassa risuonò attraverso la soglia, una voce che riconobbe all'istante. Robin corse alla porta ed emise una piccola risata.

    "Non hai idea di quanto mi sei mancato, John!".

    "Anche tu" rispose John "Ma non abbiamo molto tempo. Potresti voler fare qualche passo indietro".

    Robin indietreggiò immediatamente finché la sua schiena non toccò quasi la parete opposta. Pochi istanti dopo, un forte colpo fece cadere completamente la porta dai cardini, rivelando nell'aria piena di polvere un omone con un mantello.

    "Robin!" esclamò Little John, entrando nella stanza per gettare le braccia al collo dell'uomo. Sollevò Robin in aria mentre continuava a schiacciare il suo corpo con le sue braccia massicce.

    "Liberami, John, liberami!" Robin mormorò, trovando presto quasi impossibile respirare.

    John lo rimise rapidamente a terra e gli diede una pacca sulla spalla "Scusa, cattiva abitudine".

    Robin sorrise "Quindi, hanno tenuto prigioniero anche te qui, eh".

    "Sono tutti dannatamente pazzi! Lo giuro, Tremotino deve averli messi sotto una specie di maledizione mentale!".

    Non poteva essere più d'accordo "Hai visto Roland e Henry da qualche parte?".

    La faccia di John cadde "Hanno preso anche loro?".

    "Sfortunatamente sì" Robin sospirò "Dobbiamo trovarli il prima possibile. Potrebbero essere in una qualsiasi di queste stanze!".

    "Oh, e… Robin..." disse John, attirando la sua attenzione "Regina è là fuori. Alan l'ha messa in mostra per tutti gli abitanti del villaggio".

    Il cuore di Robin divenne pesante nel petto "Noi... dobbiamo fare qualcosa" gli disse "Se la perdessi, non so cosa…”.

    "Risolveremo tutto quanto" disse John "Ma dobbiamo sbrigarci. Tu occupati di questo piano, io vado di sopra”.

    Robin fece un piccolo sorriso "Grazie, John. Sei davvero il miglior amico che abbia mai avuto".

    Con ciò, i due uomini si divisero in una frenetica ricerca di due bambini persi in un labirinto senza fine.




    Si sentiva completamente inutile, come un pezzo di spazzatura lanciato in tutte le direzioni. Non importava quanto si sforzasse di essere buona, non poteva sfuggire al fatto che aveva sbagliato completamente. E ora Regina stava pagando per quello che aveva fatto; non la faceva sentire affatto bene dentro. Tutti gli abitanti del villaggio la stavano fissando come se volessero ucciderla a mani nude.

    Regina lottò per rimettersi in piedi a causa del dolore alla schiena; l'ansia le faceva girare il mondo come una giostra. Tutti la vedevano come un mostro disumano, nessuno di loro sapeva cosa le aveva fatto sua madre, cosa le aveva fatto Snow, il fatto che fosse incinta...

    "Uccidila!" alcuni gridavano "Uccidila subito!".

    Altri erano più entusiasti della situazione "Uccidiamola!".

    Regina non sapeva cosa fare; era impotente ed era terrorizzata. Ma se doveva morire, sapeva di aver bisogno di aggiustare il passato, di ripulirsi la coscienza.

    "Pos… Posso dire una cosa?" chiese ad Alan, suonando debole come si sentiva dentro.

    Lui ci pensò un attimo, ma alla fine acconsentì "Fai in fretta, tesoro. Non credo che a loro importi molto di quello che hai da dire" poi rivolse la sua attenzione alla folla davanti a loro "Ascoltate! La regina vuole dire qualcosa!" gridò, mettendo rapidamente a tacere le chiacchiere. Ancora una volta, tutti la stavano fissando con occhi accusatori.

    "Prima di tutto, il mio nome è Regina, non “la regina”. Sono una persona reale, non solo un personaggio pubblico" disse con disgusto, prendendo un respiro profondo.

    "So che tutti voi mi odiate per come vi ho trattato. Diavolo, mi odierei anch'io. Ma... non ero adatto per governare un regno. Me ne rendo conto ora e me ne pento più di quanto chiunque di voi saprà mai" gli occhi di Regina erano lucidi di lacrime mentre continuava "Ero ancora una ragazza allora. Ero innamorata di un uomo con cui sapevo che non avrei mai potuto stare. Questo mi ha fatto dimenticare ciò che sapevo essere vero e chi ero. E ora... Ora ho trovato un uomo che mi ama anche se ho sbagliato. Ho una famiglia... due bambini...”.

    Prima che potesse finire la frase, sentì la lama fredda di un coltello contro la sua gola "Tempo scaduto, regina".

    La folla esplose ancora una volta mentre Regina lottava contro la presa salda di Alan su di lei.

    ’No... non può finire così...’.

    Strinse gli occhi e pensò ai suoi figli, pensò a come sarebbe stato avere un bambino suo...

    "Regina!" una piccola ma forte voce femminile gridò attraverso il trambusto, facendole aprire gli occhi. In basso, in prima linea tra la folla, una donna minuta, bionda e vestita di verde, lottava disperatamente per attirare la sua attenzione.

    Regina non poteva credere ai suoi occhi. La lama premeva più forte contro la sua gola nonostante la sua resistenza, ma notò che la fata toglieva una specie di fiala dal collo e ne scuoteva il contenuto...

    Poi, una nube di magia verde la circondò, costringendo Regina a proteggersi il viso con le mani legate. Si guardò intorno completamente scioccata mentre la scena intorno a lei cambiava completamente; erano spariti quegli abitanti del villaggio arrabbiati e il coltello che minacciava di toglierle la vita. Era all'interno dell'edificio buio e gigantesco.

    "Stai bene?" chiese in fretta Campanellino, afferrandole i polsi e muovendosi all'istante per sciogliere il nodo stretto.

    "Cosa… Come…?".

    Campanellino mise saldamente le mani sulle spalle "Ascolta, non c'è tempo, devi trovare la tua famiglia e andartene da qui… Torna a casa".

    "Casa?" Regina ripeté "Ora? Come faccio a sapere dove sono?".

    Con un altro gesto della mano, davanti a loro apparve un sentiero alberato "Ecco... proprio come ai vecchi tempi".

    Regina non esitò ad abbracciare la donna "Non so cosa farei senza di te!".

    Campanellino ricambiò l'abbraccio e sorrise "Questo significa molto detto da te. Ora vai!".

    Regina le diede un'ultima occhiata prima di correre lungo il corridoio quasi buio, seguendo la scia verde della magia. All'improvviso, iniziò a sentirsi molto spaventata: e se li avessero trovati gli Uomini Allegri? E se avessero trovato lei? Tuttavia, l'idea di stare con la sua famiglia la fece andare avanti.




    "Henry?" Roland chiese esitante nella loro stanza "Che cosa vogliono da mamma e papà?" era esausto, il bambino si era addormentato la notte prima con le lacrime sul viso.

    "Non capiscono che non è più cattiva" gli disse Henry "Vogliono farla soffrire come ha fatto con loro una volta. E questo significa fare qualcosa di male a noi".

    Roland strinse più forte il fratello "Che cosa ha fatto?" era qualcosa che non avrebbe mai veramente capito.

    "Non importa" disse Henry "So che tutto si sistemerà. Succede sempre. Quando ami veramente qualcuno, non c'è niente che nessuno possa fare per tenerti separato da quella persona. Nessuno può portarci via la nostra famiglia, la mamma ... Papà... Tu, staremo insieme per sempre".

    Roland guardò Henry sorpreso. Non l'aveva mai sentito chiamare suo padre prima d'ora "Sei sicuro?".

    Henry annuì "Certo. È così che vanno le cose. Non potrei chiedere un fratellino migliore" sorrise, arruffando i capelli del bambino.

    Roland fece una piccola risata; per un attimo si dimenticò di tutta la tristezza che lo opprimeva.

    Poi, entrambi sentirono delle voci fuori dalla porta. Henry ascoltò per un secondo: sembrava un urlo. E questo poteva significare solo una persona.

    "Papà!" Henry gridò "Siamo qui!".

    Allontanò Roland da lui e strisciò verso la porta, dove iniziò a battere i pugni contro il legno. Lui e Roland sorrisero quando sentirono Robin pronunciare i loro nomi. Dopo qualche altro secondo, Robin fu dall'altra parte della porta, il sollievo che lo inondava.

    "State indietro" disse loro, tenendo un sasso in mano. Lo scagliò con forza contro la serratura, facendola rompere dopo un paio di colpi. La porta fu spalancata e i suoi due figli si lanciarono tra le sue braccia.

    "Henry, mi hai appena chiamato papà?" chiese Robin sorpreso.

    Il ragazzo annuì "Voglio che tu sia mio padre per sempre".

    Robin sorrise "Penso di poterlo fare. Ti voglio bene".

    Henry ricambiò il sorriso "Ti voglio bene anch'io, papà”.

    "Robin!".

    Alzò la testa sorpreso non appena udì la voce di Regina. La vide alla fine del corridoio, con l'aria completamente esausta mentre si avvicinava a loro. Robin si alzò e scattò verso di lei; si incontrarono a metà, dove avvolse istantaneamente le braccia intorno alla sua vita, sollevandola da terra mentre la faceva girare un paio di volte prima di darle un bacio appassionato sulle sue labbra. Regina emise un grido mentre lui la stringeva con tanta sicurezza; non avrebbe mai dimenticato come si sentiva quel momento, come ci si sentiva ad essere veramente amati.

    "Andiamo, andiamocene da qui" disse Robin, rimettendola a terra. Le porse la mano e lei la prese con gratitudine, avviandosi verso i loro due figli.

    Li raggiunsero e li strinsero tra le braccia. Tutto era di nuovo perfetto, la loro famiglia era al sicuro...

    "Robin!" la voce di Little John percorse il corridoio, suonando urgente "Sono proprio dietro di me!".

    Proprio quando l'uomo apparve, fu mandato a terra con una freccia alla schiena.

    "No!" gridò Robin, sentendo avvicinarsi dei passi frettolosi. Voleva correre verso di lui, ma doveva proteggere la sua famiglia. Prendendo Roland tra le braccia, Robin li spinse tutti verso la porta più vicina e la richiuse, cercando rapidamente l'anello nelle sue tasche. Quando lo trovò, lo passò a Regina e le disse di attivarlo.

    Poteva sentire la voce di Alan gridare da qualche parte fuori; lui e i suoi uomini rimasti stavano aprendo ogni singola porta per scovarli.

    La maniglia della porta era tenuta saldamente tra le sue mani, ma sapeva che non li avrebbe tenuti fuori per molto.

    Una luce verde brillante riempì la stanza quando il portale apparve davanti a loro. Regina lanciò a Robin uno sguardo leggermente trionfante mentre teneva la mano di Roland. Velocemente, Robin afferrò una sedia di legno in un angolo e la appoggiò contro la porta, in piedi davanti alla donna che amava più di ogni altra cosa al mondo.

    "Regina, quando arriveremo nel tuo regno, non voglio lasciarti più. Voglio che ti metta questo anello al dito e lo tenga lì per sempre. Mi... Mi sposerai?".

    La bocca di Regina si aprì per lo shock, le sue emozioni infuriavano in tutte le direzioni. Una cosa era chiara, però: era l'unico uomo con cui avrebbe mai voluto stare.

    "...S-sì! Sì!".

    Le posò un dolce bacio sulle labbra "Ti amo".

    "Ti amo. T…".

    Furono interrotti da un violento colpo alla porta. La sedia già minacciava di cedere. Robin afferrò la maniglia e la tenne stretta.

    "Vai Regina! Fai passare i bambini!".

    Gli rivolse uno sguardo confuso "Andiamo tutti insieme!" gli disse, prendendo Roland e tendendogli la mano.

    Una nuova vita.

    Un nuovo inizio.

    Una famiglia.

    Sarebbe andato tutto bene lì attraverso il vorticoso portale verde.

    Robin allungò una delle sue mani verso la sua; ma non appena lo fece, la porta si spalancò alle loro spalle. Regina quasi svenne in quel momento quando vide i luminosi occhi arancioni di Tremotino che la fissavano senza pietà, Alan in piedi al suo fianco con uno sguardo scuro sul viso.

    "Scusa, cara".

    Tremotino agitò il polso e fece volare Robin verso la parete opposta, facendo urlare a Regina il suo nome. Prima che qualcuno di loro potesse fare qualcosa, Roland, Henry e Regina furono tutti spinti indietro nel portale.

    La faccia di Robin fu l'ultima cosa che vide prima che tutto diventasse verde.




    Quando riuscì a svegliarsi, Regina si rese conto che stava tremando. Roland e Henry erano entrambi aggrappati a lei come se le loro vite dipendessero da quello. Non osò aprire gli occhi: l'anello di metallo stava bruciando nel palmo della sua mano. La brezza estiva le accarezzava leggermente i capelli, un misto di sale marino e pino, qualcosa che solo il Maine poteva offrire.


    Continua…
     
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    Capitolo 40 – Essere coraggiosi



    Emma Swan stava tornando a casa dal lavoro. Aveva un milione di cose per la testa e nessuna di queste era qualcosa con cui voleva avere a che fare in quel momento. Nonostante fosse lo sceriffo di Storybrooke, probabilmente stava raddoppiando il limite di velocità nelle strade piccole e strette. Il telefono le vibrava in tasca e imprecò a bassa vocer mentre lo tirava fuori e controllava il messaggio. Per fortuna era solo David che si interrogava sui piani per la cena. Quando Emma riportò la sua attenzione sulla strada, il suo cuore quasi si strinse nel petto quando vide tre persone in piedi al centro della strada.

    Frenando di botto, la sua si spalancò in shock paralizzante quando vide chi erano le tre persone. Suo figlio era finalmente tornato.

    "H-Henry?!" urlò Emma, aprendo in fretta la portiera della macchina e uscendo. I suoi occhi non lasciarono mai i suoi mentre correva verso di lui a braccia aperte. Cadde in ginocchio e lo strinse forte in un abbraccio. Due mesi erano stati davvero troppi.

    Le emozioni volavano attraverso il suo corpo, si sentiva più felice di quanto non fosse stata per molto tempo. Ma Emma ha subito intuì che qualcosa non andava.

    "Henry, che succede?".

    Vide che tremava sotto la sua camicia di cotone blu quando esaminò suo figlio più attentamente, vide che il suo viso era di un bianco spettrale.

    "Regina, che diavolo è successo? Sei in ritardo di otto giorni! Avevamo detto due mesi!" Emma disse con rabbia alla donna, rivolgendo la sua attenzione su di lei in cerca di risposte "Regina!" schioccò le dita irritata. Era come se nessuno di loro avesse realizzato che fosse lì.

    Poi vide tutti i lividi che punteggiavano il collo di Regina e gli occhi che le si riempirono presto di lacrime mentre si guardava intorno.

    "Per favore, dimmi cosa sta succedendo" Emma le disse "Mi stai davvero facendo spaventare".

    Roland abbracciava Regina così forte che probabilmente lei non aveva nemmeno bisogno di tenere le mani sotto di lui per tenerlo in braccio.

    "Se n’è... andato..." mormorò infine Regina, fissando un punto fisso in lontananza.

    Emma sospirò "Dobbiamo... Dobbiamo andare a casa. Parleremo più tardi. Salite in macchina, adesso”.

    Fu una lotta prestare attenzione a quello che stava dicendo- Regina si sentiva come se si fosse svegliata da un terribile sogno. Poteva vedere il suo viso incorniciato al centro della magia verde scuro, gli occhi che la fissavano con una tale disperazione.

    "Grazie" le disse dolcemente, seguendo Emma fino alla sua macchina gialla e salendo sul sedile del passeggero. Henry strisciò sul retro, i suoi occhi ancora vitrei per lo shock. L'atmosfera all'interno dell'auto era silenziosa quando Emma mise in moto e guidò lentamente e con cautela lungo la strada, svoltando un paio di volte finché non apparve una gigantesca casa bianca con un prato davanti. Guardandola con la coda dell’occhio, Emma notò che Regina si stava infilando un anello nero consumato all'anulare con mani tremanti.

    Guardando Roland, Regina sapeva già che non aveva il coraggio di raccontargli quello che era successo. Aveva il viso completamente sepolto tra i suoi capelli e la stringeva forte con braccia e gambe.

    "Ok, arrivati..." iniziò Emma, aprendo la portiera della macchina e lanciando un'altra occhiata a Henry. Questa volta, notò un po’ più di colore nei suoi occhi mentre le sorrideva.

    "Mi sei mancata, mamma" disse Henry piano, avvolgendole le braccia intorno al collo. Era come se avesse appena realizzato che era di nuovo a casa.

    "Tu mi sei mancato di più" Emma sorrise di rimando "E sono sicura che a Neal piacerebbe rivederti subito" si voltò verso Regina e prese un respiro "Non ho idea di cosa sia successo, ma non potete continuare a comportarvi come se foste tutti morti. Che ne dite di prenderci un’ora per sistemarvi e parlare? Poi dirò a Snow e a tutti di passare a salutarvi?”.

    Regina elaborò ciò che stava dicendo e annuì leggermente. Non sapeva come avrebbe vissuto lì, non sapeva da dove cominciare.

    Emma si avvicinò a Regina, aprendole la portiera e guardando Roland.

    "Ehi, piccolo, stai bene?" Emma chiese dolcemente, chiedendosi se stesse anche solo respirando. Invece di rispondere, il bambino girò semplicemente la testa di lato e la fissò spaventato. Emma lo prese come un no.

    Regina non aveva un bell'aspetto. Il solito atteggiamento arrogante e fiducioso che mostrava sempre all'esterno era completamente estinto. Sapeva che non sarebbe stato meglio lasciarla girovagare per la città con l'aria di essere caduta nel pozzo di una miniera.

    "Ok, lascia che ti aiuti con tutti quei tagli e lividi" Emma le disse, prendendo la sua mano tra le sue e concentrandosi su un incantesimo per un momento. Regina osservò sorpresa mentre sentiva la magia inondare il suo sistema, non era ancora abituata al fatto che Emma potesse farlo.

    "Ti sei allenata" Regina disse, sforzandosi di sorridere.

    Emma scrollò le spalle "Si, un po’" voleva sapere da dove provenivano tutti quei lividi, ma decise di non chiedere per ora "Ci vediamo tra un'oretta, ok?".

    Regina sollevò Roland sul fianco e scese dall'auto, prendendosi un momento per dare un'occhiata alla sua casa. Era esattamente come se lo ricordava: torreggiava su tutto il resto delle case.

    "Ok" le rispose con voce cupa "Grazie, Emma".

    "Ok. Henry... ci vediamo tra un po’" diede a suo figlio una stretta sulla spalla e sorrise.

    Emma non voleva lasciarlo, ma sapeva che probabilmente era meglio così. Tornata alla sua auto, salì e partì, allontanandosi presto e lasciando Regina con i suoi due ragazzi.

    Non appena Emma se ne andò, Regina sentì immediatamente un'ondata di panico attraversarla. Era sola con due bambini traumatizzati quanto lei. Ma sapeva già che non voleva passare il tempo a Storybrooke piangendo e sentendosi male con se stessa, quindi ci avrebbe provato.

    "Roland" iniziò "Questa è Storybrooke ed è qui che vivo".

    Alla fine, il bambino spostò la testa e si guardò intorno "È grande." borbottò, con una vocina quasi impercettibile.

    "Lo so. Qui è dove abitiamo io e Henry. Sei pronto a vederla?".

    Roland inspirò profondamente e la strinse più forte "Va bene".

    Mettendo una mano sulla spalla di Henry, Regina riuscì a sorridere di conforto "Staremo bene".

    Il dodicenne aveva circa un milione di domande per sua madre, anche se era sicuro che anche lei avesse le stesse. Perché il signor Gold dovrebbe volere suo padre?

    La seguì lungo lo stretto marciapiede verso la porta d'ingresso, guardando Roland scrutare i lampioni come se fossero le cose più interessanti del mondo.

    Avevano sempre una chiave di scorta nascosta sotto il vecchio vaso di fiori. Henry si chinò e lo recuperò, dando un'occhiata a sua madre prima di aprire la porta e dargli una leggera spinta.

    Era buio e l'aria era estremamente calda e densa. Fecero qualche passo esitante dentro, quella casa era stata loro per anni, ma ora non sembrava quasi giusto essere di nuovo lì.

    Ma era tutto ciò che avevano.

    Regina iniziò a dimenarsi dalla stretta di Roland e lo rimise dolcemente a terra. Una volta lì, però, le sue braccia si avvolsero attorno ai suoi fianchi.

    "Mamma, ho paura".

    Voleva così tanto crollare, piangere, cadere a terra e sfogarsi. Ma quella non era un'opzione.

    "Questa è la nostra nuova casa ora" Regina disse "Dobbiamo solo essere coraggiosi. Puoi essere coraggioso per me?".

    Roland trattenne le lacrime e le fece un debole cenno del capo, prendendole la mano e seguendola lungo il corridoio.

    "La prima cosa che devi sapere su questo regno è che tutto funziona con un tipo speciale di potere" gli disse, mettendo l'indice sotto un interruttore della luce e accendendolo. Roland quasi rimase a bocca aperta mentre il corridoio si illuminava.

    "È magico?" il bambino chiese, un po' della sua paura svanita mentre parlava.

    Regina scosse la testa "No, è solo qualcosa che qualcuno ha capito come fare. Qui le cose sono molto diverse, Roland. La gente vive in modo diverso. È solo che... ci vuole un po' per abituarsi".

    Lei ed Henry continuarono a mostrare al bambino tutte le stanze della casa, ci volle più tempo del previsto per spiegare il bagno, così come il concetto di televisione. Alla fine del loro tour, Regina poteva dire che suo figlio era esausto. Avevano fatto dei progressi, ma c'era ancora una lunga strada da percorrere.

    "Henry, perché non mostri a Roland tutte le cose nella tua stanza? Vado a farmi una doccia veloce e poi vado al supermercato per prendere un po' di cose".

    Annuì, sapendo già che sarebbe stato difficile distrarlo dal fatto che Regina se ne sarebbe andata.

    "Non andare" Roland si accigliò, abbracciandola forte "Non voglio che tu te ne vada".

    Sospirando, si chinò e gli diede un leggero bacio sulla fronte "Devo. Henry si prenderà cura di te, qui sei al sicuro".

    Voleva crederle, ma dopo quello che aveva appena vissuto, sicuro era un termine più difficile da capire.

    Regina rivolse a entrambi i suoi ragazzi un leggero sorriso ed uscì, dirigendosi lungo il corridoio verso la sua camera da letto. Era così strano essere tornata - quella era l'unica cosa a cui riusciva a pensare in quel momento. La sua stanza era esattamente come l'aveva lasciata quando era partita per l’Isola che non c’è. Questa volta, però, sentiva davvero il vuoto della sua casa trasparire di più. Era tornata una persona diversa.

    Prendendo il cellulare dal comodino, Regina iniziò a sfogliarlo senza pensare. Aveva circa quattrocento e-mail, settanta chiamate perse e due messaggi di testo (entrambi da Sydney, che felicemente ignorò). Regina lo posò sul letto e guardò il vestito che indossava. Si sentiva completamente sporca, non solo all'esterno ma anche all'interno. Il solo guardarlo le dava la nausea.

    Se lo tolse ed entrò nella doccia, amando all'istante la sensazione dell'acqua calda contro la sua pelle. Erano passati mesi dalla sua ultima doccia ufficiale, la magia era stata il suo unico modo per tenere il passo con la sua igiene.

    Era la sua prima volta da sola da quando Robin era con lei.

    Robin.

    Guardando l'anello al dito, Regina non riuscì a impedire alle lacrime di formarsi rapidamente nei suoi occhi. Non l'aveva ancora capito del tutto che se ne fosse andato. Tutto sembrava un sogno orribile. Non poteva crescere due figli da sola, non era possibile.

    Batté il pugno contro la parete di vetro e singhiozzò, sprofondando sul pavimento di piastrelle in un ammasso sconfitto.

    Era assolutamente sola.




    Il vestito blu sembrava assolutamente orrendo. Era sporco, quasi completamente ricoperto di terra.

    Regina lo fissò per cinque minuti buoni mentre si trovava nel mezzo del suo bagno, ancora gocciolante e avvolta in un asciugamano. Quattro giorni prima, l'aveva scelto dal suo piccolo e pieno armadio, non sapendo affatto che sarebbe stata picchiata, presa in ostaggio e imprigionata. Tracciò le dita lungo un lato, sperando di sentire il tocco di Robin ancora lì.

    Poi riportò la sua mente alla realtà. Regina afferrò il vestito ed entrò nel suo armadio, aprendo l'ultimo cassetto del suo comò e infilandolo sotto i vestiti che erano già dentro. Indossò il primo vestito che vide, senza nemmeno preoccuparsi di truccarsi. Mentre tornava lungo il corridoio, Regina accese tutte le luci. Poteva sentire i suoi figli parlare nella stanza di Henry, era l'unico suono udito nella sua casa apparentemente morta.

    "Suona musica?" chiese Roland, alzandosi in punta di piedi per esaminare il giradischi di Henry "Come lo fa?".

    Henry indicò il piatto "Vedi questo? Legge cosa c'è nel disco e l'altoparlante suona il ritmo. Roland, non devi pensare troppo a tutto".

    Il bambino emise un sospiro irritato e si accigliò "Non mi piacciono le cose qui. È strano".

    "Ehi, scoprirai tutto presto" disse Regina, mantenendo la sua voce gioiosa "Dopotutto, prima o poi dovevi venire".

    Si avvicinò al letto di Henry e si sedette. Roland tornò immediatamente sulle sue ginocchia e appoggiò la testa sul suo petto.

    Regina prese un gran respiro mentre sistemava i suoi pensieri. Adesso era il momento perfetto per mettere le cose in chiaro con i suoi figli.

    "Ascoltate ragazzi, so che questa giornata è stata davvero stressante per tutti noi. Tuo padre... è ancora con Tremotino. Non so cosa voglia quell'uomo da lui, ma finché non tornerà, saremo solo noi tre. Ma non voglio che vi preoccupiate, perché non andrò mai da nessuna parte. Questa città è piena di persone che vorrebbero conoscerti Roland, sono brave persone. Devi solo fidarti di me".

    Roland alzò lo sguardo su di lei "Ma io voglio papà qui..." era evidente che già gli mancava. Regina non sapeva come dire a suo figlio che tornare non era un'opzione per ora. Tremotino era un uomo complicato.

    "Lo so. Ma dobbiamo essere coraggiosi" era tutto ciò a cui la sua mente esausta riusciva a pensare in quel momento "Le cose andranno meglio" lanciò a Henry uno sguardo fiducioso, era brava a fingere "Ora, ho davvero bisogno di andare a prendere alcune cose al negozio. I Charmings hanno detto che sarebbero passati stasera, quindi se bussano, fateli entrare. So che Neal sarà probabilmente entusiasta di vederti".

    Henry annuì. Gli era davvero mancato, ma aveva appena conosciuto Robin come suo padre, era strano cambiare prospettiva.

    Regina appoggiò dolcemente Roland sulle sue ginocchia e si alzò "Dobbiamo procurarti dei vestiti del mondo reale. Tornerò il prima possibile".

    Detto questo, lasciò la camera da letto e si diresse fuori dove era parcheggiata la sua Mercedes nera, perfettamente lucida e intatta.

    Ci volle un po' prima che si avviasse, ma una volta fatto, se ne andò per la strada buia e sterile verso l'unico negozio di alimentari che la città aveva da offrire. Regina non aveva intenzione di mentire a se stessa, le ci volle un momento per ricordare esattamente come si guida, ma alla fine ci riuscì.

    Non voleva lasciare i suoi bambini da soli per molto tempo, quindi si avviò velocemente lungo le corsie del negozio, afferrando tutto ciò che pensava sarebbe stato necessario per un bambino di quattro anni: spazzolino da denti, pigiama, scarpe e shampoo.

    Dopo aver cercato nella raffinata selezione di abbigliamento per ragazzi di Storybrooke e aver scelto qualcosa, fece una breve sosta nella sezione refrigerata del negozio per alcuni prodotti alimentari di base. Non erano passati nemmeno dieci minuti prima che avesse finito - non ci volle molto perché si rendesse conto che non voleva davvero stare lontana dai suoi figli.

    Mentre si dirigeva verso la cassa, però, qualcosa attirò la sua attenzione. Una sottile scatola blu, appesa in una fila di tante altre uguali, le parole test di gravidanza scritte in grassetto sul davanti. Non appena Regina se ne accorse, le venne in mente una domanda sorprendente. E se il bambino non ce l'avesse fatta?

    La domanda la fece immediatamente venire il panico, l'unica cosa peggiore del non averlo detto a Robin sarebbe stata se fosse morto.

    Ma sapeva che non poteva continuare a discutere con se stessa sull'argomento, prese cautamente una scatola dallo scaffale e proseguì verso la cassa. Felice che il nano fosse dietro il bancone quando arrivò. Regina appoggiò il cestino sul bancone e iniziò a cercare la sua carta di credito. Il nano iniziò a far scorrere i suoi oggetti attraverso la cassa, sforzandosi di pensare al perché mai la regina avesse bisogno di vestiti per un bambino. Regina rimase in attesa piuttosto ansiosa mentre aspettava che finisse.

    "Ehm, sei su Twitter?" lei chiese bruscamente, indicando lo schermo del suo computer. Non appena lo disse, però, Gongolo si voltò verso il computer e fece log out.

    "No" borbottò "Mi hanno cacciato".

    Regina poteva percepire un po' di disprezzo nella sua voce. Finì di mettere tutti i suoi oggetti nei sacchetti di plastica e passò la sua carta prima di salutarla a malincuore con un "Buona giornata".

    Le strade erano quasi completamente deserte quando tornò a casa. Quando arrivò, però, notò un camioncino malconcio parcheggiato lungo il prato.

    "Regina!" arrivò la voce eccitata di Snow "Finalmente sei tornata!".

    Venne accolta calorosamente dalla sua figliastra, che le diede un abbraccio soffocante.

    "Bello vederti anche per" rispose lei, meno entusiasta "Sono passati alcuni mesi".

    Henry era impegnato a parlare con Neal di com'era nella Foresta Incantata e David era in cucina con Roland che cercava di insegnargli il concetto di un tostapane.

    "Ehi, ragazzi, ho della spesa in macchina che potete portare dentro" disse Regina, attirando la loro attenzione.

    Non importava se lo volevano o no, era una regina e qualunque cosa dicesse, sapevano tutti che doveva essere fatta.

    "Piacere di riaverti" disse David mentre usciva, dandole una leggera stretta sulla spalla.

    Divertente, pensò tra sé e sé, non era così bello essere tornata.

    Neal e David rientrarono un attimo dopo portando entrambi i sacchetti di plastica.

    “Metteteli sul tavolo” disse loro Regina, notando i cinque pezzi di pane tostato completamente anneriti sparsi sul bancone "Metterò tutto via più tardi".

    "Emma, non mi sembra così sconvolta" sussurrò Snow a sua figlia, una volta che Regina fu fuori portata.

    Emma le diede un'occhiata "Quando l'ho vista per la prima volta, sembrava davvero morta, tutti e tre lo sembravano. Voglio dire, non so cosa sia successo, ma Robin non è qui".

    Snow sospirò "Forse dovremmo semplicemente chiederle cosa è successo, Emma".

    "Non capisci, aveva lividi su tutta la faccia, qualunque cosa sia successa, probabilmente non è qualcosa di cui vuole parlare in questo momento".

    Neal, David e Regina si ritrovarono in cucina.

    "Penso che sia meglio andare, si sta facendo tardi" disse David.

    Snow annuì e scambiò uno sguardo esitante verso Emma.

    "Dicci quando Henry è pronto a passare un po' di tempo con noi" disse Neal, sorridendo a suo figlio.

    "Ti... Ti mando un messaggio o qualcosa del genere" replicò Regina, non sapendo bene quale fosse la situazione attuale tra lui ed Emma. Tuttavia, i due sembravano ancora a disagio l'uno con l'altro.

    "Buonanotte" disse Snow, prima di seguire suo marito fuori dalla porta.

    Non appena in casa tornò il silenzio, Regina diede un'occhiata a suo figlio "Hanno sentito tutti la tua mancanza, eh".

    Henry scrollò le spalle "Credo di sì".

    "Mamma, ho fatto il toast!" disse Roland dalla cucina, tenendo tra le mani una metà che non si era bruciata. Regina non poté fare a meno di sorridere alla scena, suo figlio era seduto a gambe incrociate sul bancone, con indosso ancora la maglietta logora e i pantaloni sporchi di terra, pronto ad esplodere di felicità davanti a un pezzo di pane.

    "Hai fame Henry?" lei chiese, guardando l'orologio appeso alla parete: erano quasi le dieci.

    Il dodicenne si strinse nelle spalle "Un po’...".

    "Beh, Roland ha fatto il toast" disse, avvicinandosi e prendendo il pezzo che lui le aveva offerto "Ecco qui" quindi, si avvicinò al tavolo e cercò tra i vestiti che aveva appena comprato "Ma è ora che tu vada a letto, Roland".

    Regina gli mostrò il pigiama che aveva scelto e lui scese dal bancone per osservarlo meglio.

    "Devo indossarlo?" chiese con tono confuso. Regina si chinò e lo prese tra le braccia.

    "Sì, devi indossarlo".

    Lo portò di sopra e nella camera da letto di Henry, togliendogli i vestiti della Foresta Incantata e mettendogli addosso il suo nuovo pigiama rosso.

    "Sono un po' grandi ma... dovrai solo crescere un po'".

    Roland lanciò un'occhiata ai suoi vecchi vestiti mentre Regina li impacchettava e li riponeva nello scaffale più alto dell'armadio.

    "Devo indossare vestiti nuovi qui?" le chiese con un pizzico di tristezza "Non voglio indossare questo".

    Regina sospirò "Ricordi quello che ho detto sull'essere coraggiosi? Questa è una di quelle cose su cui dobbiamo essere coraggiosi".

    Era così stanca e se lo era lei, sicuramente un bambino di quattro anni doveva essere esausto.

    "Posso dormire con te?" disse Roland, uno sbadiglio che si allungava sulla sua bocca. Regina si morse il labbro. C'era qualcosa che doveva fare.

    "No, penso che dovresti passare la notte con Henry stanotte... ho bisogno di un po' di tempo da sola".

    E non stava mentendo. Il viso di Roland si abbassò leggermente, ma annuì comunque. Lo rimboccò sul lato destro del letto di Henry, sperando che al ragazzo non dispiacesse condividere con lui - si addormentò prima che Regina accendesse l'interruttore della lucina.

    Poi tornò giù per le scale e iniziò a smistare la spesa, a mettere via gli alimenti e a sistemare i vestiti nuovi di Roland. Fece fare a Henry una doccia prima di andare a letto. Dopo di che, c'era solo una cosa da fare. Prese il solitario test di gravidanza dal tavolo e lo portò al piano di sopra, leggendo le indicazioni per un momento prima di aprirlo e dirigersi in bagno.

    Era stanca di aver paura delle risposte, aveva bisogno di sapere come sarebbe stata la vita per lei e per i suoi ragazzi per chissà quanto tempo. Mentre aspettava che avesse il risultato, Regina scelse il pigiama da indossare e si lavò i denti.

    Tutto sembrava scomodamente normale, quasi come se nulla fosse cambiato. Ma non appena vide cosa rivelava il test, capì che non era così: due strisce rosa, significava che era ancora incinta.

    Regina lo fissò per quello che sembrò un'eternità, non sapendo davvero cosa fare. Portandolo con sé sul letto, lo posò con cura sul comodino prima di rannicchiarsi sotto le coperte e cadere immediatamente in un sonno profondo.


    Continua…
     
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    Capitolo 41 - La strada davanti



    Il portale verde era svanito, la sua famiglia era sparita.

    Robin poteva sentirsi respirare, ansimando impotente mentre la magia continuava a forzarlo contro il freddo muro di pietra. Tremotino e Alan erano in piedi davanti a lui, in silenzio davanti alla stanza vuota.

    Poi si ricordò... John.

    "Lasciami andare… non hai motivo di tenermi qui" disse freneticamente, scrutando ansiosamente verso l'uomo a terra. Non poteva essere morto.

    Tremotino scrollò le spalle e ritirò la sua magia.

    Robin era esausto; si sentiva come se qualcuno gli avesse strappato la sua stessa anima e lo avesse lasciato a morire. Si allontanò lungo il corridoio, cadendo in ginocchio e scuotendo disperatamente l'uomo.

    "John! John, ti prego, parlami!".

    Sembrava così inerme per un uomo così grande; la freccia era ancora conficcata nella sua schiena e il sangue era ristagnato sul pavimento di pietra.

    "Che ci fai qui?" John mormorò, lottando per tenere gli occhi aperti.

    "Non importa adesso" disse Robin, mantenendo la voce calma "Sono qui con te".

    "Ma loro... se ne sono andati... Abbiamo perso".

    Rabbrividì quando un'altra ondata di dolore scosse il suo corpo, rendendo quasi impossibile respirare.

    "Ehi, non pensarci" Robin gli prese la mano e la strinse forte "Sei l'unico di tutti gli Uomini Allegri che sono rimasti... di tutti e sei... Hai dimostrato di essere leale" non riusciva a trattenere le lacrime dagli occhi "Sei il mio migliore amico, non so cosa farei senza di te".

    John riuscì a fare un debole sorriso "Sarò sempre il tuo migliore amico... Robin devi lasciarmi andare".

    Scuotendo la testa, Robin gli strinse più forte la mano "Non puoi dire questo. Ti... ti porterò fuori di qui".

    "No…" John fece una smorfia "Devi trovarli. Mostra a quei bastardi con chi hanno a che fare".

    "John… John!" si mise ad urlare adesso, si stava lentamente allontanando da lui, lo sentiva.

    "Di’ a Roland che mi mancherà" John mormorò, gli occhi chiusi.

    Robin guardò, completamente indifeso, mentre il suo migliore amico esalava il suo ultimo respiro. Il suo corpo immobile, diventando immediatamente rigido e freddo.

    Se n’era andato.

    Era finita. Robin si alzò e si strofinò lo sporco dai pantaloni, i suoi occhi fissi sull'uomo che aveva rovinato assolutamente tutto.

    "Mi fidavo di te" iniziò, a denti serrati "Eravamo amici, io e te. Mi hai tradito e guarda cosa è successo per questo".

    Si mosse lungo il corridoio, dirigendosi rapidamente verso Alan, che stava guardando nervosamente verso Tremotino, che sembrava non voler partecipare alla conversazione.

    "Ascolta… Robin, tutto quello che ho fatto, è stato per il suo piano, me l’ha ordinato lui!".

    Tremotino rimase in silenzio mentre Robin si avvicinava all'uomo, un luccichio mortale nei suoi occhi "Quindi hai deciso di attaccare la mia donna davanti ai miei figli?!".

    Non esitò ad affondare il pugno sul lato della sua testa, facendolo cadere a terra.

    "Hai rovinato tutto!".

    I tentativi di Alan di reagire non erano niente in confronto ai pugni pieni di rabbia che Robin gli stava dando. Ben presto, il suo pugno fu coperto di sangue. Abbassò lo sguardo sul viso di Alan, sapendo che avrebbe potuto facilmente ucciderlo entro pochi minuti.

    Era d'obbligo una scelta: meritava di morire?

    Robin pensò a Regina; ricordava l'espressione sul suo viso quando le aveva chiesto di sposarlo, il modo in cui Roland l'adorava, e il legame con Henry...

    Le immagini della sua famiglia riempirono la sua vista mentre stringeva le mani intorno alla sua gola; continuò a premere e premere finché la luce non lasciò i suoi occhi.

    Tremotino lo guardò attentamente, sinceramente sorpreso da ciò che vide. Era forte, doveva ammetterlo "Sono contento che alla fine ti sia sbarazzato di lui, stava diventando molto fastidioso" gli disse, guardandolo alzarsi in piedi con uno sguardo vuoto sul volto.

    Alan James era morto.

    "Ora. Parliamo di quello che ho bisogno che tu faccia".

    Robin aveva un milione di cose per la testa e parlare con un diavolo non era una di quelle. Ma era solo, non aveva nient'altro da fare, cazzo, aveva appena ucciso un uomo. Capì immediatamente che doveva trovare un portale per tornare a Storybrooke, dove poteva solo sperare che la sua famiglia fosse finita. E avrebbe potuto farlo solo se avesse acconsentito a qualunque cosa volesse l'Oscuro.

    Così si strinse nelle spalle e gli diede tutta la sua attenzione "Ok. Dimmi cosa devo fare".

    Tremotino fece un largo sorriso "Ho bisogno che tu... prenda qualcosa per me".

    "Beh, perché non puoi prendertela da solo?" Robin ribatté "Perché io?".

    "Perché non posso! Non sono ammesso nella terra in cui si trova! E tu sei all'altezza".

    Robin sospirò "Cos'è questa cosa che vuoi che ti trovi? Di cosa potrebbe aver bisogno un uomo come te?".

    "Qualcosa che ho perso molto tempo fa" rispose "Qualcosa di cui ho bisogno di nuovo. Si trova sul lato estremo orientale della Foresta Incantata...".

    "É... Parliamo di almeno un viaggio di due mesi!" esclamò Robin "E nessuno va quasi mai più sul lato est!".

    Tremotino, sospirando, continuò "Ecco perché avevo bisogno della tua famiglia fuori dai piedi: non potresti intraprendere questo viaggio se dovessi ancora preoccuparti dei tuoi figli”.

    "Non puoi... usare la magia per portarmi lì? Anche solo a metà strada? Siamo nel bel mezzo dell'estate, per l'amor di Dio!".

    "Mi dispiace, non posso".

    Robin poteva percepire della falsità nella sua voce.

    "Perché la situazione è che... la mia magia si sta esaurendo".

    Robin corrugò la fronte "Esaurendo? Come?".

    "Fa parte della profezia. Niente può essere perfetto per sempre, è solo questione di tempo prima che la mia magia svanisca e le cose inizino a... Tornarmi indietro".

    Robin non aveva la più pallida idea di cosa stesse parlando, ma scrollò di nuovo le spalle e annuì "Quando devo partire?".

    "Il prima possibile".

    "E quando... Quando riavrai la tua magia, mi rispedirai indietro per stare con la mia famiglia, giusto?".

    Tremotino guardò l'uomo disteso sul pavimento "Considerando che l'hai ucciso solo perché ha messo qualche livido sulla faccia di Regina, non vedo perché no".

    Sapeva che sarebbe stato lontano dalla sua famiglia per molto tempo. Erano solo pochi mesi, cosa poteva cambiare in pochi mesi?




    Il sole era già alto nel cielo quando Regina si svegliò. Con il dolore fisico sparito dal suo corpo, aveva effettivamente dormito decentemente. Aveva dimenticato quanto fosse bello dormire su un materasso così comodo, con comode coperte e grandi cuscini bianchi. Il test era ancora sul tavolo accanto a lei; ricontrollò per assicurarsi che fosse reale.

    Si alzò dal letto e andò in bagno, i pantaloni del pigiama che sfioravano il pavimento mentre camminava. Il suo riflesso nello specchio catturò rapidamente la sua attenzione; sembrava così diversa.

    I suoi capelli erano un po' più lunghi e i suoi occhi erano ancora gonfi dal giorno prima. Non andava quasi mai da nessuna parte senza truccarsi o pettinarsi, ma ora non ne aveva proprio voglia.

    Il suo armadio era pieno fino all'orlo di camicette e abiti eleganti: aveva dimenticato quanto fossero scomodi.

    Tuttavia, si vestì e si avviò verso la camera da letto di Henry. Stranamente, era vuota.

    "Henry? Roland?" chiamò, voltandosi per percorrere la lunga rampa di scale.

    "Ti sei svegliata tardi, mamma!" chiamò Henry mentre svoltava l'angolo verso il soggiorno, dove sentì la televisione a tutto volume.

    Henry e Roland erano entrambi sul divano fianco a fianco, guardando i cartoni animati e ridacchiando di tanto in tanto.

    "Non sapevo nemmeno che vi foste alzati" disse Regina, avvicinandosi ai suoi figli, che erano entrambi ancora in pigiama "Avete dormito bene?".

    "Lui sì, io no" disse Henry con disgusto "Si muove e scalcia nel sonno".

    "Mi dispiace" rispose lei, guardando Roland.

    "Henry dice che c'è sempre qualcosa da guardare in tv!" Roland esclamò, guardando lo schermo con grandi occhi curiosi.

    "Ma non è una buona cosa guardarla troppo- ora, cosa faremo oggi?".

    Henry fissò lo schermo per qualche secondo prima di alzare le spalle.

    "Che ne dici se portiamo Roland…" suggerì Regina "Dalla Nonna o qualcosa del genere”.

    Entrambi i suoi ragazzi sembravano indifferenti all'idea.

    "Dai Roland, vestiamoci. Puoi guardare la tv più tardi”.

    Con riluttanza, Roland le prese la mano e si staccò dal televisore, tornando al piano di sopra dove sua madre gli mise addosso un paio di blue jeans e una maglietta gialla.

    "Sembra strano" disse Roland, spostandosi a disagio al contatto con i jeans.

    "Ci farai l'abitudine, i ragazzi indossano sempre i jeans" gli disse Henry.

    "Sono comodi una volta che ti ci abitui" disse Regina rassicurante "Ora, siete pronti per andare?".

    Roland annuì, mettendosi una mano sullo stomaco "Ho fame!".

    "Lo so, anch'io. Ti porterò in un posto dove possiamo prendere del cibo delizioso".

    Uscirono dalla porta principale verso la Mercedes parcheggiata nel vialetto.

    "Che cos'è?" chiese Roland mentre Regina usava le sue chiavi per aprire le portiere.

    "È... come una carrozza, senza cavalli".

    Sembrava ancora confuso. Henry aprì la portiera del passeggero e cercò di tenere le scarpe lontane dai sedili mentre saltava sul sedile posteriore, un posto in cui andava di rado. Regina si pentì presto di aver comprato un'auto con solo due portiere. Naturalmente, allora non sapeva che avrebbe vissuto in una circostanza come quella in cui si trovava adesso.

    "Ora, tecnicamente dovresti usare un seggiolino per auto, ma quello di Henry l’ho dato via anni fa. Sarà un breve tragitto in auto".

    Lo prese in braccio e lo mise delicatamente sul sedile diagonalmente al suo, lasciando che fosse Henry a mostrargli come allacciarsi la cintura di sicurezza.

    "Non la voglio" Roland piagnucolò, dimenandosi sul sedile nel momento in cui gli venne allacciata la cintura di sicurezza.

    "Devi indossarla" gli disse Regina, prima di voltare la testa e uscire dal vialetto. Ma Roland non ascoltò. Si sfilò la cintura di sicurezza e premette la fronte contro il freddo vetro del finestrino, osservando gli alberi mentre sfrecciavano.

    "Siediti!" sibilò Henry, cercando di tirarlo giù.

    "Henry, non urlare contro tuo fratello. Puoi per favore sederti, Roland? Saremo lì in pochi minuti”.

    "Mamma, mi sento male" Roland mormorò, il suo viso improvvisamente bianco.

    "Come?" chiese Regina, non sicura di aver sentito bene.

    Prima che lei potesse ottenere una risposta dal bambino, lui si chinò e vomitò in auto.

    "Ew! Mamma! Mamma!" urlò Henry, alzando i piedi e allontanandosi il più possibile da Roland mentre continuava a vomitare.

    "Oh, mio Dio… Roland stai bene?" gridò Regina, proprio mentre un fetore ripugnante riempì l'aria.

    Roland cominciò a piangere. Guardando attraverso lo specchietto retrovisore, Regina poteva vedere del vomito che copriva la parte anteriore della sua maglietta.

    Henry continuava a urlare e Roland continuava a piangere.

    Quando Regina finalmente trovò un posto dove fermarsi, fermò la macchina e scese il più velocemente possibile. Henry si arrampicò sul sedile anteriore e uscì all'aria aperta.

    "Forza Roland!" gli disse, tendendo le braccia verso di lui. L'aria aveva un odore assolutamente rancido, le stava dando la nausea. Alla fine lo prese e lo tirò fuori dall'auto.

    "Due minuti e ti riduci così?".

    C'erano delle lacrime che scorrevano sulle sue guance "Mi dispiace, mamma... mi dispiace...".

    Guardò verso il sedile posteriore; c'era vomito su tutti i sedili e a terra.

    "Merda" sospirò tra sé e sé, sentendosi stordita.

    "Vado a casa di Emma!" Henry gridò verso di lei "Può prepararmi lei la colazione!".

    "Bene!" Regina replicò, anche se non voleva davvero che lui camminasse fino a lì "Roland, andiamo a casa" gli disse piano, prendendolo in braccio e mettendolo sul sedile del passeggero.

    L'auto era l'ultimo posto in cui voleva essere, ma doveva riportarlo a casa. Proprio mentre stava per farlo, però, sentì qualcuno chiamarla per nome. Voltandosi, vide Belle dall'altra parte della strada. Si avvicinò rapidamente, indossando una gonna attillata e una camicetta blu.

    "Posso parlarti un momento?" chiese.

    Regina sospirò "Questo non è proprio un buon momento...".

    "Solo molto velocemente" Belle disse subito "Mi dispiace di aver accettato il tuo lavoro come sindaco".

    "Oh... Sì, quello" mormorò, dando un'occhiata al suo vestito. Non una volta aveva pensato al suo lavoro, non fino a quel momento.

    "Io… posso restituirtelo, se vuoi".

    Regina lanciò una rapida occhiata a Roland, che stava ancora piangendo in macchina.

    "Non credo di poterlo fare" iniziò "Non so se l'hai già scoperto, ma ho un altro bambino di cui mi sto prendendo cura in questo momento, è una lunga storia. Sono già occupata così... non credo che essere sindaco sarebbe un bene per me".

    Belle sembrò sorpresa "Sei sicura?".

    "Vuoi fare il sindaco?" chiese Regina, desiderando disperatamente tornare da suo figlio.

    Bella arrossì "Beh, all'inizio è stato difficile, ma un po' mi piace".

    "Beh, allora puoi restare sindaco se vuoi" le disse Regina, sfoggiando un rapido sorriso "Potrei aiutarti con i documenti, se sei troppo occupata".

    "Grazie!" le disse "Oh… e... a proposito di Tremotino...".

    Quel nome la fece fermare.

    "Non essere arrabbiata con me per quello che ha fatto, non sapevo che potesse fare nessuna di quelle cose".

    "Sai cosa vuole da Robin?" chiese subito Regina.

    "Non lo so. Si è fermato solo un minuto per vedermi".

    Emettendo un sospiro, lasciò perdere con rammarico l'argomento. Ma qualcosa la colpì: se l'Oscuro era riuscito a raggiungere Storybrooke dalla Foresta Incantata, allora avrebbe potuto riportare indietro Robin.

    "Questo è... Va tutto bene. Non sono arrabbiata".

    Belle era incuriosita da questa nuova Regina. Giravano voci su un suo ritorno improvviso, con un bambino...

    "Beh, dovrei andare. Grazie mille" disse Belle, rivolgendole un caldo sorriso prima di avviarsi verso la sua macchina.

    Regina aprì velocemente la portiera della sua macchina e salì, rivolgendo la sua attenzione al suo bambino di quattro anni.

    "Mi dispiace così tanto di averti urlato contro" disse dolcemente, usando il pollice per asciugargli le lacrime dalle guance "Andiamo a casa a pulirci”.

    I due tornarono a casa ed entrarono nel vialetto.

    "Sei arrabbiata con me?" Roland tirò su col naso, i suoi occhi grandi e tondi.

    "Non sono arrabbiata, posso chiedere a qualcuno di pulire la macchina".

    Lo prese in braccio e lo portò in bagno, dove gli tolse i vestiti sporchi e iniziò a far scorrere l'acqua nella vasca da bagno.

    "Da dove viene l'acqua?" Roland chiese, guardando con curiosità il soffione della doccia. Regina sorrise, sedendosi sul bordo della vasca.

    "Certo che fai un sacco di domande" gli disse "Henry adorava fare il bagno quando era piccolo".

    L'acqua era bella e calda. Fece sentire subito meglio Roland.

    "Papà mi lasciava giocare con i miei giocattoli quando facevo il bagno".

    Regina mise un po' di shampoo nella sua mano.

    "Posso comprarti dei giocattoli tra un po'" gli disse, massaggiando lo shampoo sui suoi capelli castani.

    "Ma non sarebbero i miei giocattoli" Roland incalzò, abbassando gli occhi verso l'acqua saponosa.

    Regina gli diede un'occhiata "Penso che cambierai idea quando vedrai i giocattoli al negozio".

    Roland si accigliò.

    "Sono orgogliosa di te, lo sai" gli disse, alzando un sopracciglio "Ci vuole un grande sforzo per un bambino di quattro anni per cambiare reame da un momento all’altro".

    Il bambino scosse la testa "Continuo a fare tante monellerie".

    Regina sospirò "No, non è vero, stai facendo tutto bene. Mi dispiace che tutto ciò sia dovuto accadere a noi, ma ci sono persone cattive là fuori che prendono decisioni sbagliate ... A volte dobbiamo pagare per quello che fanno".

    "Ma io non voglio!" Roland le disse "Rivoglio papà!".

    Le parole la ferirono più di quanto potesse dire.

    "Ma hai detto che devo essere coraggioso. Quindi è quello che sarò".

    Lei sorrise "Ecco perché ti amo così tanto”.

    Roland fece una piccola risatina quando iniziò a strofinare il bagnoschiuma sul suo petto.

    "Braccia in alto".

    Dopo aver sciacquato il suo corpo, Regina afferrò un asciugamano e gliel’avvolse attorno

    "Ora che ne dici, vuoi provare di nuovo ad andare da Nonna?".

    Lui annuì.

    "Ci andremo a piedi, che ne dici?".

    E così fecero. Roland strinse forte la mano di Regina mentre camminavano per le strade di Storybrooke. Si guardò intorno con curiosità vedendo molti volti nuovi. Quando passavano davanti a lui e a sua madre, tutti lanciavano sguardi sorpresi e confusi.

    Dopo pochi minuti, arrivarono alla tavola calda. La colazione era ufficialmente finita, il che significava che il ristorante era quasi vuoto. Regina si sedette al suo solito posto, il bar, e issò Roland sulla sedia accanto a lei. Un attimo dopo, Nonna si avvicinò per prendere gli ordini.

    "Chi è?" chiese, indicando il bambino.

    Regina prese fiato "Lui è... É mio figlio. Ho passato sei mesi nella Foresta Incantata e lì ho trovato una famiglia".

    La Nonna sembrava ancora diffidente, ma sorrise al bambino "Beh, sicuramente è carino. Come ti chiami?".

    Lui la guardò con un sorriso sul volto "Roland".

    "Beh, Roland, cosa vuoi mangiare?".

    Non ne aveva la più pallida idea, quindi si rivolse a Regina.

    "Hmm... Che ne dici di un hamburger? Ha bisogno di provare il cibo qui".

    La donna più anziana la fissò semplicemente sbalordita. Regina Mills non aveva mai permesso a Henry di avere qualcosa di considerato malsano nel suo locale.

    "E del latte da bere".

    Non aveva bisogno di scriverlo, era piuttosto difficile da dimenticare.

    "E per te?".

    Regina guardò il menu e si morse il labbro inferiore.

    "Prenderò anche io un hamburger. Con una coca e delle patatine fritte".

    Se la sua bocca avesse potuto aprirsi ancora di più, avrebbe catturato le mosche. Regina prendeva sempre pollo alla griglia o insalata. La Nonna l'aveva osservata di tanto in tanto al ristorante; aveva sempre scelto il suo cibo come farebbe un bambino.

    "O… Ok, allora... li porto subito".

    Senza un'altra parola, la Nonna prese i loro menu e se ne andò in cucina.

    Roland si guardò intorno eccitato, osservando le luci lampeggianti e l'atmosfera affollata "Ho così tanta fame!" le disse, facendo oscillare le gambe sotto lo sgabello.

    Regina rise, guardandolo dimenarsi con impazienza "Anche io".

    Dopo aver aspettato ancora qualche minuto, la Nonna tornò con i loro due piatti. Roland guardò stupito il suo hamburger.

    "Mamma, come lo mangio?".

    Regina si voltò a guardarlo con un sorriso malizioso sul volto "Beh, tienilo così, con i pollici in basso" iniziò, prendendo il suo per mostrarglielo.

    Seguì il suo esempio, guardandola in cerca di ulteriori istruzioni.

    "Poi apri tanto la bocca e... Ecco!".

    Lo guardò dare il suo primo boccone, che era divertente da guardare perché l'hamburger era grande quasi quanto metà della sua faccia.

    "Attento, però, puoi sporcarti”.

    Roland le rivolse un sorriso pieno con il cibo ancora in bocca "Delizioso!".

    Regina fece un boccone per conto suo, innamorandosi presto del gusto, non che odiasse il cibo nella Foresta Incantata, ma era molto meglio lì.

    "Dovremo dare un hamburger a papà quando torna!" disse Roland, ora con le mani ricoperte di ketchup.

    Regina sorrise a suo figlio. "Decisamente."

    Se sarebbe mai tornato.


    Continua…
     
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    Capitolo 42 – Ora o mai più



    Si sentì bussare alla sua porta. Emma guardò l'orologio: erano le nove di sabato mattina. Completamente inaccettabile. Ma i colpi non si fermarono, così rotolò a malincuore giù dal letto e si diresse verso la porta.

    Quando l'aprì, Emma non poteva dire di essere sorpresa.

    "Cosa vuoi, Regina? È presto".

    La donna dall'altra parte della porta sembrava agitata, la sua mente in quattro luoghi diversi contemporaneamente. Le ci volle un momento per rispondere. Prese fiato, strinse i pugni e le lanciò uno sguardo diretto.

    "Sono incinta".

    Prima che Emma potesse dire qualcosa, Regina la spinse oltre ed entrò nell'appartamento.

    "Sei... Wow" Emma si accigliò, cercando di elaborare quell’informazioni. Regina si mise a camminare su e giù per il corridoio.

    "Sediamoci. Mi rendi nervosa solo a guardarti".

    Regina si sedette accanto ad Emma, lo stress la stava mangiando viva.

    "Cosa ha detto Robin quando l'ha scoperto?".

    "Io... non ho mai avuto modo di dirglielo" sospirò "È successo quando tutto stava andando a rotoli".

    "Oh" Emma disse "Beh, a che punto sei?".

    "Uhm, cinque settimane, forse? Non ne sono proprio sicura".

    "Beh, devi saperlo. Sei già stata da un dottore?".

    Regina si limitò a scuotere la testa "Non so cosa fare, Emma! Davvero, non lo so!".

    “Sono rimasta incinta dodici anni fa, ma ricordo ancora come ci si sentiva. Quindi, ecco cosa devi fare: dillo prima a Roland e Henry, poi chiama il dottor Whale e fissa un appuntamento. Sei stata male”.

    "Non proprio... Ma sono tornata solo da tre giorni".

    "Beh, ricordo quello che mi disse il mio dottore: lo stress fa davvero male al bambino".

    "Le ultime due settimane della mia vita non sono state altro che stress!" Regina sospirò, tormentandosi i capelli "Come faccio a dire a un bambino di quattro anni che sono incinta?".

    "Devi farlo” Emma scrollò le spalle "Non è che puoi nasconderlo per sempre. Regina, sarò onesta… la gravidanza è una cosa difficile. Ti senti sempre grassa, tutto ti fa incazzare e vomiti molto. Ma alla fine avrai tra le braccia un bambino, quindi in retrospettiva non è poi così male".

    "Immagino che non sembri vero" mormorò Regina "Il fatto che il bambino di Robbin sia dentro di me. La cosa, in realtà, mi fa impazzire".

    "Beh, immagina come mi sono sentita io" disse seccamente Emma "Ma davvero, Regina, starai bene. In tutta onestà, sono piuttosto gelosa di te. Hai un uomo fantastico che ti ama, Henry, beh, la metà di Henry, Roland, e ora questo bambino. A me suona tutto meraviglioso".

    Regina riuscì a fare un piccolo sorriso "Sì, ma tu non devi preoccuparti se lui sia al sicuro o no" ci pensò un attimo prima di andare avanti. "I suoi... i suoi Compagni si sono tutti rivoltati contro di lui e lo hanno consegnato a Tremotino. Lui ha cercato di giustiziarmi di fronte alla mia stessa gente e poi ci ha costretti a passare attraverso un portale – Robin mi ha anche chiesto di sposarlo. È successo tutto così in fretta..." i suoi occhi si riempirono presto di lacrime mentre le emozioni infuriavano dentro di lei. Il terrore tornò nonostante quanto avesse cercato di respingerlo.

    Emma non riusciva a credere a quello che stava sentendo. La accarezzò la schiena per cercare di confortarla.

    "Entrambi vogliono sapere cosa gli è successo... Cosa dovrei dire, starà bene davvero?".

    Non c'era una risposta, Emma non poteva dargliene una. Dirle che sarebbe andato tutto bene non l'avrebbe aiutata.

    "Mi dispiace davvero di essermi sfogata con te" disse Regina, usando le dita per asciugare le lacrime che avevano cominciato a formarsi all'angolo dei suoi occhi "Avevo solo bisogno di dirlo a qualcuno. Grazie per l'aiuto".

    Emma le rivolse un sorriso dubbioso "Sono sempre qui per aiutare mia nonna incinta".

    "Oh, dacci un taglio Swan" disse Regina, mandando gli occhi al cielo.

    "Beh, dimmi come Henry e Roland prenderanno la notizia, dovrebbe essere... interessante".

    Regina annuì "Speriamo bene, immagino”.

    Emma la seguì alla porta e gliel’aprì "Le notizie viaggiano veloci in una piccola città. La gente parla, prima o poi tutti lo scopriranno".

    Regina sospirò, sapendo che aveva ragione "Ho un po' di tempo fino ad allora".

    Non ne era così sicura. Ma Emma sorrise e la salutò, chiedendosi ancora come era possibile che la Regina Malvagia potesse rimanere incinta.

    Con riluttanza, Regina tornò a casa. Aveva lasciato che Henry facesse da babysitter a Roland per la mezz'ora in cui era stata via, nonostante quanto la rendesse nervosa lasciare il suo bambino di quattro anni con un bambino di dodici anni. Roland stava lentamente iniziando a comprendere il concetto generale del nuovo regno, ma aveva molto da imparare. Cose semplici come una stufa calda o un pavimento bagnato potevano essere pericolosi per un bambino così piccolo.

    Entrando nel vialetto, rientrò in casa. Roland fu entusiasta di rivederla, come sapeva che avrebbe fatto. Non gli piaceva davvero stare lontano da lei.

    "Cosa avete fatto voi due mentre ero via?".

    Henry scrollò le spalle "Niente di che. Gli ho dato dei cereali e poi abbiamo guardato la tv".

    Regina li osservò "Sai come la penso quando guardi troppa tv. Ci sono molte altre cose che potete fare".

    Il dodicenne lo sapeva, sperava solo che la nuova versione di sua madre fosse leggermente meno severa "Allora possiamo portarlo al parco?".

    Regina fece un respiro profondo. Ora o mai più.

    "C'è una cosa che devo dirvi prima" lei disse, guardando la sua espressione cambiare "Sediamoci".
    I suoi due figli la seguirono sul divano, sedendosi ai suoi lati.

    Guardandoli dall'alto in basso, Regina non riusciva a credere a quanto fosse difficile tirare fuori una dichiarazione così semplice. Non poteva sopportare di guardare il faccino innocente di Roland.

    "Sono... sono incinta".

    Henry corrugò immediatamente la fronte. Aveva già sentito quel termine a scuola, ma non si sarebbe mai aspettato che sua madre glielo avrebbe detto "Davvero? Stai per avere un bambino?" chiese Henry, assolutamente scioccato.

    "Bambino?" Roland si accigliò, confuso "Dov'è?".

    Regina si indicò lo stomaco.

    "Come ha fatto un bambino a entrare lì dentro?" Roland chiese incredulo, subito dopo. Sua madre si bloccò; non era pronta a rispondere a quello.

    "Uh, beh, tuo padre ed io ci amiamo così tanto... che stiamo per avere un bambino".

    Per fortuna, sembrò abbastanza per il bambino di quattro anni "Sìì!".

    "Quindi avremo un fratellino o una sorellina?" chiese Henry, ancora leggermente scioccato.

    Regina annuì, completamente sollevata di averglielo detto. La loro famiglia si stava allargando; poteva essere piccola e complicata, ma era ancora forte. Desiderava solo che Robin fosse lì.




    Si sentiva così fuori posto mentre entrava in ospedale. Non era un posto in cui era abituata ad andare, le riportò alla mente ricordi negativi di Henry quando aveva avuto la sua esperienza di pre-morte. Tutti intorno a lei sembravano preoccupati mentre si guardava intorno.

    "Regina?" arrivò la voce del dottor Whale "Volevi vedermi?".

    Immaginò che avesse contratto una sorta di malattia mentre si trovava nella Foresta Incantata: era l'unica cosa che gli era venuta in mente, dal momento che non aveva mai chiesto un appuntamento con lui.

    "Sì" iniziò lei "È... Uhm... sono incinta… Sono quasi sicura di esserlo".

    Non era più facile dirlo, anche dopo due volte.

    Regina potè vedere un lampo di sorpresa nei suoi occhi.

    "Hai fatto bene a passare. Seguimi, ti visito".

    Anche se era un bravo dottore, Regina avrebbe voluto che ci fosse più di un solo dottore a Storybrooke: sapeva che era andato a letto con Snow, rendendo l'impresa ancora più imbarazzante.

    Indicò una sedia sul lato della piccola stanza in cui erano appena entrati. Regina si sedette e lo fissò; Whale teneva in mano un portablocco e una penna.
    "Ti chiederò di rispondere ad alcune domande prima di fare la vera visita”.

    Scrollando le spalle, Regina si appoggiò allo schienale e accavallò le gambe.

    "Allora, chi è il padre? O meglio, il presunto padre?".

    Lei gli lanciò uno sguardo tagliente "Stai insinuando che non so con chi vado a letto?".

    "Regina… queste domande sono solo precauzionali".

    Poteva dire che lui era sulla difensiva sull'argomento.

    "Il suo nome è Robin, Robin Hood. Faceva parte dei pochi che non sono stati toccati dalla maledizione".

    Whale scrisse il nome in cima ad un foglio "E hai avuto qualche sintomo? Vomito, vertigini, stanchezza...".

    Regina fece una piccola risata "No, ma mio figlio sì".

    "Hai fatto un test?".

    Lei annuì lentamente, guardandolo mentre scarabocchiava altri appunti sul foglio. Dopo aver risposto ad alcune domande più invasive, Whale la portò in una stanza vicina con molte cose che non aveva mai visto prima. Le disse di sedersi su una sedia alta mentre lui iniziava a lavorare sul computer.

    "Cosa hai intenzione di farmi?" domandò cautamente Regina, guardandosi attorno.

    Girandosi, il dottor Whale fece scattare un interruttore che la abbassò in posizione sdraiata "Diamo un'occhiata al tuo bambino".

    Le disse di sollevarsi la camicia, cosa che lei fece senza entusiasmo, e le mise un gel orribilmente freddo sullo stomaco nudo.

    "Oh cavolo, è gelido!" Regina non poté fare a meno di sussultare non appena lo sentì.

    "Scusa, avrei dovuto avvertirti" disse Whale "Non ne faccio molte".

    ‘Cavolo, incoraggiante’ lei pensò tra sé.

    Lui poi fece scorrere qualcosa lungo il centro del suo stomaco "Guarda su quello schermo lì" le disse "Vediamo se riusciamo a vederlo bene".

    Fu così: l'immagine sullo schermo era scura e sfocata. Non sembrava possibile vedere i bambini prima che nascessero, ma d'altra parte non era mai stata incinta prima.

    "Ehi, Regina, credo di averlo trovato!" Whale disse dopo pochi minuti "Proprio lì, la parte bianca, proprio nel mezzo".

    Lo vide: non sembrava nemmeno un bambino, solo una minuscola massa bianca di qualche tipo.

    "È così? È il mio bambino?" Regina non riusciva a crederci, stava guardando proprio il bambino suo e di Robin.

    Il dottor Whale annuì "Sei ancora all'inizio della gravidanza, ma sembra piuttosto forte e in salute".

    Sapeva che avrebbe potuto facilmente perderlo durante il periodo in cui lei e la sua famiglia erano rimaste intrappolate. Ma non era successo. Era proprio lì. Un bambino forte davvero.


    Continua…
     
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