The Trouble with Faking It

Captain Swan ('Once Upon a Time)

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    Capitolo 14



    Si era aspettata un teso viaggio di ritorno a casa di Killian, considerando come erano andate le cose durante la giornata, con le farfalle nello stomaco mentre si sistemava sul sedile e si infilava gli occhiali da sole.

    Ma lui non era affatto teso: sorrideva, un sorriso dolce e disinvolto. La sua mano poggiata sulla sua coscia prima che fossero persino fuori dal vialetto ed Emma dovette mordersi - forte - il labbro per trattenersi dall’emettere qualsiasi suono. Gli lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio, chiedendosi cosa pensasse di fare all’inizio di un viaggio così lungo davanti a loro, ma non disse nulla. Lui si mise a canticchiare tranquillamente con la radio, una stazione che riusciva a malapena a sentire, distratta dal suo tocco.

    Lui non mosse la mano. Di tanto in tanto le sfiorava con il pollice i jeans quasi distrattamente e dovette davvero concentrarsi per non trattenere il respiro, per non cedere al suo tocco. Emma si era aspettata di salire in macchina e continuare il loro gioco. Quando lui le aveva messo la mano sulla coscia, si era aspettata di più - non che lui sorridesse e cantasse insieme alla radio.

    ’Perché era così, tutto sommesso e contento? Cosa diavolo pensavi di fare oggi? Non avresti dovuto incoraggiarlo’.

    David era stato lì con loro, vero, ma lei non avrebbe dovuto essere altrettanto affettuosa, se così si poteva dire - dovendo vendere al meglio la loro relazione. Eppure era stata più che disposta a premersi contro Killian, a lasciare che le sue dita si intrecciassero con le proprie, a sfiorargli un bacio sulla guancia, ad appoggiarsi contro di lui su quella sella.

    Non importava l'ondata di gelosia che le aveva invaso le vene per una frazione di secondo, quando aveva immaginato la loro allenatrice come una bella donna che guardava il suo Killian con desiderio.

    Quel momento in piedi fuori dalla macchina era stata la prima volta che si era permessa di pensare a lui come suo - anche se non ne aveva il diritto. Ma neanche quello era del tutto vero. Entrambi avevano rivendicato l’altro, non a parole, ma in altri modi più sottili. Lei aveva smesso di mettere i cuscini tra di loro nel letto. Lui le aveva detto che non si sarebbe scusato per i suoi sentimenti per lei e, Dio, quello era terrificante.

    ’Non avresti mai dovuto permettergli di avere questo tipo di potere su di te. Devi fare circa dieci passi indietro’.

    Si ripetè silenziosamente quelle parole in testa come un mantra. Non era acutamente consapevole della mano di Killian sulla sua gamba. Si fermò dal leccarsi le labbra al ricordo di essere stata in sella con lui, al modo in cui le sue braccia l’avevano circondata nella stalla. Se David non fosse entrato in quel momento, non sapeva cosa sarebbe successo.

    Perché non avrebbe dovuto. Ma una parte di lei voleva.

    ’Tu lo vuoi. Lui ti vuole. Non dovrebbe essere complicato. Ma è complicato. Non è solo una storia di una notte. È innamorato di te. Non puoi farlo. Significa troppo per lui’.

    Non importava cosa significasse per lei.

    I suoi pensieri la distrassero momentaneamente, ma più si avvicinano a casa, più il peso della mano sulla sua coscia diventava esasperante. Sarebbe stato così brutto, davvero, arrendersi a quella cosa fra loro?

    Ma se lo avesse fatto, cosa sarebbe successo tra sei mesi? Quella relazione aveva una data di scadenza. Lei era già abbastanza immischiata con lui, sapeva già che avrebbe fatto un male da morire andarsene.

    ’Lo faccio e poi cosa? Cosa succederà tra sei mesi? Costringerò Regina a strappare quel fottuto contratto se voglio, se mi farà credere che ho smesso da tempo di essere un pezzo d’arte da esporre’.

    Il suo pollice sfiorò di nuovo l'interno della sua coscia, strappandola alle sue preoccupazioni. Aveva già passato un'intera giornata a sudare in quei jeans e, nonostante il fresco dell'aria condizionata della macchina, il tessuto le stava aderente come un guanto. Era troppo facile lasciar vagare la sua mente mentre i km passano, pensando a cose più piacevoli rispetto a tutti i modi in cui quella fosse una cattiva idea: levarsi di dosso quei jeans, pensare a lui che si sfilava i suoi jeans.

    Era tardi quando arrivarono a casa, il sole al tramonto dipingeva il cielo sopra di loro e allungava le ombre. Pensò che allora sarebbe arrivato il momento dei commenti allusivi e del sorrisetto seducente che li avrebbe riportati in un territorio familiare, ma lui sorrise altrettanto facilmente mentre girava la chiave nella toppa.

    "Ti va una nuotata? Fa ancora abbastanza caldo" era una domanda innocente, ma i campanelli di allarme iniziarono a suonare di nuovo nella sua testa.

    L'acqua sarebbe stata indubbiamente paradisiaca, ma doveva rifiutarlo, sarebbe dovuta andare a fare una doccia fredda – dimenticandosi di quel giorno. Trovare un po' di autocontrollo. Lasciare che le cose tornassero a come erano prima.

    Ma il viso di Killian cadde alla sua esitazione, un guizzo di incertezza nei suoi occhi. Avrebbe dovuto andarsene e al diavolo la sua felicità, ma non poteva. Non poteva sopportare di deluderlo adesso.

    Se avrebbe dovuto affondare con la nave, così sarebbe stato.

    "Certo, vado a cambiarmi" forse poteva trovare un minimo di autocontrollo nel tempo necessario per trovare un costume da bagno. Forse poteva essere solo una nuotata serale come avevano fatto tante volte prima.

    "Perché preoccuparsi?" il suo luccichio spavaldo ritornò nei suoi occhi quasi istantaneamente e fu un sollievo. Quello era qualcosa di familiare. Alzò un sopracciglio verso di lei, tenendo prigioniero il suo sguardo prima di afferrare l’orlo della camicia. L'accenno di un sorriso sulle labbra, la sua lingua che scorreva sul labbro inferiore prima di tirare via il tessuto “Sicuramente, qualunque cosa tu abbia sotto andrà bene. È la nostra casa, tesoro" quelle parole le provocarono calore, una sfida e un invito tutto insieme, con quella sua voce bassa che la fece rabbrividire.

    Non aspettò la sua risposta, lasciando cadere la camicia sul pavimento prima di avviarsi alla piscina.

    Avrebbe voluto seguirlo, tracciare la curva della sua spalla con la lingua, ma c'era molto di più nelle sue parole che un palese invito. ”La nostra casa” aveva detto e l’aveva congelata sul posto, i suoi occhi sulla porta attraverso la quale era scomparso, i suoi pensieri a un milione di km di distanza. La nostra casa. La nostra piscina. Il nostro letto. L'aveva resa parte della sua vita e lo aveva fatto davvero. Era lei che continuava a trattenersi – era lei che stava ancora fingendo, anche dopo tutto quello che era successo tra loro.

    ’Cosa è successo al “non farlo”? Gli farai del male. Ti farà del male’.

    "Hai intenzione di lasciarmi qui fuori da solo?" la sua voce attraversò la casa e lei la seguì come una falena attratta dalla fiamma. Aveva bisogno di una scusa per uscirne – non poteva entrare in quella piscina con lui, perché se lo avrebbe fatto, il gioco sarebbe finito. Non avrebbe dovuto comportarsi come aveva fatto quel giorno, non avrebbe dovuto incoraggiarlo, non importava quanto dannatamente le fosse piaciuto.

    Lei non era un semplice diversivo per lui, non che lui lo fosse per lei. Era complicato e caotico e tutto quello che aveva cercato di evitare, perché non era solo la vista della sua pelle abbronzata o la vestibilità dei suoi jeans che le facevano battere il cuore. Era tutto lui, il gentile affetto e il caldo bruciante - e quello era molto più pericoloso.

    Raggiunse il patio appena in tempo per vederlo slacciarsi la cintura, spingendosi via i jeans dai fianchi, rivelando un set avvolgente di boxer-slip che lasciavano ben poco all'immaginazione. Le sue scuse morirono sulle sue labbra, i suoi occhi vagarono liberamente per ogni centimetro esposto della sua pelle. Si sentì come se conoscesse già il suo corpo, essendosi svegliata vicino a lui come prima cosa al mattino, come se le potesse mandare in fiamme il sangue con un semplice spostamento dei fianchi. Ma vederlo con la scarsa illuminazione della piscina era qualcosa di completamente diverso.

    "Sicuramente non hai intenzione di nuotare con i jeans, vero, tesoro?" aveva quel maledetto sopracciglio alzato verso di lei di nuovo e quel sorrisetto che sembrava solo un po' compiaciuto mentre catturava il suo sguardo che si trascinava su di lui. La luce del giorno stava svanendo, ma i suoi occhi erano luminosi mentre allontanava i jeans con un calcio. Era pericoloso, ma era quello che si aspettava da quando era scivolata giù dalla sella ore prima. Quello lo poteva gestire.

    Forse era perché era stata una giornata lunga e piena di prese in giro - lei aveva spinto, lui aveva tirato. Forse era perché sapeva che domani si sarebbe svegliata avvolta tra le sue braccia, qualunque cosa avessero detto o fatto quella sera. O forse era solo perché non voleva più avere paura.

    I suoi occhi si fissarono su quelli di lui, pieni di sfida mentre raggiungeva l'orlo della maglietta e la trascinava lentamente sul suo busto. Il loro contatto visivo si interruppe per il secondo che le servì per togliersela, ma poi ritornarono a guardarsi. Tenne il suo sguardo fisso, prendendosi il tempo per sbottonarsi i jeans e staccarli dalle sue cosce. Razionalizzò che stava facendo attenzione a non fare uno spettacolo più grande di quello che intendeva con il denim appiccicoso e il tessuto delicato della sua biancheria intima, ma il modo in cui lui la stava guardando non era un incentivo per affrettare il processo. Quindi, una volta che tirò via i jeans, non si mosse ancora verso la piscina. Invece, slegò i capelli dalla sua treccia, lasciando che le onde morbide cadessero lungo la sua schiena mentre li pettinava con le dita.

    Poi si avviò verso la piscina.

    Ebbe la soddisfazione di vederlo agitato mentre passava e, dandogli le spalle, si concedette un sorriso di vittoria. Non avrebbe dovuto essere una questione di vincere o perdere, per nessuno dei due - ma non era mai riuscita a lasciarlo senza parole prima d’ora.

    Lo guardò da sotto le ciglia mentre si avviava verso i gradini, una sete inestinguibile nei suoi occhi, un incoraggiamento di cui non aveva bisogno ma che assaporò lo stesso.

    L'acqua scivolò sulla sua pelle con una deliziosa freschezza mentre si immergeva, voltandosi indietro verso di lui una volta che raggiunse il fondo "Entri?" chiese, facendo un passo indietro verso le acque più profonde "È incredibile".

    "Stai giocando con il fuoco, Swan" quelle parole furono un'eco del suo basso ringhio sulla sella, un avvertimento inconfondibile anche se il ricordo la travolse con un impeto di desiderio. Lui seguì ogni passo che lei aveva fatto fino alla parte più profonda, i suoi occhi fissi su di lei come quelli di una pantera.

    "Siamo circondati dall'acqua" Emma deglutì a fatica, incapace di togliergli gli occhi di dosso. Non sapeva se fosse il risultato della loro giornata insieme, o la sua piccola bravata con i suoi vestiti, ma i suoi occhi bruciavano di una fame che la stordì con la sua intensità. Merda. Il modo in cui la stava guardando le fece venire un desiderio irrefrenabile di sentire il suo tocco e strinse i pugni sott'acqua per trattenersi dal raggiungerlo.

    "Attenta, tesoro. Anche io ho i miei limiti".

    Smise di muoversi. Si fermò anche lui, trattenendo il suo sguardo un altro lungo momento prima che andasse sott'acqua, riemergendo a pochi centimetri da lei con delle gocce sulle ciglia anche dopo aver provato ad asciugarle. Il bagliore nei suoi occhi era quasi da predatore, ma non la toccò, non fece una mossa - aspettò solo che lei bruciasse sotto il suo sguardo.

    ’Ho intenzione di dimostrarti che hai torto’.

    Il ricordo affiorò nella sua mente spontaneamente, la sua espressione seria e il tremolio della luce del fuoco sul suo viso. Era stata così certa quella notte, così sicura che persino pensare di avere una possibilità di qualsiasi cosa reale con lui era da considerarsi un errore e ora... Ora non era sicura più di niente.

    ’Non cambierà nemmeno i tuoi sentimenti per me. Lo so’.

    "Oggi è stato divertente" Emma disse la prima cosa che pensò potesse spezzare la tensione, i suoi occhi saettavano fino al punto in cui le sue mani galleggiavano sulla superficie dell'acqua, osservando le increspature prima di voltarsi verso di lui. Fu una lotta non lasciare che i suoi occhi vagassero di nuovo sulla sua pelle esposta, le dita vogliose di toccare ogni parte di lui "Grazie per avermi invitata".

    "Ti va di venire di nuovo con noi?" la sua espressione cambiò, addolcendosi, ma il desiderio era fermo lì, ribollendo nel profondo del suo sguardo.

    "Mi costringerai di nuovo a cavalcare?" fu una domanda innocente, ma i suoi occhi si scurirono ancora una volta quando il suo sguardo cadde sulle sue labbra.

    "È stato così brutto condividere la sella con me?”.

    "No" disse praticamente come un sussurro, perché era così vicino da poterla baciare, sapeva che l’avrebbe baciata, perché tutta quella giornata aveva portato a quello. Eppure lui ancora non faceva una mossa. La guardava, con la faccia piena di desiderio, ma non faceva niente.

    ’Non lo farò più senza il tuo permesso’.

    I suoi occhi caddero sulla sua bocca, il modo in cui la punta della sua lingua scivolava sul labbro inferiore. Non avrebbe dovuto farlo – se lo avesse fatto, le cose sarebbero cambiate. Un sacco. Non era per niente pronta a tutto quello, al suo sguardo con quell'emozione infinita.

    Ma era attratta da lui in modo più forte di qualsiasi ragione. Tutto quello a cui riusciva a pensare erano le sue labbra sulle sue, per un vero bacio. Lui la stava aspettando - sempre aspettando - così lei si appoggiò a lui, avvolgendo le braccia bagnate intorno alle sue spalle e premendo le sue labbra sulle sue prima che potesse cambiare idea.

    Aveva il sapore di sale e cloro e la sua risposta al bacio fu istantanea. Le sue braccia la circondarono, ancorando il suo corpo al suo mentre il bacio si approfondiva ed Emma non voleva che finisse mai. Il calore tra loro infuriò di più quando i palmi di Killian scivolarono sulla parte posteriore delle sue cosce sotto l’acqua, sollevandola fino a quando le sue gambe non scivolarono attorno ai suoi fianchi. L'acqua contrastava ferocemente con il calore del suo corpo contro di lui, la sua pelle scivolosa sotto il suo tocco.

    Il bacio successivo zittì il suo respiro affannoso, un suono sommesso di piacere in fondo alla gola mentre i fianchi si spingevano contro i suoi, il tessuto sottile che li separava non faceva nulla per nascondere ogni centimetro del suo corpo stretto contro il suo. Percepì il ringhio che ne risultò nel suo petto più di quanto lo avesse sentito, le sue dita rafforzarono la loro presa, le sue labbra divoravano le sue.

    Quella frenesia minacciò di annientarla. Quel bacio era come gli altri, venato di un disperato, divorante bisogno mentre stringeva le cosce di più intorno a lui. Ma il bisogno frenetico ebbe fine, lasciando il posto a una tenerezza sensuale che Emma non si era aspettata. Le labbra di lui lasciarono le sue, trascinandosi sul suo viso mentre la mano che premeva i suoi fianchi così strettamente contro i suoi scivolò dietro, posandosi sulla parte bassa della schiena. L’altra mano sfiorò la parte esterna della sua coscia, il suo tocco improvvisamente leggero. Trascinò le dita su per le costole, tracciando la linea del suo reggiseno mentre lei si inarcava contro di lui, desiderando molto più di quella leggera carezza.

    La sua muta supplica rimase inascoltata, la lenta tortura del suo tocco continuò con delle carezze delle sue nocche lungo la spina dorsale, finché il suo palmo non si posò di nuovo sulla parte bassa della sua schiena. L'altra mano seguì il percorso intrapreso dalle labbra: sopra la sua spalla, attraverso le sue clavicole fino al gonfiore dei seni - ma mai del tutto dove lei lo voleva.

    Non era sicura di quanto sarebbe durata, le sue labbra sulla sua pelle, una sorta di riverente adorazione del suo corpo che non capiva bene. Il fuoco non si spegneva - il suo desiderio era ancora palese tra le cosce - ma lui era più gentile, i baci più lenti anche quando lei si spingeva contro di lui, implorando la frenesia di ritornare.

    Non riusciva a pensare quando la baciava come se avesse possederla, quando non tratteneva nulla e le riempiva ogni pensiero con lo scivolare della sua pelle, il raschiare della sua barba contro le sue guance, il velluto della sua lingua sulla sua. Ma quando lui era così, quando ogni bacio era una promessa silenziosa che lei non gli aveva mai chiesto di fare, troppi dannati pensieri la invadevano.

    Quello non era sorridere e osare, spingere e tirare - quello non erano i sorrisi diabolici e gli occhi che danzavano con malizia. Quello era qualcosa di completamente diverso, qualcosa a cui lui aveva già dato un nome e che lei non voleva sentire.

    "Emma..." Killian sospirò il suo nome, ma non era pieno di calore quanto di tenerezza. Emma avrebbe dovuto fermarsi - quello non era affatto ciò che aveva avuto in mente - ma ora che aveva avuto un assaggio di lui, ne voleva di più.

    Affondando le unghie nelle sue spalle, usò quella leva per avvicinarsi, disperata di recuperare il calore bruciante. Per un momento, Killian esaudì il suo desiderio. Erano finiti ai margini della piscina, la schiena contro il bordo liscio di cemento, il petto di lui stretto contro il proprio. Si appoggiò contro i suoi fianchi e lei zittì il gemito basso di lui con un altro bacio ardente. Il tempo finì di esistere nell'inferno del suo tocco – potevano essere passati secondi o minuti prima che lui si tirasse indietro. Entrambi ansimanti, ma lei voleva molto di più ancora una volta.

    I suoi occhi catturarono i suoi, intensi ma pensierosi. Si appoggiò indietro e lei si aspettò che continuasse il suo assalto, portandola su una delle sdraio in un attimo, ma i suoi palmi scivolarono lungo il suo viso, dita che raggiunsero i suoi capelli mentre la baciava dolcemente "Emma, io...".

    Le parole erano intense e, quando lei lo guardò, non era solo lussuria che trovò. Avrebbe dovuto saperlo – lui non voleva solo il suo corpo, lì, in quella piscina. Voleva molto di più di quanto lei fosse disposta a dargli. Voleva, ma era ancora terrorizzata. I sentimenti che il bacio aveva esposto - i suoi, quelli di lui – avevano il potere di distruggerla. Lo aveva saputo tutto il giorno, li aveva ignorati - forse stupidamente - quando era entrata in piscina con lui. Ma il modo in cui aveva sussurrato il suo nome, il modo in cui ogni suo tocco si era trasformato in una dolce carezza, aveva solo rafforzato la posta in gioco.

    Per entrambi.

    "Non posso...".

    "Capisco. Ti chiedo scusa, non avrei dovuto..." lasciò immediatamente la presa e lei vide il dolore nei suoi occhi prima che la finestra nelle sue emozioni si chiudesse sbattendo, la sua espressione accuratamente vuota mentre si rendeva conto del suo errore.

    "No! Non posso... Volevo dire che..." lei lo raggiunse di nuovo, premendo un bacio urgente sulle sue labbra, le sue dita si trascinarono tra i capelli corti della sua nuca mentre le sue mani si posavano sul bordo della piscina all’altezza dei suoi fianchi, il bacio gli provocò un basso gemito, forse di piacere o di dolore.

    "Non posso darti più di questo, adesso" Emma sussurrò mentre interrompeva il bacio, il palmo della sua mano sulla sua guancia mentre il suo pollice sfiorava le sue labbra scure. Prese un respiro tremante, sforzandosi di calmare il suo cuore in corsa. Ora che era successo, non si poteva negare quanto lei lo volesse - e forse avrebbe dovuto tracciare una linea ferma sulla sabbia a una ventina di passi da dove si trovavano ora, ma non poteva "Io... lo facciamo e... io... tu mi terrorizzi ancora".

    Non era una gran spiegazione, ma era il meglio che poteva fare. Tenne le mani su di lui, pregandolo di capire. Il fuoco poteva gestirlo - c'era stato un incendio tra di loro sin dalla prima volta che erano entrati in quella piscina insieme. Ma quando rallentava, quando la toccava con piacere, come se fosse preziosa, ogni insicurezza e dubbio ritornava di corsa. Poteva sopportare il loro gioco al ranch, ma quello, Emma aveva giurato di non farlo mai più.

    Killian poteva essere l'uomo per cambiare quella situazione. Aveva solo bisogno di essere sicura, perché lo era già di una cosa: non ci sarebbe stato biglietto di ritorno.
    Le sue labbra si arricciarono in un sorriso gentile, lontano dall'esasperazione che lei si aspettava.

    "Abbiamo tutto il tempo del mondo, tesoro. Capisco che tu non abbia..." si accigliò, un'ombra di rabbia nei suoi occhi, ma se ne andò velocemente mentre tracciava la linea della sua guancia con un dito "Non sia stata trattata come meritavi. Ma, ti prego, non usarla come scusa per dormire in quella dannata stanza degli ospiti. Resta nel nostro letto. Con me" il suo pollice sfiorò il suo fianco sotto l'acqua, un tocco rassicurante anche mentre lui le prendeva il viso con l'altra mano, gli occhi pieni di speranza.

    "È una buona idea?".

    Lui ridacchiò, scuotendo la testa e strofinando le labbra contro il suo collo "Sono in grado di essere un gentiluomo, tesoro. E paziente. Non preoccuparti se ho delle aspettative che devi soddisfare. Baciarti..." si interruppe, avvicinandosi lentamente, dandole il tempo di respingerlo prima che le sue labbra toccassero le sue nel più morbido dei baci "Non mi stancherò mai di baciarti" si fece indietro, un luccichio da presa in giro negli occhi "Ma, per favore, smettila con i cuscini, se non ti dispiace. Mi piace svegliarmi con te tra le braccia".

    "Anche a me... piace quella parte" non sapeva perché si sentisse così timida all'improvviso. Erano ancora premuti insieme con solo la loro biancheria intima inzuppata e non era come se quel tessuto sottile lasciasse molto all'immaginazione. Condividevano un letto da mesi, svegliandosi aggrovigliati. Ma quel giorno, quella notte, si stavano spostando le cose tra di loro fino a un punto dove lei non sarebbe più stata in grado di trattenere nulla di sé davanti a lui, non importava quanto fortemente ci provasse.

    Aveva paura di non volerlo fare - e c'era così tanto in lei che poteva mandarlo via di corsa.

    Killian la baciò ancora una volta, un bacio dolce, prima di indietreggiare, il palmo della mano riluttante a lasciare la sua coscia mentre le faceva abbassare le gambe "Forse dovremmo occuparci di altri appetiti. Dovremmo pensare alla cena?".

    Lei annuì, grata per la tregua dalla tensione amplificata tra di loro, e si diresse verso le scale.

    ’Come diavolo... Cosa cavolo ho fatto?’.

    Allontanò quel pensiero, allungando la mano verso un asciugamano da avvolgersi. Qualunque fosse stato il confine attraversato, non si poteva tornare indietro adesso.

    Killian rimase in piscina, lottando per calmare il suo respiro e il suo corpo. Aveva bisogno di un po' di più di alcuni momenti nell'acqua fresca prima di affrontarla in indumenti intimi fradici che non nascondevano nulla. Poteva anche essere innamorato di lei, ma aveva passato mesi a desiderarla - non che quei mesi potessero essere paragonati a una Emma Swan desiderosa tra le sue braccia. In quel momento, il suo corpo era più rumoroso del suo cuore.

    Il senso di colpa lo tormentò mentre lei prendeva un asciugamano, gocce d'acqua che le gocciolavano sulle curve. Non aveva appena detto a David che lei non era pronta per quello? Cosa lo aveva indotto a suggerirle di entrare in piscina in biancheria intima?

    Non avrebbe dovuto sfidarla: era troppo preso dal loro gioco del gatto e del topo. Non aveva davvero pensato che Emma sarebbe stata d'accordo. Forse avrebbe dovuto fare marcia indietro, allora, mandarla dentro per indossare un costume da bagno, ma quando si era tolta la maglietta, i suoi occhi scintillanti, si era ritrovato impotente nelle sue mani.

    Quel bacio... Quel bacio era stato tutto ciò che aveva desiderato. Le gambe di Emma attorno ai suoi fianchi, il calore del suo corpo che accoglieva il suo. Si era lasciato trasportare, si era lasciato baciare come aveva voluto per mesi. Sì, alla fine aveva frenato tutto, era riuscito a controllare i suoi desideri di trattarla correttamente, per prendersi il suo tempo, ma lo sguardo nei suoi occhi quando aveva detto che non potevano era l'unica prova di cui lui aveva bisogno per fermarsi.

    Le conseguenze avrebbero dovuto essere imbarazzanti, ma non fu così. Si trascinò dietro di lei per andare in camera da letto, deglutendo a fatica alla vista delle sue gambe magre. Poteva abituarsi a quello – sia alle nuotate serali in piscina che alla preparazione della cena insieme - forse un giorno… presto… dove le notti sarebbero finite con loro a letto. Non voleva una cosa senza l’altra, non con Emma - ma convincerla della sua intenzione di rimanere al suo fianco finchè non si sarebbe convinta avrebbe richiesto un po' di lavoro.

    Se aveva imparato qualcosa su Emma in quei mesi, era che il suo cuore era tenero e generoso - e lo custodiva ferocemente. Era più libera con i suoi desideri, perché quelli non significavano poi così tanto. Aveva praticamente potuto sentire il panico nei suoi baci quando aveva rallentato le cose, la sua urgenza di perdersi nel momento.

    Le spalle di Emma tremarono per il freddo mentre entravano in camera da letto e lei si strinse di più l'asciugamano intorno al suo corpo. Avrebbe voluto andare da lei, avvolgerla tra le sue braccia e tirarla sotto l'acqua calda con lui, ma ora non era il momento per quello.

    "Prendo le mie cose e vado a fare la doccia in uno dei bagni degli ospiti. Si sta gelando qui" l'offerta di mettere una certa distanza tra loro era tanto a beneficio di lei quanto suo.

    Istintivamente, sapeva che lei aveva bisogno di spazio per elaborare ciò che era accaduto tra di loro. E lui aveva bisogno di un altro maledetto minuto.

    "Killian, non devi... Posso andare...".

    "Non sarebbe molto da gentiluomo, no?" la interruppe, incapace di resistere al bacio che le lasciò sulla guancia mentre la superava. Fu una piccola vittoria che lei non si irrigidì quando lo fece.

    Quando riemerse dal bagno, shampoo in mano, Emma stava fissando il muro con un'espressione illeggibile sul viso. La sua presenza sembrò farla scattare e gli sorrise prima che lui se ne andasse.

    Quando la porta si chiuse dietro di lui, Killian lasciò uscire un sospiro che non sapeva di star trattenendo. Erano passati solo cinque minuti da quando erano usciti dalla piscina, eppure poteva ancora sentire la sua pelle contro la propria. Aprì la doccia con l’acqua fredda finchè potè sopportarla, perché il bacio di Emma era un passo nella giusta direzione - alla fine, ma lui voleva molto di più di quanto lei fosse pronta a dargli.

    Nell'istante in cui l'acqua gli toccò la pelle, l'aria lasciò i suoi polmoni con un sussulto. Realizzò il suo obiettivo - non riusciva a pensare ad altro che a quanto fosse fredda l'acqua. Ma non poteva competere col giorno che avevano passato - il fuoco che bruciava nelle sue vene non sarebbe stato spento da niente tranne che da lei. Tremò, questa volta non per la temperatura, ma per il solo pensiero delle sue delicate dita che si piegavano intorno alle sue spalle nella piscina, come sarebbe stato se lei le avesse strette altrove…

    Non era una decisione quanto un bisogno disperato che prese il sopravvento. Alla fine, girò il rubinetto sull’acqua calda, cedendo al calore che bruciava nel suo basso ventre mentre faceva scivolare una mano verso il basso. L'acqua inghiottì i suoi gemiti, i suoi occhi si chiusero mentre lasciava che la sua immaginazione si rivelasse. Non era la prima volta che ricorreva a quel tipo di sollievo - davvero, non sapeva perché si preoccupasse persino dell'acqua fredda, una parte di lui sapeva che era lì che sarebbe finito sin dall’inizio.

    Non si era mai dato il permesso di abbandonarsi completamente alla fantasia fino a quella sera, sempre dolorosamente consapevole della distanza di Emma. L'attrito del corpo di lei contro il suo era abbastanza facile da ricreare - l'aveva fatto pochi minuti prima. Ma quel giorno i suoi pensieri vagarono per il corridoio, fino alla loro camera da letto - ad Emma.

    Non più solo in una delle docce degli ospiti, ma con lei, gli occhi color smeraldo pieni di malizia e lussuria mentre la raggiungeva. Si prese il suo tempo, baciandole il collo e godendosi i bassi gemiti che le sue attenzioni le facevano uscire dalle labbra. La temperatura dell'acqua l’avrebbe dovuta mantenere al caldo, ma sentiva la pelle d'oca sotto la punta delle dita mentre si spostava più in basso, il suo nome un gemito mentre si allungava tra le sue cosce, riportando le sue labbra sulle sue mentre la stuzzicava.

    Le gambe di Emma sembrarono tremare mentre si allungava per chiudere l'acqua, la parola “letto” una supplica senza fiato e lui fu anche troppo felice di accontentarla. Le sue gambe si avvolsero attorno alla sua vita mentre lui la sollevava, incontrando il calore scivoloso della sua eccitazione in una tortuosa presa. Una semplice inclinazione dei suoi fianchi lo avrebbe seppellito dentro di lei, ma non era ancora il momento.

    La distese sul letto, riprendendo la sua esplorazione del suo corpo, catalogando ogni sospiro e gemito per riferimento futuro. L'immagine di Emma, gli occhi chiusi e la schiena inarcata, le dita chiuse a pugno sulle lenzuola, gli bastò quasi per cedere, ma aspettò, spingendola sempre più in là finché lei non si sciolse sotto la sua lingua.

    Quasi pronto a scoppiare, le premette baci gentili lungo lo stomaco mentre la ascoltava ansimare con un sorrisetto soddisfatto, la sua lingua che assaporava il sale del suo sudore. Solo allora si spinse in avanti, il suo corpo accolse il suo con entusiasmo mentre lui imprecava per il puro piacere di farlo.

    Il suo respiro si fece affannato mentre la forza della sua eccitazione si abbatteva su di lui, la piastrella fredda sotto la sua pelle surriscaldata "Maledizione…" borbottò tra sé mentre tornava sotto il getto dell’acqua, una mano appoggiata al muro per mantenersi saldo. Se una semplice fantasia di Emma poteva avere quell’effetto su di lui, come sarebbe stato quando finalmente l’avrebbe avuta nel loro letto?

    No, no, non poteva immaginarlo. Non adesso. O non avrebbe mai lasciato quella doccia.

    Quando uscì, lei era in cucina. Aveva rubato di nuovo una delle sue camicie, le maniche arrotolate fino ai gomiti. Killian rimase sulla soglia per un minuto, guardandola mentre lei fissava il frigorifero aperto. Non era la prima volta che Emma sceglieva di vestirsi con i suoi vestiti, ma c'era qualcosa di diverso nel vederla quel giorno, qualcosa che gli fece venire voglia di sospirare di felicità.

    I suoi capelli umidi le scendevano lungo la schiena, non si era truccata e il suo viso era puro, i lineamenti ben visibili ed era comunque da togliere il fiato. Non importava di quanto tempo avesse bisogno, quel giorno aveva chiarito una cosa: lui apparteneva ad Emma. Corpo, cuore e anima, tutto dipendeva dal fatto che lei fosse disposta ad accettarlo o meno.

    Si avvicinò alle sue spalle, tirandola contro il suo petto e premendole un bacio sul collo. Non si era messo una maglietta, ma la tenne comunque stretta mentre si chinava per parlarle nell'orecchio, il suo respiro a solleticarle la pelle sensibile.

    "Di cosa hai voglia, tesoro?" era un commento allusivo dal modo in cui lasciò che le sue dita si trascinassero lungo i suoi fianchi, ma quando Emma si girò tra le sue braccia, lui la guardò innocentemente "Per cena, Emma. Smettila di pensare non col tuo cervello”.

    La fece ridere e lasciò che lo sportello si chiudesse dietro di lei "Voglio solo del cibo cinese" Emma ammise, scrollando le spalle "E non c'è cibo cinese nel frigorifero, quindi non importa quanto a lungo ci guarderò dentro, non c'è niente lì dentro che voglio".

    Killian sorrise, prendendo il telefono sul bancone "Allora ordiniamo cibo cinese. Cosa vuoi?".

    "Non ho già interrotto il tuo programma di allenamento cinematografico con tutti i miei dolci?".

    Lui alzò le spalle "Vuol dire che domani correrò qualche chilometro in più. Possiamo andare insieme, se vuoi..." fu l’incertezza nella sua voce che la fece avvicinare, avvolgendo le braccia intorno al suo collo e premendo le sue labbra dolcemente sulle sue. Era stata lei a farlo – gli aveva fatto dubitare che lo volesse e doveva trovare un modo per dimostrargli che il desiderio non era mai stato un problema. C’erano così tante cose per le quali non era pronta quando si trattava di Killian, ma un po' di affetto… quello poteva darglielo.

    Il sorriso felice che le mostrò quando si tirò indietro era tutta la prova di cui aveva bisogno di aver fatto centro. Aspettò che il panico la raggiungesse per quel suo comportamento, ma non arrivò. Era esausta di quelle montagne russe di emozioni per tutto il giorno e finalmente tutto sembrava giusto. Era difficile capire esattamente dove fosse avvenuto il cambiamento: la dimostrazione di emozione di Killian l'aveva terrorizzata quel pomeriggio, ma ogni parola che le aveva detto in piscina era suonata vera.

    Era disposto ad aspettare - e non aveva intenzione di tenerle il muso per questo.




    Fu una serata tranquilla, che la lasciò al caldo e al sicuro tra le sue braccia, anche se si presero in giro a vicenda e mangiarono da scatole di cartone con bacchette di plastica economiche. Emma non si preoccupò. Era bello stare rilassata con lui, non preoccupandosi se ogni sua mossa gli desse un'impressione sbagliata, se i suoi occhi vagavano sul suo corpo con uno sguardo troppo audace. Si appoggiò a lui, si godette il suo cibo e guardarono un film, uno dei pezzi più vecchi di David con un sacco di combattimenti con la spada e passeggiate a cavallo. Lui disse che era per ricerca. Disse anche che era la sua opportunità per prendere in giro il suo amico ed era sicura che lo avrebbe fatto con giustezza.

    "Come va, a proposito?" chiese mentre un altro round di combattimento terminava sullo schermo, tagliando via un pretendente della storia "So che mi hai detto che Regina ci stava lavorando, ma io..." fece spallucce, lasciando cadere la frase. Non aveva mai chiesto. Non aveva voluto sapere, sembrando interessata a lui.

    Ma adesso voleva sapere.

    "Ha avuto un sacco di incontri. Dice che le cose sono promettenti e i produttori sembra che si stiano convincendo. Non è ancora completamente un sì, quindi non vogliono ancora impegnarsi definitivamente. Dave è sicuro, ma io..." si interruppe, senza preoccuparsi di finire la frase "Beh, sai cosa si dice sulla preparazione e tutto il resto...".

    "Sembravi molto preparato in quel ranch, oggi" le parole uscirono più senza fiato di quanto avesse inteso e si spostò finché non si trovarono uno di fronte all'altra, le sue labbra vicine alle sue.

    "Ah, quindi mi trovi un esperto..." si fermò, un sopracciglio sollevato in segno di suggerimento "Cavaliere?".

    Se qualcun altro glielo avrebbe detto, lei avrebbe riso, il modo in cui la sua voce aveva indugiato sull'ultima parola con un bagliore malvagio negli occhi nonostante il suo ghigno canzonatorio. Aveva promesso di aspettare e quelle parole erano state dette con leggerezza - ma le aveva fatto comunque venire un brivido lungo la schiena vedere il calore nel suo sguardo.

    Fu anche troppo facile arrampicarsi sulle sue ginocchia, spingerlo contro il divano e abbassare le sue labbra sulle sue, dimenticandosi del film. Solo perché non era ancora pronta per l'intimità del sesso, non significava che non fremeva dinanzi al soffice gemito che riusciva a strappargli mentre la sua lingua assaggiava la pelle sensibile lungo la sua gola.

    La lasciò condurre per un po', una mano tra i capelli, facendo scivolare le dita dell'altra sotto la felpa spessa sulla schiena. Sapeva che avrebbero dovuto smetterla, sapeva che stava diventando qualcosa di più e più difficile non spingere i suoi fianchi contro i suoi e lei disse a se stessa che doveva tirarsi indietro, ma lui la stava già spostando, sollevandola e poi abbassandola, sistemando il suo peso su di lei. Un'ondata di lussuria si abbattè su di lei, le sue dita si aggrovigliarono nei suoi capelli mentre i suoi occhi si chiusero per il piacere, cedendo all'impulso di muoversi contro di lui.

    Killian spezzò il bacio con un gemito sommesso, ma la protesta di Emma morì sulle sue labbra mentre lui la calmava con uno sguardo acceso. Le sollevò la felpa abbastanza da baciarle il ventre piatto, la sua mano ad accarezzarle la coscia. Ogni centimetro della sua pelle era vivo, i fulmini le correvano nelle vene mentre la sua lingua si trascinava sulla sua pelle. Quasi cedette in quel momento, al diavolo le conseguenze, ma poi lui trovò un punto sensibile, la barba della sua mascella la fece scoppiare a ridere.

    La sua risata spezzò l'intensità, ma lui le sorrise "Dovremmo..." disse rocamente e lei notò il modo in cui si mantenne su di lei, attento a evitare che i suoi fianchi si toccassero.

    "Fermarci" Emma concordò, i suoi occhi ancora fissi sui suoi "Prima di non poterlo più fare”.

    "Giusto".

    "Io, ehm... metto via il cibo" fece un cenno ai contenitori sul tavolino da caffè, arrossendo mentre si sedeva e lui l'aiuta ad alzarsi.

    La lasciò andare, perché, dannazione, gli ci voleva un minuto per calmarsi. Dormire accanto a lei era sempre stata una tortura, ma quello, quello sarebbe stato un’agonia. Non aveva mai voluto una donna così ferocemente nella sua vita e di avere il suo corpo morbido sotto il proprio, di farle gemere il suo nome in un sussurro, mettendo alla prova la sua determinazione come nient'altro.

    Era una fortuna che avesse allentato la tensione nel suo corpo prima della doccia, senza quello, non era sicuro che avrebbe mantenuto una dannata presenza mentale per tenere a bada le cose. Ma doveva trovare un modo per affrontarlo, perché non avrebbe rovinato tutto perché non era in grado di controllarsi. Potevano esserci molte docce nel suo futuro, ma ne sarebbe valsa la pena. Quindi si risistemò sul divano, costringe la sua mente a evocare qualcosa di ridicolo – David vestito come una drag queen, interpretando una ridicola principessa - e riuscì a essere quasi rilassato quando lei ritornò, un sorriso nervoso sulle labbra.

    Non si sedette subito, spostando il peso da un piede all'altro "Mi dispiace, non volevo…".

    "Non scusarti mai per avermi baciato, tesoro" le prese la mano e la attirò in un caldo abbraccio. Le premette delicatamente un bacio sui capelli, il sollievo lo inondò quando lei gli permise di tenerla stretta.

    "Solo... non voglio che ti senta come ho detto... e poi...".

    "Emma" lei alzò lo sguardo dal punto in cui avevano intrecciato le dita e lui potè vedere la sorpresa nei suoi occhi - come se si aspettasse frustrazione, proprio come aveva fatto in piscina prima. E lui ce l'aveva – oh se ce l'aveva - ma stava cercando di controllarsi e si concentrò sulla sua preoccupazione mentre la guardava negli occhi "Non ho intenzione di rinunciare a baciarti solo perché non sei pronta per qualcosa di più. Mi piace baciarti, anche se è tutto quello che puoi darmi in questo momento. Dicevo davvero quando ho detto che abbiamo tutto il tempo del mondo".

    La tensione svanì dalle sue spalle, la sua espressione si addolcì e lui se ne rese conto con un gesto di sollievo. In qualche modo, gli aveva creduto.



    Continua…
     
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    Capitolo 15



    Non lo dissero a Regina.

    "Non sono affari suoi" rispose Killian quasi ferocemente quando lei chiese, rannicchiata contro il suo fianco su una sedia a sdraio accanto al fuoco. Era una notte fresca, le loro gambe aggrovigliate sotto una coperta e, finché non aveva aperto bocca, pacifica.

    "Sei sicuro?".

    "Non sono mai stato più sicuro di niente nella mia vita di quanto lo sia di te, Emma" la luce del fuoco faceva brillare i suoi occhi, braci ardenti che potevano vedere fin dentro la sua anima "L'opinione di Regina su questo argomento non ha importanza. Ciò che vedrebbe, non cambierebbe le cose e quindi non c'è motivo per darle l'opportunità di farti arrabbiare".

    Emma annuì, felice quando le sue braccia si strinsero intorno a lei. Le sue dita tra i capelli, calmandola e facendola quasi addormentare con la guancia contro il suo petto. La sua protesta quando lui la portò a letto venne fatta senza entusiasmo: lei preferiva addormentarsi con il calore della sua pelle nuda sotto il palmo della mano.

    Quell’uomo rinunciava a una maglietta ogni dannata volta che poteva. Emma non si lamentava, non lo avrebbe mai fatto della vista della pelle esposta di lui, ma di certo non stava aiutando col suo autocontrollo già precario.

    La cosa venne confermata quando un'altra serata tranquilla nel cortile sul retro si trasformò rapidamente in un groviglio di arti stesi su una delle sedie del patio. Killian si era perso nel momento tanto quanto lei, il minimo accenno di movimento dei suoi fianchi contro quelli di lei ed entrambi sussultarono - finché all'improvviso non si allontanarono, gli occhi selvaggi mentre lui si tirava indietro per inginocchiarsi tra le sue gambe, le mani strette sulle sue cosce.

    "Qualcosa non va?" Emma chiese.

    "Mi serve solo un momento" rispose, muovendosi sul posto, gli occhi di lei seguirono il movimento, l’evidente strettezza dei suoi jeans "Sarai la mia morte, tesoro".

    Non sapeva come riuscivano a fermarsi, come lui la ri-accogliesse in un caldo abbraccio invece di farla sua proprio lì nel patio, ma la verità era che conosceva abbastanza bene Killian per sapere che non l'avrebbe mai fatta sua su una sedia a sdraio nel cortile sul retro. Non la loro prima volta insieme. No, avrebbe insistito per portarla a letto come un vero gentiluomo.

    Ed era proprio per quello che non era del tutto pronta. Killian non era l'uomo che confessava il suo amore solo dopo aver fatto sesso sul sedile posteriore di una macchina. Era coinvolto nella loro storia da molto tempo e quando si trattava del lato fisico della loro relazione, non si trattava solo di piacere sotto le lenzuola. Quell'uomo portava una tale emozione già solo nei suoi baci che quando avrebbero fatto quell'ultimo passo oltre il limite, non avrebbe riguardato solo tutte le cose deliziose che avrebbe fatto con le sue mani e la sua lingua – avrebbe riguardato anche quello sguardo che aveva negli occhi quando pensava che non lo stesse guardando.

    Non era mai stato così prima, con nessuno degli uomini con cui Emma fosse mai stata in un modo o un altro - un solo suo sguardo le faceva divampare un desiderio incandescente nelle vene. Una volta che l’aveva toccata, una volta che avevano iniziato a baciarsi, ogni pensiero razionale le abbandonava la mente. Era una lotta continua ricordarsi perché gli avesse detto che voleva aspettare - perché voleva davvero aspettare.

    Sembrava solo che non stessero davvero insieme quando la loro relazione fisica equivaleva a una cosa che sembrava poco più da adolescenti che pomiciavano sul divano. Stare insieme avrebbe dovuto significare che Killian non doveva trattenersi, non doveva ingoiare le parole che lei poteva quasi vedere sulla punta della sua lingua alcuni giorni. Eppure, per lei, per stare con lui, per abbandonarsi veramente, doveva farlo entrare - e questo significava rivelare i suoi segreti.

    Richiedeva anche che lei desse un nome alla stretta al petto che aveva provato quando Regina le aveva mostrato delle foto di loro due sul tappeto rosso di un evento della settimana precedente, soddisfatta della loro performance. In una foto, Emma sorrideva a favore di telecamera, ma Killian... Killian aveva occhi solo per lei. Non aveva mai esattamente dubitato delle sue parole dette quelle notti prima, ma vederle catturate su una foto era un'altra questione.

    Nessun uomo l'aveva mai guardata in quel modo - eppure, in un'altra foto, un'espressione identica era sul suo viso mentre era lui a fissare la telecamera. Quella stessa dannata morbidezza nei suoi occhi mentre tracciava il contorno della sua guancia. Nella debole luce dell'alba che si avvicinava, i polpastrelli delle sue dita si mossero lungo la morbida pelle mentre gli sfiorava la barba ruvida lungo la mascella. Lui stava ancora dormendo, il viso rilassato e il respiro regolare. Assaporava quei momenti, la quiete del mattino che li avvolgeva prima degli impegni giornalieri.

    Si avvicinò, aveva bisogno di più di lui, per baciarlo lungo la spalla e assaporare la pelle delicata sopra le sue clavicole. Quel movimento cancellò quel poco spazio che li separava, la gamba di lui in mezzo a quelle di lei era ora accoccolata in un modo delizioso. Ma non era niente in confronto al suo corpo stretto contro il suo fianco. Se si fosse spostata solo un po' più in alto...

    Il suo respiro si fermò mentre lui si muoveva nel sonno, fornendo l'attrito che Emma desiderava ardentemente. Avrebbe dovuto fermarsi, lasciarlo dormire, ma la sua pelle era vellutata sotto i suoi polpastrelli mentre tracciava un disegno invisibile che ripetè con la lingua. Sospirando, la sua mano scivolò lungo il suo fianco, il fiato corto per il desiderio opprimente di toccarlo, consumandola. Si era fermata la sera prima, ma quella mattina, tutto quello a cui riusciva a pensare era riprendere da dove si erano interrotti.

    Le dita di Killian le circondarono il polso appena prima che lei raggiungesse il bersaglio desiderato "Emma..." disse con voce roca, quasi strangolata mentre le impediva di abbassare oltre la mano "Tesoro… Cosa…".

    Rivolse lo sguardo verso di lui, aspettandosi di trovare occhi colmi di sonno data la bassezza della sua voce, ma lo trovò vigile e che la guardava attentamente "Io... mi sono svegliata e..." le mancarono le parole, quindi inclinò la testa indietro, le labbra che trovarono le sue in un bacio che la fece premere contro di lui, la sua maglia leggera che le faceva sentire il calore della sua pelle "Mi sono svegliata e volevo... Avevo bisogno di toccarti" riuscì finalmente a dire quando si divisero, passandogli le dita tra i capelli nel mentre. Voleva la stessa cosa dell’ultima notte, voleva di più prima che il monumentale autocontrollo di Killian prendesse il sopravvento.

    "Sembra che tu lo stia facendo proprio ora" Killian disse neutralmente, ma lei lo conosceva abbastanza bene per sentire la tensione nel suo corpo - e se quello non bastasse, c’era la crescente durezza contro il suo fianco - e il suo tono lussurioso appena trattenuto.

    "Killian, io voglio..." si fermò, tutto il suo corpo in fiamme mentre lui riuniva di nuovo le loro labbra, ogni piccolo movimento alimentava le fiamme nelle sue vene.

    "Dillo e farò tutto quello che vuoi" Killian disse quasi ringhiando, la sua mano lasciò la schiena e scivolò lungo la sua vita, risalendo la canottiera per sfiorare con le sue dita lungo la curva dei suoi fianchi "Qualsiasi cosa, tesoro" sussurrò, la sua voce piena di accese promesse e lei non avrebbe dovuto dire niente. Avrebbe dovuto fermarsi, alzarsi dal letto e fare una doccia.

    "Voglio la stessa cosa che volevo la scorsa notte" disse invece, gli occhi che fissarono il suo involontario rossore delle sue guance "Ti prego, Killian. Posso toccarti?" la sua mano sul suo petto scivolò più in basso e i suoi occhi si incupirono mentre lei poneva la sua domanda senza fiato.

    Lui deglutì a vuoto e lei pensò per un momento che stesse per rifiutarla, il conflitto evidente nei suoi gli occhi prima che si chiudessero e annuisse "Ok" Killian mormorò, il suo palmo si posò sulla parte bassa della sua schiena ancora una volta.

    Lei sorrise, la sua voce le inviò un brivido di eccitazione lungo la schiena. Spinse delicatamente contro la sua spalla finché lui non si sdraiò sulla schiena, mise una gamba sopra la sua mentre si alzava su un gomito. Quel movimento gli fece scivolare via la mano dalla schiena, l'altra aggrovigliata tra i suoi capelli. Il suo sguardo cadde sulle sue labbra mentre si chinava per baciarlo di nuovo, i suoi occhi più scuri.

    Lui le palpeggiò il seno, la maglia sottile che non faceva nulla per attenuare la sensazione del suo pollice che sfiorava il capezzolo.

    Il bacio inghiottì il suo gemito, ma Killian dovette sentirlo bene e applicò più pressione. La sua mano si avvolse intorno al suo polso, tirandolo delicatamente. Ci fu confusione nei suoi occhi mentre guidava la sua mano sul suo fianco.

    "Tocca a me" le sue parole suonarono decise e mantenne il suo sguardo, leccandosi il labbro inferiore per il desiderio.

    "Cazzo" lui imprecò, le sue dita strinsero il lenzuolo mentre prendeva fiato. La mano tra i suoi capelli si abbassò, sistemandosi tra le scapole in un tacito compromesso.

    Emma guardò il suo viso mentre la sua mano si abbassava sui muscoli tesi. I suoi occhi concentrati interamente su di lei, ma nel momento in cui raggiunse il suo obiettivo, si chiusero di scatto, facendolo respirare a fatica.

    Il suo primo tocco fu solo uno sfregamento attraverso i pantaloni sottili che indossava a letto. Il tessuto faceva poco per diminuire il calore della sua pelle e si lasciò andare a una serie di imprecazioni mentre le sue dita diventavano più sicure e abili. La mano tra le sue scapole si strinse in un pugno prima di rilassarsi in una presa sciolta sulla sua spalla con uno sforzo evidente.

    Emma non era sicura di cosa fosse più eccitante: il piacere sul suo viso o il basso gemito che il suo tocco riusciva a provocargli. Ma non era sufficiente toccarlo in quel modo: non era quello che voleva.

    Le sue dita si fecero largo verso il bordo dei suoi pantaloni, ma Killian la fermò prima che potesse far scivolare la mano sotto il tessuto. I suoi occhi si aprirono di scatto, togliendole il fiato per la fame cruda che vide.

    "Emma, tesoro, non posso... se tu... sei veramente pronta a..." si fermò, la mascella che si strinse mentre combatteva visibilmente per mantenere il controllo "Temo che il tocco della tua pelle in quella particolare zona ci spedirà lungo un sentiero per cui potresti non essere pronta".

    Non le interessava.

    Ma esitò comunque, la presa di lui si strinse sul suo polso mentre avvicinava la sua mano alle labbra. Nonostante lei emise un basso gemito di protesta, nonostante il suo tentativo di assicurargli che sì, era pronta a donarsi a lui, tutto quello che fece fu baciarle dolcemente le dita.

    "Hai esitato, tesoro. Non lo faremo..." i suoi occhi si addolcirono, l'altra mano si mosse per spostarle i capelli dagli occhi, il pollice che le accarezzava la guancia arrossata "Quando sarai pronta, non tratterrò nulla" la tirò più vicino, sfiorandole le labbra con un bacio appena accennato, gentile nonostante la tensione che poteva sentire sul suo corpo.

    La sua espressione cambiò mentre si dividevano, il familiare ghigno canzonatorio sulle labbra di lui "Penso che andrò a farmi la doccia adesso".

    "Non devi...".

    "Sì, tesoro. Voglio" una traccia di calore riapparve nelle sue parole, i suoi occhi vagarono per il suo corpo come se stesse catalogando ogni suo centimetro e le sue guance si arrossarono di più a quell'implicazione mentre la baciava ancora una volta, prima di spostarla delicatamente.

    Sospirò, rotolando a malincuore sulla schiena per lasciarlo andare, gli occhi sulla sua schiena finché la porta del bagno non si chiuse.

    Non avrebbe dovuto essere sorpresa. Le docce di Killian erano diventate notevolmente più lunghe negli ultimi giorni, ma la consapevolezza di lui a pochi passi di distanza, toccandosi mentre pensava a lei...

    Non che potesse giudicarlo. Neanche lei stava impiegando meno tempo in bagno in quei giorni. Se solo non avesse esitato… ma lui aveva ragione. Voleva essere pronta per quello, voleva essere pronta per tutto, ma non lo era ancora. Sembrava strano metterci così tanta enfasi – c’erano stati molti uomini nel suo letto. Ma nessuno di loro aveva avuto importanza. Solo uno, ma quello era stato molto tempo prima e pensare alle conseguenze avrebbe portato solo a un buco nero di disperazione.

    Allontanando quel pensiero, Emma si arrese a una scelta molto più semplice, muovendo la mano sotto le lenzuola aggrovigliate - Killian non era l'unico che aveva bisogno di abbassare la tensione.




    Killian si sentì in colpa per giorni per come fossero andate le cose, quanto tempo gli ci era voluto per porre fine a tutto sapendo che Emma non era pronta. Si mantenne più strettamente controllato che mai, estremamente consapevole di ogni tocco. Non fino a quando Emma non sussurrava contro le sue labbra di baciarlo e lui cedeva.

    Un po’.

    Sapeva che accettare la sua richiesta lo avrebbe proiettato al tipo più dolce di tortura, ma non aveva anticipato quanto velocemente il suo tocco l'avrebbe annullato. Per fortuna, Emma non aveva tentato un secondo round di quella mattina - anche se, sinceramente, svegliarsi accanto a lei era abbastanza allettante.

    Ma non era solo quello. La donna in piedi accanto a lui da Starbucks, mentre aspettavano in fila per il loro il caffè, non era la stessa donna guardinga che aveva varcato la sua porta di casa tanti mesi prima. Quella Emma era generosa con il suo affetto, affetto genuino, ed era quasi impossibile togliersi quel sorriso dal viso che David aveva descritto come stupido.

    Firmò degli autografi mentre venivano preparate le loro tazze, guardandola costantemente da sopra la spalla.

    Lo stava guardando con un sorriso, ma quando tornò al suo fianco, gli porse il suo caffè con un bacio che indugiò forse un po' più a lungo del necessario.

    "Per cos'era quello?" le chiese mentre le teneva la porta aperta per farla uscire dal locale.

    "Stavo solo facendo felice Regina. Avevano tutti i telefoni puntati" gli sorrise, ma qualcos’altro si nascondeva nei suoi occhi.

    Gli ci volle solo un momento per rendersi conto che era gelosa "Emma" disse quando furono in macchina, i vetri oscurati li nascondevano da occhi indiscreti mentre metteva il suo bicchiere nel porta-bicchieri e si voltava verso di lei "Non hai nulla di cui preoccuparti, tesoro” si allungò lungo la console centrale, attirandola in un bacio molto più appropriato per la loro privacy prima di mettere in moto, la contentezza che gli riempiva le vene.

    Non era passato così tanto tempo prima di aver capito di dover considerare attentamente ogni suo movimento intorno a lei - baciarla quando voleva era un dono, davvero "Ma ogni volta che vuoi confermare la tua proprietà privata, sarò felice di accontentarti".

    Gli colpì il braccio, ma sorrise e glielo tenne stretto per tutto il viaggio lungo il fiume di negozi di alimentari.

    Regina aveva fatto quella richiesta - non erano stati visti in pubblico da un po', essendo stati rinchiusi in casa - e Killian ne era stato seccato all'inizio.

    Ma c'era qualcosa di diverso in quel compito quando Emma non doveva recitare. Le sue dita trovavano facilmente le sue, sia che fosse per prendere della pasta dietro di lui o per prenderlo in giro per la sua lunghissima scelta del caffè, non smetteva di toccarlo.

    ’Per favore, Killian. Posso toccarti?’

    Rabbrividì al ricordo, bandendolo rapidamente prima di ritrovarsi con i paparazzi in possesso di foto piuttosto imbarazzanti.

    "Cosa dovremmo preparare per cena stasera?" la domanda di Emma lo fece tornare alla realtà, la sua fronte aggrottata mentre fissava il bancone dei frutti di mare "Stavo pensando che potremmo grigliare del pesce spada, delle bistecche e magari un po' di pannocchie? Mi piace quando mangiamo insieme nel patio. Potrebbe essere abbastanza fresco stasera per accendere il fuoco".

    Tutto ciò che Killian sentì fu il “Mi piace quando mangiamo insieme” e le avvolse le braccia intorno alla vita da dietro, abbassando la testa per parlarle all'orecchio "Sembra delizioso, tesoro" e premette un bacio sui suoi capelli mentre si allontanava, felice quando lei non si staccò dal suo abbraccio.

    Emma si appoggiò all'indietro tra le sue braccia mentre ordinavano il pesce, il suo pollice che accarezzava l'interno del suo polso mentre aspettavano che il loro acquisto venisse confezionato. Non sembravano nemmeno rendersi conto di essere abbracciati ed era proprio quel tipo di affetto spontaneo che lo faceva innamorare di più di lei, giorno dopo giorno.

    Le scattò una foto quella sera, la luce del fuoco tra i suoi capelli e le labbra curve in un sorriso. Lui voleva - aveva bisogno - di catturare lo sguardo nei suoi occhi, beato e rilassato e che lo guardava come se avesse appeso la luna.

    Quando la pubblicò su Instagram, non pensò a Regina o alle sue infinite richieste. Per un momento, nella pace del cortile con Emma contro di lui, non era una star del cinema con una macchina di pubbliche relazioni da sfamare - era solo un uomo che voleva mostrare la donna che amava.

    Non aveva sempre preso le decisioni giuste quando si trattava di Emma, ma non se ne pentiva veramente di nessuna – sia quelle buone che quelle cattive lo avevano portato a quello.

    Lì c'era una donna i cui occhi si illuminavano quando lo vedeva.

    Lì c'era una donna che accettava il suo calore dove una volta era distante e fredda.

    Lì c'era una donna di cui era abbastanza sicuro di essere innamorato tanto quanto lei di lui.


    Continua…
     
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    Capitolo 16



    Oggi è permalosa e lo sa. Dovrebbe smetterla. Non è davvero molto maturo da parte sua, ma detesta rinunciare al posto perfettamente comodo al sole con un cuscino a forma di Killian.

    "Altri cinque minuti" mormora contro la sua spalla.

    Percepisce la vibrazione della sua risata sommessa tanto quanto la sente.

    "Se fosse per me, tesoro, non lascerei questo posto finché non sarebbe strettamente necessario. Ma Regina e compagnia saranno qui a momenti e non hai ancora fatto la doccia".

    Emma si acciglia, sollevando finalmente la guancia dalla sua pelle calda. Hanno trascorso una mattinata pigra in piscina, lasciando la loro sedia a sdraio condivisa solo il tempo necessario per rinfrescarsi quando anche il sole era diventato molto caldo "Non è un po' ridicolo che la donna che mi ha assunto per fingere di uscire con te è la stessa che non vogliamo sappia che stiamo davvero insieme?".

    Lui sorride, facendo scivolare le dita nei suoi capelli arruffati "Sì, è un po'ridicolo. Dave ha detto..." esita, i suoi occhi evitano i suoi per una frazione di secondo prima di finire il suo pensiero "Dave ha detto che dovremmo dirglielo al solo scopo di irritarla tanto quanto lei irrita noi".

    "Lo ha detto Dave?".

    Si lecca nervosamente il labbro prima di annuire, un sorriso imbarazzato che appare lentamente "Sì. Ci ha scoperti qualche tempo fa".

    "Sa come ci siamo conosciuti davvero?".

    "Sì”.

    "E sa che... Che le cose sono cambiate tra noi?".

    I suoi occhi si addolciscono, le sue dita lasciano che i suoi capelli per accarezzarle un braccio e la vita "Sì, sa cosa provo per te, tesoro" le bacia la fronte, la mano libera che si muove per farle un grattino dietro l'orecchio "Non gli ho raccontato esattamente tutta la storia, ma ha insinuato e io non l'ho corretto".

    Il suo visibile nervosismo alla sua reazione lenisce l'irritazione per non essere stata informata prima. ’Nemmeno tu gli hai detto tutti i tuoi segreti’ Emma si rimprovera, sorridendo rassicurante e scostandogli i capelli dalla fronte "A quando risale tutto questo?".

    "Il giorno in cui mi sono reso ridicolo mentre cercavo di risolvere i miei problemi con una bottiglia di rum piuttosto che parlare con te".

    La cruda onestà delle sue parole è un tornado, un'ondata di emozione che la colpisce per il dolore di quel ricordo "Cerchiamo di non farlo capitare più" gli dice piano, chinandosi per un bacio che si trasforma in un altro e un altro ancora.

    Si tira indietro con riluttanza, i suoi occhi guizzano verso la casa "Ho davvero bisogno di fare la doccia".

    Lui mormora il suo assenso, ma guida comunque le sue labbra sulle sue per un altro bacio dolce prima di lasciarla andare.

    Emma non può fare a meno di fermarsi sulla soglia, i suoi occhi vagano su di lui mentre rimette a posto la sedia. Continua ad aspettare che svanisca quel bisogno quasi disperato di essere al suo fianco, ma sono passate settimane e, semmai, il bisogno è più forte che mai. Con un sospiro di desiderio, si dirige verso il bagno per iniziare il noioso processo di preparazione per l'evento di quella sera.

    Ha avuto paura di quel momento. È un film per cui nessuno dei due ha alcun interesse, ma è stato prodotto dallo studio di produzione che Killian sta cercando di impressionare ed è stato invitato. Regina lo aveva informato che sarebbero dovuti andare il giorno stesso in cui era arrivato l'invito.

    "Va tutto bene, tesoro?" Killian le chiede quando lei sospira in macchina, le loro dita intrecciate.

    "Sì. Ho solo..." fa spallucce, staccando gli occhi dal finestrino e voltandosi verso di lui "Vorrei solo che stasera potessimo restare a casa. Voglio provare quella ricetta di cui ti ho parlato e voglio solo... Non vorrei condividerti stasera" si sforza di sorridere, raddrizzandosi la cravatta e sistemando una piega invisibile sulla sua giacca. Non è che abbia bisogno di una scusa per toccarlo, non più, ma è improvvisamente timida quando deve dirgli che preferirebbe passare la notte a casa.

    "Lo vorrei tanto anche io” le bacia il dorso della mano, i suoi occhi fissi sull'esile anello di diamanti che Regina aveva insistito che indossasse sull’anulare destro. Emma presume che sia una mossa calcolata per attirare l'attenzione dei paparazzi, ma non si aspettava che Killian se ne potesse accorgere.

    Non aveva detto niente, ma i suoi occhi si erano riempiti di desiderio e quello le aveva provocato dei brividi lungo la schiena. Non hanno parlato di cosa succederà dopo - cosa succederà quando il loro anno sarà finito e Regina si aspetterà di sfoggiare un Killian Jones appena single in giro per la città.

    Emma non è sicura di cosa aspettarsi, se poi abbia qualche aspettativa. Ma non è tagliata per organizzare cene e sedersi in cerimonie di beneficenza, riempiendo le sue giornate da ora fino a per sempre con lezioni di yoga e pomeriggi in piscina. E oltre a quello... ci sono altri anelli non così diversi da quello alla sua mano destra e non è assolutamente tagliata per essere la moglie di qualcuno.

    ’E se lui volesse dei bambini? Ha visto come guarda il figlio di David’. Non riesce nemmeno a pensare a quella parte.

    Allontana i pensieri, stringendosi a lui sul tappeto rosso e cercando di concentrarsi sulla sensazione delle sue mani su di sè, l'abito di seta liscia contro la sua pelle e la promessa di una notte a casa.

    Solo che non è quello che la serata ha in serbo per loro.

    Killian si sta comportando come al solito, affascinante con uno dei dirigenti dello studio quando vengono chiamati per la proiezione e le sussurra un ‘Tesoro’ e uno ‘Scusa’ all'orecchio mentre si siedono accanto all'uomo che - in parte - controlla il futuro di Killian.

    Il film è noioso e non importa quello che fa per cercare di concentrarsi su di esso invece che sulle sue preoccupazioni, non riesce proprio a mantenere l’attenzione. Guarda Killian con la coda dell'occhio, la sua attenzione con fermezza sullo schermo. Ormai lo conosce abbastanza bene, sa che lo sguardo sul suo viso è una farsa. Non offrirà molte distrazioni stasera, fissato com'è a fare una buona impressione. Fissa lo schermo, lottando per non agitarsi mentre la sua mente vaga.

    Dovrebbe chiedergli apertamente cosa vede in futuro per loro. Non lì ovviamente, ma quando sarebbero tornati a casa... Anche se forse non gliene ha parlato perché sta cercando di darle spazio - è lei che ha combattuto contro la relazione per mesi nonostante la sua quasi istantanea attrazione per lui.

    Ma il modo in cui ha guardato quel maledetto anello in macchina... Giocherella col gioiello sul suo dito, lanciandogli un'altra occhiata nervosa. È questo il futuro che vede? Per sempre?

    Le sue emozioni sono troppo aggrovigliate quella sera per determinare se è un conforto o un'altra preoccupazione a cui aggiungere al mucchio.

    Killian la tiene vicina mentre si avviano alla festa, cadendo ancora una volta in discorsi di negoziati con il produttore. Emma appoggia la testa contro la sua spalla, lottando per non sbadigliare o metterlo in imbarazzo. Si concentra invece sul calore del suo palmo sul fianco attraverso il vestito, il profumo di lui, speziato con l'acqua di colonia che indossa quella sera. Fa del suo meglio per non fissare l'uomo che le sta rovinando la tranquilla notte a casa con Killian e burro d'arachidi congelato.

    Lasciano la festa molto più tardi di quanto normalmente avrebbero fatto - molto più tardi di quanto piaccia ad Emma. C'è un sordo pulsare dietro i suoi occhi a causa delle ore di musica ad alto volume e dei suoi piedi nei tacchi alti. Avrebbe dovuto dire a Tink che le scarpe erano scomode fin dall'inizio, ma andavano così perfettamente bene con il vestito che stupidamente aveva pensato di poter resistere – era una prima, dopotutto.

    Killian si scusa per come è andata la loro serata. La bacia in macchina prima di tirare i suoi piedi sulle sue ginocchia, facendo scivolare via le scarpe e massaggiando delicatamente i tendini doloranti. Emma non può non gemere piano per il sollievo che le sue mani portano, un guizzo di calore che illumina la sua stanchezza.

    "Vuoi che ti prepari un bagno?" Killian chiede mentre entrano in casa, Emma che lo segue con cautela.

    La sua semplice offerta e la genuina preoccupazione per lei cancellano la sua delusione mentre lascia cadere le scarpe per far scorrere i palmi delle mani sul suo petto "Penso che tutto quello che voglio fare è lavare via questo trucco e mettermi a letto" si allunga sulle punte dei piedi, le braccia avvolte intorno al suo collo mentre lo bacia, un bacio che si approfondisce man mano che la sua presa si stringe "Tu resti in piedi?".

    "Ho passato abbastanza tempo stasera con i miei pensieri altrove" le prende la mano mentre si incamminano per il lungo corridoio, il dito che sfiora l'anello di diamanti con una mossa che sembra intenzionale. Ma non dice nient'altro e quando lei si mette a letto, lui la fa avvicinare come tutte le altre notti.

    Il sonno arriva sorprendentemente presto tra le sue braccia, la stanchezza della giornata che prende il sopravvento. Ma al mattino, nonostante i baci morbidi e l'abbraccio assonnato di Killian, le sue preoccupazioni l'aspettano.

    La tormentano mentre i giorni passano, sussurrandole dubbi all'orecchio ad ogni angolo. Una cosa è decisamente chiara: dovrebbe dirgli tutta la verità sulla sua vita a Boston. Una cosa era quando erano amici riluttanti con un obiettivo comune. Ora... ora sembra tutto molto più reale. Killian è molto più interessato a lei di quanto voglia ammettere.

    Ma la vorrà ancora quando conoscerà tutta la verità?

    Da dove iniziare, poi? Avrebbe dovuto dirglielo quel giorno in ospedale, quando le ferite erano già aperte e sanguinanti. Come fa a dirgli ora che ha lasciato fuori un pezzo enorme del puzzle?

    Come spiegargli i bordi frastagliati, le cicatrici che non sono mai guarite del tutto? Perché lei non è sicura che possano mai farlo. Non è sicura di come poterglielo dire in modo da fargli capire, perché lui non c'era. Qualunque siano i dettagli del suo passato che non le ha detto, non cambia il fatto che sia un attore di successo ora, che la sua vita sia bella.

    Fino a quando Emma in qualche modo si era trovata in quel viaggio organizzato, la sua vita era ancora in difficoltà e caotica, condita da spaghetti ramen e 150 metri quadrati di spazio che riusciva a malapena a chiamare casa.

    Non ce l'ha fatta - è stata fortunata.

    Almeno la mattina è fresca e grigia, il cielo così corrisponde ai suoi pensieri. Nonostante la calda felpa di Killian sopra la canotta che ha indossato a letto la scorsa notte, la brezza la fa comunque rabbrividire.

    "Tutto bene, tesoro?" la voce di lui la discosta dai suoi pensieri, il suo palmo si posa sulla curva della sua spalla destra mentre le preme un bacio sulla guancia, il graffio della sua barba ispida una sensazione piacevole "Sei qui da un po'” l’aveva lasciata lì con riluttanza per andarsi a preparare per una riunione e si rende conto in ritardo che si è appena mossa da lì, le gambe nascoste sotto di lei sulla sedia a sdraio nel patio, con gli occhi che fissano la mattina nebbiosa.

    Lei si sforza di sorridere, cerca di scacciare i suoi pensieri pesanti e beve un sorso di caffè che è ormai freddo "Certo. Sto solo pensando a cosa farò oggi da sola”.

    Avrebbe dovuto funzionare. Aveva funzionato prima. Ma lui la conosce meglio che mai e fa il giro così da esserle di fronte, i suoi palmi le coprono le guance mentre si siede sulla sedia accanto a lei.

    "Cosa ti turba?".

    "Killian, davvero, sto bene. Non dovresti essere nell'ufficio di Regina tra dieci minuti? So che odia quando sei in ritardo”.

    Sospira, premendole un bacio sulla fronte prima di alzarsi in piedi. "Sì, stavo uscendo e sembravi..." c'è preoccupazione nelle sue parole e lei può vedere che è titubante, facendo un passo indietro, le sopracciglia aggrottate e la mascella serrata "Regina è stata sospettosamente vaga, quindi non posso essere certo quando tornerò. Chiamerò se terdo".

    Lo guarda allontanarsi, cercando di non leccarsi le labbra mentre lo fa. Qualunque cosa sarebbe successa quel giorno, gli è valsa la pena indossare un paio di pantaloni neri deliziosamente aderenti con una camicia blu scura, il colore che fa risaltare i suoi occhi. Ha anche tentato di domare i suoi capelli disordinati ed Emma praticamente non vede l'ora di passarci le dita dentro, sistemandoli come piace a lui - leggermente spettinato.

    È molto diverso dall'uomo che ha incontrato tanti mesi prima, quello che puzzava di rum e dio sa cos’altro, che riusciva a malapena a stare seduto sul divano di Regina. Con l'eccezione del pomeriggio sul patio con David, non è stato ubriaco una sola volta dopo.

    Si acciglia, tornando in casa per una tazza di caffè calda. Il bere non è una cosa di cui hanno mai parlato davvero e si chiede se forse è per via dei suoi stessi problemi.

    Ci sono così tante cose che ancora non sanno l'una dell'altro.

    Ma lei conosce il dolore e conosce il bisogno disperato di strisciare dentro una bottiglia per nascondersi dai resti in frantumi della sua vita. Non si è mai arresa - non poteva permettersi di arrendersi. Lui non parla della sua vita prima di Hollywood, non da quella versione ritagliata nel bagno dell’ospedale. Ma lei ricorda la sua voce quando Regina ha tirato fuori il suo passato con la moglie di un paparazzo e ricorda quello che aveva avuto da dire sul suo schifoso appartamento.

    ”Ho vissuto in appartamenti così e anche peggiori, Swan. So cosa significa farsi strada da quella vita”.

    Pensa alla loro promessa di quello che sembra un tempo passato - niente bugie. E non è che gli abbia mentito. Non ha solo chiesto. E prima non si sentiva davvero in obbligo di dirgli nulla di eccessivamente personale.

    La sua vita a Boston è quanto di più personale possibile. Più ci pensa, più le dà fastidio. Certo, lei sa quanto lui ami il cioccolato e che aspetto ha con quel mezzo sorriso assonnato al mattino e che in realtà odia il tè e mille altri piccoli dettagli. Ma è abbastanza? Se sta per aprirgli il suo cuore e lei vuole conoscere il suo.

    Sarà una conversazione difficile. Probabilmente avranno bisogno di alcol. E di cupcakes, perché Killian adora i suoi cupcakes e ha bisogno di ammorbidire il colpo il più possibile, perché chi sta prendendo in giro? È già immersa fino al collo - e se questo sarà troppo per lui, se non riuscirà a guardarla allo stesso dopo che gli avrà rivelato tutto, la spezzerà.

    ”Ho intenzione di dimostrarti che hai torto”.

    Si aggrappa a quelle parole mentre si toglie la felpa pesante e si mette a lavorare al forno, la cucina presto si riempie con i profumi di cioccolato e zucchero. La calma, il ritmo e la precisione del processo, e si mette a spalmare la glassa in attenti turbinii quando sente la porta d'ingresso aprirsi e poi i passi distinti di Killian sulle assi del pavimento.

    "In cucina!" grida, posando nervosamente la sac à poche e asciugandosi i palmi sui jeans. Glielo dirà ora: come si strappa via un cerotto. Entro la fine della serata lo farà, gli farà conoscere tutti i pezzi che ha lasciato fuori quando gli ha raccontato di Neal e del suo periodo in prigione.

    Non appena la vede, attraversa la stanza in due rapidi passi, la prende tra le braccia e la bacia molto più entusiasticamente di quanto faccia di solito quando torna a casa. Lei si tira via con un sorriso sorpreso, sul punto di chiedergli cosa fosse successo, quando nota la gioia nei suoi occhi, il modo in cui sorride come uno stupido.

    "Ce l’ho fatta" lo dice con stupore, come se ancora non riuscisse a crederci. È praticamente stordito ed è contagioso, le paure di Emma temporaneamente allontanate dalla sua felicità "Lo sapevi?" le chiede, indicando i cupcakes al cioccolato sul bancone "Regina ha detto che l’ha saputo ieri ma i produttori volevano essere lì a dirmelo. Mi hanno fatto la loro ramanzina sul fatto che non dovevo fare un passo falso, ma ce l’ho fatta, Emma!".

    "No, non lo sapevo" lo bacia di nuovo, cioccolata e gioia vengono scambiote tra loro e quel maledetto senso di oppressione al petto che non può - non vuole - nominare ancora "Solo una felice coincidenza" Emma dice mentre si separano, perché non è possibile parlare di Boston adesso. Non quando è così entusiasta - non rovinerà la sua notte con il suo passato, non farà scomparire il sorriso sulle sue labbra.

    ’Può aspettare’ si dice con fermezza, inghiottendo la paura di non riuscire a trovare il coraggio di dirgli di nuovo che quella piccola finestra di opportunità sta sfuggendo.

    "C'è di più" i suoi occhi sono luccicanti e intreccia le loro dita, la tira più vicino finché lei non si appoggia a lui "Sono tre mesi di riprese in Scozia. Finiremo in studio qui per un mese o due, ma si tratta principalmente di lavoro di localizzazione. Ci ospiteranno a Inverness e andremo in vari luoghi. Potrebbero anche esserci alcune notti in cui ci faranno stare nelle roulotte perché alcuni di questi luoghi sono piuttosto remoti".

    "Oh" la delusione la travolge: se ne sarebbe andato per tre mesi. Si sforza di sorridere, perché lui ha diritto alla sua emozione e lei non gli rovinerà qualcosa che a lui importa così tanto. Le cose vanno bene tra loro e sa che non se ne andrà completamente, ma è comunque un pugno allo stomaco.

    Non importa il fatto che questo ruolo sia stato l’obiettivo dal giorno in cui ha firmato il suo nome sul contratto - e lei non è nemmeno lontanamente pronta alla fine della loro relazione. Non è che il film cambierà qualsiasi cosa tra di loro, ma lui se ne andrà e la vecchia insicurezza sarà difficile da spingere verso il basso. La vorrà ancora quando tornerà?

    "Emma…" c'è un guizzo di divertimento nei suoi occhi, ma la tenerezza lo soffoca in un batter d'occhio. Il suo pollice le sfrega delicatamente lo zigomo e sospira, un sospiro felice "Sei una sciocca. Non hai pensato nemmeno per un secondo che non avrei insistito perché tu mi accompagnassi?".

    I suoi occhi scattano verso i suoi, spalancandoli per la sorpresa "Voglio solo... Voglio dire, mi è permesso? Regina una volta detto che se avessi ottenuto questo ruolo...".

    La interrompe con un bacio, le sue labbra esigenti, le sue mani che scivolano lungo le sue gambe finché non le afferra la parte posteriore delle cosce e la solleva facilmente sul bancone, mettendosi tra le sue gambe. Di solito è molto più calmo, soprattutto da quella mattina. Ma oggi sta lasciando fuori dalla porta ogni freno a mano e sta dando sfogo al suo desiderio, le sue labbra affamate di passione a lungo taciuta.

    Eppure, per come si è avventato su di lei, cede, i suoi baci diventano teneri. Le sue dita si aprono dove hanno afferrato saldamente uno dei suoi fianchi, trascinandosi leggermente sopra la sua coscia mentre l'altra mano si muove tra i suoi capelli. La minima pressione e inclina leggermente la testa, dandogli accesso al suo collo mentre i baci le scendono dalla mascella alla pelle più sensibile. È difficile non perdersi completamente nel momento, il tocco delle sue labbra le manda brividi lungo la schiena mentre la paura di essere lasciata lì si dissolve.

    Non è così diverso dai loro primi veri baci in piscina, le emozioni di Killian si riversano fuori di lui come un fiume. Ma quel giorno non ha paura di abbracciarlo - sospira per il piacere del suo corpo contro il suo, culla i suoi fianchi tra le sue cosce e lo tira più vicino. Quando gli tocca le labbra per tornare a lei e riconquistare il bacio che desidera, non è per il disperato bisogno che lui le dimostri qualcosa, o lei cerchi di dimenticare l'amore nei suoi occhi. È affettuoso e dolce e quando si dividono, le traccia le labbra arrossate col suo pollice, la voce bassa "Hai messo in dubbio la mia intenzione di averti con me in Scozia, tesoro?".

    "Mi bacerai di nuovo così se lo faccio?" lo prende in giro, tirandogli la camicia per riportarlo a sè, premendo un leggero bacio dove il suo collo incontra la spalla. Benedetto lui per non preoccuparsi mai di abbottonare completamente le sue camicie - è felice di avere accesso a quel posto, di sentire il gemito che gli esce dal profondo della gola.

    Il leggero gemito si trasforma quasi in un ringhio mentre lei si tira indietro. La insegue, le morde le clavicole mentre borbotta contro la sua pelle "Dannata seduttrice".

    Gli infila le dita nei capelli mentre lui appoggia la fronte contro la sua, chiudendo gli occhi "Sono così orgogliosa di te" gli dice dolcemente, muovendo una mano per accarezzargli la nuca, dimenticando la sua colpa per avergli nascosto la verità - ha bisogno di saperne di più del suo lavoro adesso.

    Lui si fa indietro, i suoi occhi si spalancano per guardarla con curiosità "Orgogliosa, Swan?".

    "Tutta questa cosa con me e la tua immagine e quello che ha fatto Regina... sai che è solo un pizzico del motivo per cui hai ottenuto tutto questo, vero? Davvero, non sono nemmeno sicura che io sia una vera ragione" fa una pausa, allungandosi per sfiorare di nuovo le sue labbra contro quelle di lui, le mani in equilibrio sul suo petto mentre si appoggia all'indietro per guardarlo negli occhi. Deve continuare a toccarlo, continuare a baciarlo – continuare a fargli capire quanto lo vuole e che intende ogni parola detta "Hai ha lavorato così duramente, allenandoti con David e andando a tutti quegli eventi stampa anche quando non volevi. Hai lavorato per questo e quindi sì, sono orgogliosa di te".

    "Non avevo qualcuno orgoglioso di me da un po' di tempo" c'è una nota strana nelle sue parole, una traccia di desiderio e solitudine, una vecchia tristezza nei suoi occhi che lei è decisa a scacciare via.

    "Bene, ora ce l’hai" si sorprende con la ferocia delle sue parole e forse anche lui mentre gli afferra il colletto della camicia, lo tira per un altro bacio ardente che lascia entrambi ansimanti.

    E, dio, lei lo vuole - ma ci sono ancora segreti tra loro. Non glieli confesserà ora, non quando lui è felice e dovrebbero festeggiare. Ma non farà l'ultimo passo per cementare la loro relazione finché lei non gli avrà detto tutto - glielo deve.

    Quindi si tira indietro quel tanto che basta perché lui capisca la sua intenzione, il suo respiro affannoso mentre si appoggia di nuovo contro la sua fronte. Non parlano subito, entrambi riprendono fiato e lavorano per calmare i loro corpi febbrili, ma Emma riesce a sorridere mentre si allontana.

    "Quindi, quando partiamo?".

    Lui le sorride di rimando, aiutandola a scendere dal bancone prima di iniziare a snocciolare date e programmi. Mentre parla, lui lecca la glassa di un cupcake, fa dei morsi mentre alterna baci morbidi con lei in mezzo alla spiegazione del perchè - la glassa di cioccolato ha un sapore migliore leccata dalle sue dita e dalle sue labbra rispetto dalla forchetta.

    Vuole dirglielo in quelle settimane di preparazione, di ritagliarsi uno spazio per parlare, ma è tutto un vortice di allestimenti di vestiti e incontri e lui che borbotta sulla sceneggiatura a tutte le ore del giorno e della notte, ripetendo all'infinito il copione. Gli sta accanto e cucina cene salutari, va a correre con lui, resta con il suo libro sotto un albero mentre lui cavalca con David al ranch, ma non c'è tempo per avere la conversazione che desidera avere. Non c'è nemmeno il tempo per un altro pigro giro pomeridiano a condividere la sella, anche se lui promette tra baci rubati di insegnarle a cavalcare quando il film finirà.

    Anche se in qualche arriva un momento per una conversazione che la prende completamente alla sprovvista.

    David la trova al ranch un giorno, Killian aveva insistito per fare un altro tentativo ai salti a cui si erano esercitati tutta la mattina. È più concentrato che mai, determinato a evitare di avere uno stuntman a meno che l'assicurazione dello studio non lo richieda - non sarà a causa della sua mancanza di capacità.

    Lo sta guardando attentamente dal suo trespolo sulla ringhiera quando David le si mette accanto. È sempre stato facile stargli vicino, ma da quando Killian ha fatto la sua rivelazione, da quando David sa tutta la verità, hanno formato una sorta di forte amicizia. Osservano insieme mentre Killian esegue una virata brusca prima di dirigersi verso uno dei salti più difficili, il suo corpo basso contro il cavallo mentre prendono velocità.

    Emma non si rende conto che sta trattenendo il respiro finché non lo vede atterrare sano e salvo, il suo grido di trionfo udibile da lontano. Flette le dita, ridendo sommessamente tra sè.

    Da quando era diventata così nervosa?

    "Spero che tu sappia che significhi il mondo per lui" dice David, i suoi occhi ancora fissi sul suo amico "Non ci sono molte persone in questo gruppo, ma tu sei importante, Emma. Un sacco".

    "Lo so" deglutisce a vuoto, la gola improvvisamente secca. Neanche lei lo guarda, i suoi occhi fissi su Killian in sella mentre si china per accarezzare il collo del cavallo, un sorriso felice sul suo viso "Significa molto anche per me".

    "Lo ami" non è una domanda, le parole sono tranquille ma certe. Ma lo stesso si sente scombussolata, le parole le mancano mentre si volta per incontrare il suo sguardo curioso.

    I suoi occhi guizzano di nuovo verso Killian prima che parli, i suoi pensieri si intrecciano. I suoi sentimenti per Killian sono cambiati e lei non ha osato ammetterli ad alta voce, nemmeno a se stessa, ma non può negalo ancora: è innamorata di lui da un bel po' di tempo.

    "Già” sussurra alla fine, con le guance arrossate mentre ammette la verità ad alta voce per la prima volta "Lo amo".

    "Dovresti dirglielo" il rimprovero di David è gentile, ma Emma fa comunque fatica a respirare.

    Non avrebbe dovuto ammetterlo a David prima di dirlo a Killian, ma ha altre cose che deve dirgli prima. Perché lei è innamorata di lui e non dovrebbe essere così. Non avrebbe dovuto avere questo tipo di potere su di lei, facendola sorridere e facendole battere il cuore. Non avrebbe dovuto essere capace di innamorarsi di nuovo, eppure...

    "Io... lo farò".

    Killian si unisce a loro prima che Emma possa dire qualcos'altro e lei spinge tutti i pensieri di confessare il suo amore dalla sua mente - non vuole un pubblico, anche se è solo David.

    Invece si concentra sul pomeriggio e Killian e il dono di quel tempo che ha con lui, per quanto tempo durerà. Vuole dirglielo, condividere non solo la sua ritrovata certezza nel suo amore per lui, ma anche i suoi segreti - solo che il momento non sembra mai quello giusto.

    Le manca i giorni in cui è così impegnato che dimentica quasi di mangiare. Viene a letto tardi la sera, striscia nel letto per premere la sua pelle fredda contro il suo corpo caldo. È spesso addormentato prima che lei possa anche solo baciarlo. È una stanchezza buona - la sua espressione risplende dell'orgoglio di essere tornato al lavoro, ma non vuole parlare di argomenti seri come il suo passato e i suoi sentimenti quando lui riesce a malapena a tenere gli occhi aperti. Quindi sta zitta, ignorando il crescente panico che le artiglia la gola che lui in qualche modo scoprirà del suo passato prima che lei abbia la possibilità di dirglielo.

    ”Facciamo un patto, dolcezza… Io
    non ti mentirò. E tu non mi mentirai. È così che andremo avanti tranquillamente”
    .

    Si dice che non sta mentendo, ma di sicuro le sembra di mentire.

    Un pomeriggio è quasi sull’orlo di sfogarsi, quasi sta per dirgli la verità su tutto.

    "Ehi, saremo in Scozia per il Ringraziamento e Natale, giusto?" gli chiede mentre lui entra in soggiorno, il copione in mano. Lo hanno riscritto e lui ha continuato a studiare le pagine tutta la mattina mentre Emma ha acquistato online maglioni, cappelli e guanti.

    In qualche modo, si è imbattuta in cappelli e calze di Babbo Natale, il suo cuore le ha dato una stretta inaspettata mentre guarda sopra il caminetto. Non voleva interromperlo, ma le si avvicina, si siede accanto a lei sul divano con un sorriso stanco, ma felice.

    Il semplice piacere sul suo viso le basta quasi per confessare il suo amore, per confessare di suo figlio, ma le parole le rimangono in gola mentre la sua felicità si addolcisce per quel suo sguardo, quello che le fa stringere il petto e le fa correre il cuore "Sì, saremo all'estero per le vacanze. Ma l'anno prossimo saremo a casa" la spinge verso di sé e lei lo segue volentieri, il suo viso premuto contro il suo collo, inspirandolo mentre lui affonda il naso tra i suoi capelli. Il suo braccio le avvolge le spalle, cullandola in modo protettivo contro il suo fianco mentre la sua mano libera gioca con i suoi capelli in un confortevole silenzio.

    L'anno prossimo, ha detto, come se fosse un dato di fatto. Sta già pensando al prossimo anno e, una volta, quello l'avrebbe mandata nel panico, ma ora tutto ciò che vuole è rannicchiarsi di più nel suo abbraccio.

    ’Diglielo’.

    "Faremo un albero?" chiede invece, sospirando "Non faccio un albero da..." la sua voce si spegne, perché non è sicura di quanto tempo sia passato dall'ultima volta che aveva un albero di Natale. Ma ne vuole uno ora, decorandone i rami profumati con Killian, sorseggiando cioccolata calda e cantando insieme i canti natalizi.

    Si sorprende di quanto lo voglia.

    "Non ne faccio da un po' di tempo, ma credo che ci abbia pensato per quest'anno, prima che arrivasse il film" le sue parole sono tranquille, ma dense di emozione e il suo braccio si stringe intorno alle sue spalle, attirandola più vicino "Non vedo l'ora di passare le vacanze con te, Emma".

    "Anch'io" sussurra contro il suo petto. Non “ti amo”, ma è dannatamente vicino. Ci sono ci sono ancora troppi segreti tra loro perché possa dirlo, ma lui è un uomo perspicace – spera che percepisca comunque le sue parole.

    Ed è così che finisce accanto a lui alcune settimane dopo, le dita intrecciate sul bracciolo mentre l'aereo sfreccia lungo la pista, direzione Scozia, con i suoi segreti ancora taciuti.


    Continua…
     
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    Capitolo 17



    Emma si svegliò di soprassalto mentre l'aereo atterrava, la risatina sommessa di Killian nel suo orecchio mentre sbatteva le palpebre sotto le forti luci della cabina.

    "Non è carino" Emma borbottò, schiaffeggiandolo senza alcuna reale malizia e sbadigliando. Poi si sporse in avanti, ansiosa di avere una prima visione del panorama, ma tutto ciò che riuscì a vedere fu l'aeroporto.

    "Sono un perfetto gentiluomo. Ti ho permesso di sbavare su di me per quasi quindici ore. Anche se c'è stata quella breve tregua a New York, dovresti modificare la tua dichiarazione".

    "Io non..." si fermò, notando il sorriso di lui. L’osservò con un cipiglio, ma lui le si avvicinò solamente, baciandola dolcemente nonostante le persone intorno a loro. Il volo era stato tranquillo – pochi fan avevano chiesto foto e autografi durante la loro sosta al JFK, ma per il resto erano stati tranquilli.

    "Sono contento che tu sia qui" le disse piano mentre si separavano, le sue dita nei suoi capelli e i suoi occhi caldi e dolci. Non aveva bisogno di spiegarle chiaramente che non stava parlando solo della Scozia.

    "Anche io" intrecciò le dita con le sue, stringendole mentre l'aereo finalmente arrivava al gate.

    Da lì, fu tutto un turbinio. In viaggio con David e alcuni degli altri attori, Mary Margaret e Leo non sarebbero arrivati fino al Giorno del Ringraziamento. Insieme si fecero strada verso il noioso processo di ritiro dei bagagli e raggiunsero le auto che li aspettavano. Era stato un viaggio infinito apparentemente fino a lì, ma era emozionata mentre salivano in macchina.

    Non riuscì a vedere molto durante il viaggio, il sole al tramonto proiettava lunghe ombre, ma riuscì a vedere abbastanza da sapere che non era per niente come la California e questo la entusiasmava. Non era mai stata fuori dal Paese prima d’ora, non aveva mai pensato che avrebbe potuto viaggiare, e ora lo stava facendo con Killian a fianco.

    Catturò lo sguardo di lui, sorrise e le avvolse comodamente il braccio intorno alle spalle mentre si avviavano verso l'albergo che sarebbe stato la loro casa per i prossimi mesi.

    Emma sapeva che avrebbe dovuto aspettarsi un posto carino, ma non era completamente preparata quando entrarono nella loro stanza, le valigie già in camera da letto. Non era enorme: l'hotel era come una vecchia casa di città dei tempi passati riconvertita, ma avevano una mini-cucina e un comodo soggiorno. Emma fece scorrere le dita sulle varie superfici, legni scuri e tessuti soffici, prima di passare alla camera da letto con un sopracciglio inarcato.

    "Tutto molto raccolto, Swan" lui ghignò con il sopracciglio e lei rise mentre lui le tendeva la mano. Gliela prese felicemente, intrecciando le dita insieme mentre Killian apriva la porta della camera da letto.

    Un gigantesco letto a baldacchino occupava il centro della stanza, ma c’era anche un caminetto, della legna accatastata accanto. Killian annuì, curvando il braccio intorno alla sua vita per tirarla a sé.

    "Mi hanno detto che fa piuttosto freddo nei mesi invernali, tesoro. Dovremo fare buon uso di quel camino".

    "Oh, sono sicura che riusciremo a stare molto caldi" rise della genuina sorpresa dei lineamenti di lui, perché le sue parole grondavano di allusioni e di solito era una cosa da lui. Ma lui si chinò a baciarla comunque, tenendola stretta prima di liberarla.

    Per una frazione di secondo, Emma si ricordò di una se stessa in piedi su un altro tappeto rosso, la sua mano nella stessa posizione che l’aveva fatta esplodere di rabbia, ma quel giorno la faceva solo sorridere dentro.

    "Stanno organizzando una cena di benvenuto al piano di sotto tra un'ora o giù di lì. Non devi partecipare se sei sfinita dal viaggio, ma se vuoi...".

    "Certo che verrò con te" lo interruppe prima che lui potesse anche solo finire di chiedere, le dita che si arricciarono intorno alla sua spalla per stringergliela leggermente prima che indietreggiasse con un sorriso. Con un sospiro, Emma allungò le braccia sopra la testa e cercò di non guardare il letto con desiderio "Penso che farò una doccia, voglio lavare via l’odore dell'aereo. Per darmi una svegliata".

    "Potrei unirmi a te" l'offerta fu fatta in modo leggero, quasi scherzando, ma i suoi occhi bruciavano di un cupo desiderio quando lo guardò. E, per un attimo, quasi disse di sì, perché non c'era modo di scappare da lui in quella stanza d'albergo. Non era la sua casa tentacolare, dove era facile mettere un po' di spazio tra di loro quando le cose si surriscaldavano – no, quella volta sarebbe finita solo in un modo.

    Rabbrividì al pensiero di lui nudo e stretto a sè, la sua pelle calda contro la propria, e lui dovette vedere quel suo tumulto interiore, perché fece un passo avanti, tirandola di nuovo tra le sue braccia e baciandola come se avesse bisogno di aria.

    "Vai a farti la doccia" Killian disse con voce roca quando finalmente si staccò, le sue mani ancora ferme sui suoi fianchi, come se fosse quasi impossibile per lui tenersi a distanza da lei.

    "La tua offerta…".

    "No, Swan" deglutì a fatica rilasciandola con una leggera spinta verso la porta del bagno "Scherzavo. Cavolo, lo voglio… Ma no. La prima volta non voglio che accada contro delle piastrelle in una doccia angusta e, se ti portassi a letto adesso, non arriveremmo mai in tempo a cena" quelle parole bruciavano di promesse e lei notò il modo in cui i suoi occhi sfrecciavano sul letto prima di fissarsi di nuovo su di lei, pieni di desiderio "Vai, prima che cambi idea".

    Emma si appoggiò alla porta del bagno una volta che si chiuse, il cuore a mille. Un milione di pensieri nella sua mente, un milione di possibilità, ma non avrebbero potuto perdersi la prima cena del cast – e, se si fosse permessa di realizzare il suo desiderio, quello sarebbe accaduto.

    Inoltre, non gli aveva ancora detto di Boston.

    Quello la calmò abbastanza velocemente e sospirò mentre si spogliava ed entrava in doccia. Angusta non era proprio il termine adatto - non dubitava che sarebbero finiti lì dentro insieme prima della fine del loro soggiorno. Le sue dita passarono sulla parete liscia e si dovette sforzare per pensare a qualcos'altro prima di chiudere semplicemente l'acqua e uscire in camera da letto, al diavolo i segreti.




    In qualche modo, riuscirono ad arrivare alla cena del cast. Emma incontrò più persone di quanto pensasse di riuscire mai a ricordare. Era grata per Killian al suo fianco, per la sua presa sicura su di sé e i baci quasi distratti contro la sua guancia, i suoi capelli, ovunque volesse.

    Erano entrambi esausti quando tornarono nella stanza, un po' ubriachi di scotch e jet lag. La promessa precedente di abbandonarsi al desiderio riprese vita nelle vene di Emma, ma non riusciva a smettere di sbadigliare e nemmeno lui.

    Per non parlare dei fastidiosi dubbi che non si placavano nella sua mente.

    Killian le offrì un sorriso stanco attraverso il letto, la sua fiacca ben visibile "Sono piuttosto stanco anch'io" disse quasi scusandosi, strofinandosi gli occhi prima di tirare indietro il piumino.

    Lei sorrise ironicamente mentre si infilavano nel letto, lui con i pantaloni del pigiama preferiti e lei con la sua maglietta “rubata” "Non riesco a credere a quanto mi senta stravolta anche se ho dormito sull'aereo".

    "Dormi, tesoro. Abbiamo tutto il tempo per goderci questo bel letto insieme" le disse, premendole un bacio sui capelli e sospirando, un leggero rumore di contentezza che aveva imparato ad aspettarsi in momenti tranquilli come quello.

    "Che c’è, niente bacio della buonanotte?" si spinse su un gomito, gli occhi di lui si aprirono per brillare nell'oscurità. Le sue labbra si curvarono facilmente mentre le sue dita si infilavano nei suoi capelli per darle un bacio dolce e lento prima che lei tornasse tra le sue braccia.

    "Buonanotte" Emma mormorò nell'oscurità, la sua voce già densa. Lui la tirò un po' più vicina e il sonno arrivò facilmente.




    Il cambio di orario li fece dormire fino a tardi, ma Killian insistette per alzarsi dal letto non appena aprirono gli occhi "Ci riaddormenteremmo altrimenti" fu la sua spiegazione ed Emma non era così sicura di quale fosse il problema, ma notò il suo sguardo eccitato.

    Con uno sbadiglio, scivolò fuori dal letto e si stiracchiò, guardandolo sospettosa "Hai qualcosa in programma?".

    "Sì" sorrise, spingendola dolcemente verso il bagno "Fai una doccia e vestiti, tesoro. Abbiamo solo oggi e domani prima che inizi il vero lavoro. Ho intenzione di trascorrere questi giorni con te".

    Un'ora dopo, Emma si ritrovò felicemente infagottata in un cappotto e una sciarpa, il clima di fine autunno era vivace in quell’estremo nord. C'era il sole, una rarità, le avevano detto, così si aggirarono per la storica città mano nella mano. Nessuno li disturbò: se ci fossero dei fan a Inverness, non si erano fatti minimamente conoscere. Era molto lontana da Los Angeles ed Emma ne assaporava ogni minuto.

    "Quando le riprese saranno finite, dovremmo andare da qualche parte, solo noi due" Killian disse mentre camminavano insieme lungo una vecchia strada acciottolata. Il suo braccio intorno alla sua vita, tenendola stretta, il corpo di lei premuto contro il suo.

    "Stavo solo pensando anche io a quanto sia bello" lei ammise, guardando le persone che nemmeno li degnavano di uno sguardo "Vuoi... Vuoi davvero farlo? Non ci saranno cose che devi fare? Per il film?".

    Lui alzò le spalle, sfiorandole un bacio sulla guancia "Solo alla fine. Ma proprio quando avremo finito, dovrebbero esserci un paio di settimane di relax. Possiamo andare dove vuoi, tesoro".

    "Un posto caldo. Una spiaggia" c’era un tocco di ironia nella sua voce mentre rabbrividiva nella brezza, stringendosi più vicino al suo calore "Tu, sole, una spiaggia. È tutto ciò di cui ho bisogno".

    Sapeva, non appena lo aveva detto, quanto profondamente intendesse quelle parole e anche lui doveva averlo capito, perché si fermò in mezzo alla strada, le prese le guance tra le mani e la baciò come se fossero soli a casa "Ti amo tantissimo" le sussurrò mentre si separavano e lei sapeva che non se n’era reso conto... Spalancò gli occhi, non aveva voluto metterle pressione, ma c'era ancora un barlume di dubbio che le impediva di rispondergli a sua volta. Dubbio non per i suoi sentimenti, ne era abbastanza certa ormai – ma dirglielo era un'altra cosa.

    "Lo so" gli disse dolcemente, sperando che per ora fosse abbastanza, sperando che il bacio che offrì in cambio gli potesse dire quello che non poteva a parole - che era davvero con lui e non era brava con le dichiarazioni, ma non voleva nessun altro. Voleva solo Killian.

    Se fosse rimasto deluso, lo nascose bene e ripresero il loro girovagare per la città. Un paio di negozi erano pieni di cose tipicamente turistiche e si presero in giro a vicenda con sciocche magliette e altre cianfrusaglie. Fu sorpresa quando lui si infilò in un negozio con un'aria decisamente meno pacchiana e rimase ancor più sorpresa di scoprire che era la gioielleria da cui erano passati un paio di volte già.

    "Killian...".

    "Stai zitta, Swan".

    "Tu non devi…".

    "Siamo passati davanti a questo negozio diverse volte e ho visto i tuoi occhi soffermarsi sulla vetrina" disse piano nel suo orecchio, i suoi occhi che vagavano per le vetrine "E io voglio farlo per te".

    E fu così che arrivò a tenersi i capelli insù mentre lui chiudeva con cura la fibbia della collana, premendo un bacio sulla pelle morbida prima che lei lasciasse cadere i capelli al loro posto.

    Il ciondolo era una lunga ancora che le pendeva quasi tra i seni, lo strofinò con il pollice, l'argento che si scaldava sotto il suo tocco mentre cercava di controllare le sue emozioni davanti al negoziante. Non aveva bisogno di chiedergli perché si fosse fermato e avesse acquistato quella collana per lei, perché gliel'avesse messa al collo così teneramente – i suoi gesti non avrebbero potuto essere più chiari.

    Lo trascinò in un vicolo quando uscirono dal negozio, lo spinse contro il muro di pietra e lo baciò con tutto quello che aveva. Non le importava se qualcuno li vedesse, se qualcuno scattasse un'immagine orribile con il loro cellulare e la mettesse su Internet o dicesse su Twitter la loro esatta posizione - aveva solo bisogno di baciarlo.

    "Forse dovrei comprarti un gingillo qua o là più spesso" Killian scherzò mentre si separavano, ma c'era un affanno nella sua voce e un brivido le percorse la schiena che non aveva niente a che fare con il freddo.

    Il cappotto di lei era ancora sbottonato dal negozio, la sciarpa non annodata, mentre le sue dita lasciavano le sue guance per scivolare sulle sue clavicole. Trovò il pendente contro la sua pelle, sfiorandola lentamente anche se i suoi occhi non lasciarono mai i suoi.

    "So che non è solo un gingillo" gli disse mentre lui giocava con l'amuleto, facendolo rotolare tra le dita.

    "Già" lui lasciò ricadere il ciondolo sulla sua pelle, il palmo della sua mano a coppa contro la sua guancia mentre le sue dita scivolavano nei suoi capelli "Tu sei la mia ancora, Emma. Mi tieni sulla rotta su cui dovrei trovarmi; mi tiri indietro quando comincio ad andare alla deriva".

    Lei arrossì, senza parole, e lui la baciò, parlandole così, con le braccia avvolte intorno a lei e le labbra contro le sue. Non avrebbe dovuto esserci niente di romantico nel baciarsi in un vicolo, ma in qualche modo era così, le sue labbra gentili, con una mano tra i suoi capelli e il pollice dell’altra che le accarezzava la guancia. La sua mano si spostò sul suo fianco, attirandola più vicino mentre il bacio finiva, le labbra ancora a sfiorare le sue mentre respiravano la stessa aria. Sorrise allora, contento, un sorriso beato mentre le scostava i capelli dagli occhi.

    "Prenderai freddo" le disse dolcemente, le sue dita giocherellavano con le estremità della sua sciarpa mentre gliela rilegava con attenzione, infilandole le estremità nel colletto mentre le allacciava i bottoni del cappotto.

    I suoi occhi catturarono di nuovo i suoi mentre finiva, sistemando la sciarpa al suo posto con una tenerezza che fece stringere la gola di Emma.

    Quasi glielo disse, il pensiero le attraversò la mente. Ti amo. Ma ingoiò quelle parole che sapeva essere vere da un po' di tempo – si disse che se lo avesse ammesso e lui avesse voltato le spalle, lei non sarebbe sopravvissuta. Non sarebbe stato come con Neal e Boston, dove aveva dovuto raccogliere i cocci di se stessa – si sarebbe frantumata semplicemente in frammenti così piccoli che non avrebbe potuto più fare nulla.

    Invece, gli prese la mano, intrecciando le loro dita e trascinandolo di nuovo in strada.

    Cenarono in un pub poco distante dall'hotel, infilati in un angolo con fish and chips e qualche pinta di birra. Era più facile lì, lui era più rilassato di quanto non l'avesse mai visto a Los Angeles e non sapeva se fosse la città o il film o forse qualcos'altro – lei? – ma i suoi quasi pigri sorrisi erano i suoi preferiti.

    Era buio quando tornarono in albergo, buio e freddo, ed Emma si strofinò le braccia mentre finalmente si riparavano dal vento nella hall.

    "Magari accenderemo il fuoco stanotte, tesoro?".

    "Sarebbe perfetto" uno strano mix di nostalgia la pervase mentre lo guardava inginocchiarsi accanto al camino. Quella era sempre stata una cosa loro, fin dalla prima notte che avevano trascorso da soli insieme. Era semplice, accogliente, ed era loro.

    Non ci volle molto perché il fuoco riscaldasse la camera da letto e si sistemarono comodamente sul pavimento, la sua schiena appoggiata al letto e quella di Emma premuta contro il suo petto. Lei aveva una canottiera e aveva scambiato i suoi jeans con morbidi leggings e si ritrovò abbastanza contenta tra le sue braccia.

    La luce del fuoco catturava l'argento dell'ancora che le pendeva dal collo e lei strofinò il pollice sopra distrattamente, quasi come un portafortuna. Era difficile credere che tutti quei mesi dopo un gesto impulsivo e troppo costoso si fosse rivelato la decisione migliore che avesse mai preso, che un pomeriggio in una caffetteria le avesse cambiato la vita - facendola sentire davvero viva per la prima volta dopo anni.

    "Sapevi che nel Regno Unito tutti i cigni sono di proprietà della Regina?" lui disse, interrompendo i suoi pensieri. Tracciò il dito lungo la pelle esposta della sua spalla, lasciandole baci morbidi seguendo il suo tocco lungo la parte posteriore della spalla.

    Lei rise, appoggiandosi alle sue braccia e cercando di incrociare il suo sguardo "Cosa ti ha fatto pensare a questa cosa?".

    Lui alzò le spalle e lei potè sentire il movimento dietro di sè, la maglietta sottile che indossava non faceva molto per nascondere lo spostamento di muscoli che conosceva così bene.

    "C'era anche un ciondolo a forma di cigno nel negozio, ma l'ancora sembrava più adatta".

    "Mi piace l'ancora".

    "Ne sono felice" posò un bacio sui suoi capelli, stringendo la presa su di lei per un momento prima di premere un altro bacio sulla sua spalla "La Regina non possiede tutte le ancore".

    "Non possiede la mia, in ogni caso. Nessuno la possiede".

    "Già, Swan. Ma sicuramente devi sapere che io appartengo a te" quelle parole furono morbide, piene di emozione mentre riprendeva la linea dei baci sulle sue spalle.

    Emma si girò tra le sue braccia, inginocchiata tra le sue gambe divaricate mentre lo guardava dall'alto, quegli occhi azzurri infiniti, pieni di fuoco, amore e desiderio "E io sono tua” non erano proprio le parole che aveva avuto in mente tutto il pomeriggio, ma era la cosa più vicina che potesse ottenere. Le sigillò con un bacio, qualcosa che all'inizio fu gentile ma divenne presto bisognoso.

    Le sue braccia la avvolsero, le dita di una mano allargate tra le sue scapole mentre l’altra si arricciava intorno al suo fianco, tirandola più vicino. Erano già stati a quel punto prima, quel posto che avevano sempre voluto.

    Ma si erano sempre fermati.

    In un impeto di certezza, Emma improvvisamente non si curò di non avergli parlato di Boston. Tutta la sua ansia, tutte le sue preoccupazioni, sembrarono improvvisamente inutili. Non sapeva molto del passato di lui e non importava, perché non c'era niente che potesse dirle che le avrebbe fatto cambiare idea su di lui. Non importava chi fossero prima di essersi incontrati – quello che avevano insieme, ora, era tutto ciò che contava.

    Così, quando lui si appoggiò alla struttura del letto, respirando affannosamente, lei lo seguì. Le sue gambe si mossero senza pensarci, le ginocchia che si posarono su entrambi i lati dei suoi fianchi mentre si premeva contro di lui, trascinando le unghie leggermente lungo i lati delle sue costole mentre gli tirava su la maglietta. Non aveva fretta, assaporando ogni suo respiro finché si rese conto di non riuscire a togliergli la maglietta.

    "Emma..." ci fu un tono di avvertimento familiare nella sua voce, roca e tesa, ma tutto ciò che lei fece fu guidare la sua mano sull'orlo della sua maglia, un incoraggiamento silenzioso a togliergliela. Lui la seguì con un respiro tremante, le sue dita che scivolavano sulla sua pelle mentre la baciava, dividendosi solo per tirare la canottiera sopra la sua testa.

    I loro occhi si incontrarono, la maglietta già dimenticata da qualche parte sul pavimento con la sua. Le sue mani sulle sue spalle e lei fece leva per avvicinarsi, le sue labbra a sfiorare le sue in uno stuzzicarsi, finché non chiuse lo spazio tra loro con un basso gemito.

    Stava cercando di afferrare la fibbia del reggiseno quando lui la fermò, le sue dita delicate sui suoi polsi ma "Ho bisogno…".

    "Ho bisogno di te" lei intervenne senza esitazione, i suoi occhi fissi su quelli di lui, un abisso blu in cui poteva felicemente perdersi per sempre "Non so perché mi ci sia voluto così tanto tempo per arrivare fino a qui, ma sono pronta. Io sono assolutamente pronta".

    ’Ti amo’.

    "Sei..." la domanda di lui venne inghiottita da un altro bacio e tutto ciò che lo aveva trattenuto si sgretolò. Non cercò di alzarsi, ma i suoi respiri divennero brevi quando si divisero di nuovo.

    Era solido tra le sue cosce, ma il suo sorriso era in qualche modo dolce nonostante la lussuria pura dentro i suoi occhi "Non ho mai voluto una donna come voglio te, tesoro".

    Si allungò in avanti, fermandosi appena prima che le loro labbra si incontrassero per assorbire il blu dei suoi occhi, amore e desiderio aggrovigliati insieme nelle loro profondità. Quel bacio fu più dolce, più morbido, ma alla fine non riuscì a fermarsi dallo scuotere i fianchi contro i suoi, un basso gemito le sfuggì mentre lui rivolse la sua attenzione al suo collo e alle spalle, un dito lungo la coppa del reggiseno.

    "Killian..." il suo nome venne inghiottito da un sussulto mentre spingeva una delle bretelle giù dalla sua spalla, trascinandolo con i denti mentre le sue mani rimanevano sui suoi fianchi, guidando dolcemente il suo leggero movimento.

    "Io…".

    ’Diglielo’.

    Si alzò in piedi, invece, tendendogli la mano.

    I loro occhi si incontrarono, ma lui non gliela prese subito. Invece, fece scorrere le mani sulle sue gambe lentamente, finché non arrivarono sulla curva arrotondata del suo sedere. La spinse in avanti, premendo un bacio all'apice delle sue cosce. I leggings erano troppo sottili per nascondere il calore della sua bocca e lei non riuscì a zittire un gemito mentre lui lo faceva di nuovo, un bacio morbido che non fece altro che rendere più forte il dolore tra le sue gambe.

    "Questa sera la desideravo da molto tempo..." le parole vennero smorzate mentre sfiorava il suo naso lungo il suo fianco, alzandosi finalmente. Si alzò con grazia, avvolgendo le braccia saldamente intorno a lei mentre le stava davanti "Ma sicuramente devi sapere che i miei sentimenti per te non cambierebbero se non fossi completamente…”.

    "Ma lo sono” fece scivolare i palmi delle mani lungo il suo petto nudo "Non cambio idea".

    Si aspettò che lui la spingesse verso il letto, per non perdere tempo, ma non lo fece. Non finchè non la baciò profondamente, toccandola per tutto il tempo. La fece sdraiare sul letto e si sistemò tra le sue gambe, puntellandosi sui gomiti.

    Si chinò per posare un bacio sopra il suo cuore che batteva forte, il suo respiro irregolare mentre il pollice sfiorava il ciondolo "Abbiamo bisogno di…".

    "No, ho pensato a tutto io" lo fissò alla luce del fuoco, facendo scorrere le dita sulla sua mascella "Altre domande?".

    Lui scosse la testa, scostandole i capelli dal viso, trovando un’espressione stupita.

    "Allora baciami" gli disse dolcemente, tirandolo più vicino mentre i suoi occhi si chiudevano.

    Si aspettava che la passione disperata ricominciasse, ma avrebbe dovuto sapere ormai che a Killian piaceva prendersi il suo tempo. Le sue labbra indugiarono sulle sue, ma lei voleva di più, premendo i fianchi contro quelli di lui per farglielo notare. Lo sentì contro la sua coscia, sapeva che lo voleva tanto quanto lei, ma la sua unica reazione fu una risatina sommessa.

    "Pazienza" la sua mano percorse il suo fianco, il pollice che sfiorava appena il suo capezzolo attraverso il tessuto sottile del reggiseno, ma lui la stava guardando tutto il tempo, la lussuria che gli faceva brillare gli occhi. Sorrise quando le mancò il respiro e lei stava per protestare, ma le sue labbra scesero di nuovo sulle sue.

    Questa volta fu di più, i baci le fecero affondare le unghie nelle sue spalle mentre il suo peso si depositava di più su di lei.

    "Basta pazienza" Emma riuscì a dire quando si divisero, le mani di lui che vagavano più in basso, ma si limitò a scuotere la testa, la lingua che scorreva su un punto sensibile del suo collo "Dannazione, Killian, ho bisogno...".

    "Emma, tesoro, una volta mi hai detto che era il tuo turno. Adesso è il mio turno" premette un altro bacio sull'incavo della sua gola, la sollevò quel tanto che bastava per slacciarle il reggiseno e iniziare a toglierglielo "E ho intenzione di fare in modo che ti piaccia il mio turno tanto quanto è piaciuto a me il tuo" si prese tutto il tempo del mondo, i suoi occhi la divoravano avidamente "Quando sarà di nuovo il tuo turno.." gettò il reggiseno giù dal letto, un luccichio malizioso nei suoi occhi "Quando sarà il tuo turno, potrai essere impaziente quanto vorrai. Io preferisco prendermi il mio tempo”.

    Non ebbe possibilità di discutere prima che lui abbassasse le labbra sul suo seno. Le sue labbra e la sua lingua si mossero su di lei, i suoi denti occasionalmente si trascinarono sulla pelle sensibile, e lei farfugliò qualche parola, i suoi occhi si chiusero mentre si inarcava contro di lui.

    "Emma..." il suo nome fu una supplica e una preghiera, sussurrate sulla sua pelle mentre si abbassava su di lei totalmente, le sue dita lasciavano una scia di pelle d'oca su di lei "Sei dannatamente fantastica".

    Gli occhi di lei si aprirono di scatto, bloccandosi sui suoi, il desiderio feroce che la fissava. Il tutto temperato con tenerezza e fu come se avesse tolto dei prosciutti dagli occhi. Poteva sentire ogni parte di lui - ogni centimetro di muscolo del suo corpo, ma non era solo quello. Quella notte Killian aveva trovato un modo per legare le loro anime insieme, ogni bacio le avvicinava sempre più. Ogni emozione che correva attraverso di lui scorreva nelle vene di lei.

    Dove lei si fermava, cominciava lui.

    "Quel primo giorno nell'ufficio di Regina, avrei voluto baciarti" lui disse a mo’ di confessione, ma la baciò subito, urgente ed esigente, prima che lei potesse rispondere "Eri bellissima e feroce e ho detto a Regina che non ti volevo perché sapevo già di essere spacciato. Ti volevo allora proprio come ora" Killian disse mentre tornava al suo collo, la sua lingua che guizzava contro il suo orecchio.

    "Dubito che Regina avrebbe... Oh!" le sue parole morirono sulle sue labbra mentre lui la raggiungeva, la sua mano scivolava tra i loro corpi per accarezzandole l'interno della coscia sopra i leggings sottili, mai abbastanza vicino da raggiungere dove aveva più bisogno di lui.

    "La mattina che mi hai chiesto di toccarmi..." le sue parole divennero più spesse, più basse e svanirono mentre finalmente le sue dita finirono sulla sua coscia. Il suo tocco era ancora esasperante ed Emma dovette lottare per non implorare di avere di più. Invece, la sua mano afferrò il piumino sotto di sè, torcendo il tessuto tra le dita mentre i suoi respiri si accorciavano.

    "Volevo rifiutarti, per ribattere alla tua richiesta con una mia”.

    La sua mano si allontanò ed Emma inspirò quando trovò la pelle nuda. Si aspettò un altro bacio, ma lui invece chiamò il suo nome dolcemente, i suoi occhi bruciavano mentre lei apriva i suoi "Avrei voluto toccarti quella mattina, tesoro. Così..." le sue nocche le sfiorano la parte inferiore del seno mentre si abbassava per baciarla "Qui..." mormorò contro la sua pelle, la sua mano che si muoveva di nuovo verso il bordo dei leggings e scivolava sotto il tessuto "Ma qui più di tutto" disse mentre trascinava un dito nel calore umido tra le sue gambe.

    "Lo volevo anch'io" Emma riuscì a mormorare, i suoi occhi si chiusero e la sua schiena si inarcò alla lenta tortura del suo tocco, mai abbastanza pressione - non che ce ne sarebbe voluta molto a quel punto. Le cose che le stava dicendo, combinate con il modo in cui le sue dita danzavano lungo il suo corpo, l’avevano già portata al limite.

    "Cosa avresti voluto, tesoro? Questo?" premette con fermezza questa volta mentre spostava la mano sopra di lei, la punta di un dito che affondava dentro di lei mentre lei si lasciava sfuggire un gemito "È così che avresti immaginato che sarebbe stato?".

    "Killian… ti prego”.

    Aprì gli occhi abbastanza a lungo per vederlo leccarsi le labbra, i suoi occhi quasi neri di desiderio mentre spostava il pollice, tenendo il suo sguardo prigioniero mentre le dava proprio ciò di cui aveva bisogno per vedere le stelle.

    Il suo corpo continuò a tremare anche dopo, facendo fatica per sedersi, ogni muscolo del suo corpo ridotto a budino mentre raggiungeva i suoi pantaloni, le sue dita impacciate mentre lo spingeva indietro "Penso che sia il mio turno, ora" gli sussurrò all'orecchio, mordendolo dolcemente prima di portare le labbra sulle sue di nuovo.

    "Sarai la mia meravigliosa fine, tesoro" la sua voce trasudava fame cruda – sembrava già senza forze nonostante il fatto che lo avesse appena toccato. Venne attraversata da un brivido di attesa per ciò che doveva ancora accadere.

    Le sue mani tremavano mentre finalmente riusciva a slacciare i suoi dannati pantaloni e avrebbe dovuto solo spingerli dai fianchi, ma voleva vedere la sua faccia. Lui aveva fermato entrambi quella mattina, prima che potessero fare ciò che volevano veramente.

    Non cercò di fermarla questa volta.

    Imprecò di nuovo mentre lei si metteva a sedere, tirandogli giù i boxer quel tanto che bastava per liberarlo. I suoi occhi si persero nei suoi prima ancora che lei lo toccasse, le sue dita strinsero il piumino proprio come aveva fatto lei poco prima. Emma sorrise a quella vista, sapendo che quella notte sarebbe finita molto diversamente.

    Usò una mano per tenere il tessuto da parte mentre l'altra mano si avvolgeva attorno al suo sesso, la presa salda. Il solo suo gemito fu soddisfacente di per sé, ma il modo in cui i suoi occhi si chiusero appena lo strinse di più, le sue labbra a malapena dischiuse mentre lei giocherellava con il pollice, furono abbastanza per inviare un'ondata di calore dritta tra le sue gambe, dolorosamente consapevole del pulsare del suo cuore.

    Fu uno shock scoprire che il suo corpo stava rispondendo di nuovo così rapidamente nonostante i fremiti di piacere che ancora la percorrevano, ma sapeva da molto tempo che stare con Killian sarebbe stato diverso.

    "Questo è quello che volevo quella mattina" gli sussurrò mentre si chinava per baciarlo, stringendo la presa leggermente. Quando il bacio finì, lui lanciò un altro fiume di imprecazioni soffocate ed Emma avrebbe voluto controbattere – era il suo turno, dannazione – ma lui ancora una volta la fermò, i suoi baci ancora una volta bisognosi.

    Killian si tirò indietro bruscamente, imprecando sottovoce mentre si alzava e si liberava del resto dei suoi vestiti. Emma lo guardò spogliarsi con il cuore in gola. All'improvviso ebbe un'idea molto chiara di quello che il suo piccolo spettacolo accanto alla piscina gli aveva dovuto causare settimane prima.

    Ne aveva visti molti nei mesi in cui avevano vissuto insieme, il modo in cui si metteva i pantaloni del pigiama indecentemente bassi sui fianchi, il suo costante amore per le magliette, ma la vista di lui nudo era tutta un'altra cosa. I suoi occhi vagarono su di lui, studiando i muscoli e la pelle morbida, la linea scura di peli che viaggia giù, giù, giù...

    Impaziente ancora una volta, lei raggiunse la vita dei suoi leggings, ma lui la fermò, le sue dita che si strinsero intorno al suo polso mentre riprendeva il suo posto tra le sue gambe con un accenno del suo solito sorrisetto. Portò la sua mano alle labbra, baciandole l'interno del polso prima di guidarlo di nuovo verso il letto "Se mi permetti” le sue parole bruciavano di promessa, segno sicuro che non aveva intenzione di toglierle i rimanenti vestiti con l'efficienza che aveva usato per i suoi.

    Era esasperante il modo in cui le accarezzava i fianchi, le cosce, le labbra e la lingua che seguivano il tutto. Killian strinse le dita intorno all'elastico in vita, ma lo abbassò solo di pochi centimetri, baciandole i fianchi scoperti come se avessero tutto il tempo del mondo – come se ogni sfioramento delle sue labbra non fosse un marchio sulla sua pelle.

    Ripetè quel processo per tutta la lunghezza delle sue gambe, una frenesia che cresceva nel suo sangue ad ogni sfregamento della sua pelle contro la propria, ogni carezza delle sue labbra e il calore umido della sua lingua la spingevano ulteriormente verso il limite. Fu solo una volta che ebbe gettato i suoi vestiti sul pavimento che rivolse gli occhi su di lei, il calore crudo nella sua espressione le fece serrare le cosce.

    Le fece scorrere un dito all'interno della coscia, guardandola "Volevo farlo il giorno in cui mi hai baciato in piscina. Cavolo, volevo farlo ogni volta che mi svegliavo con te tra le braccia" le parole furono serrate con un controllo appena trattenuto mentre la fissava. Premette prima un dito, poi due dentro di lei, arricciandosi quel tanto che bastava per strapparle un altro gemito e poteva bruciarla letteralmente con il fuoco che aveva negli occhi.

    La connessione tra loro trasudava elettricità, ma era più che semplice lussuria, più che piacere fisico mentre il suo cuore batteva contro le sue costole. Il passaggio delle sue nocche sulla sua pelle diceva più di quello che avesse mai provato prima di lui e sebbene lei stava praticamente tremando per l'anticipazione, non si era mai trattato solo di sesso.

    Anche se gli avesse permesso di portarla a letto quella prima notte tanti mesi prima, non sarebbe stato ugualmente solo sesso.

    Il suo tocco si addolcì, non del tutto stuzzicante, ma nemmeno del tutto motivato a un secondo fine "Sei così dannatamente bella" Killian disse, la voce calma per un momento mentre i loro occhi si incontravano di nuovo "Dio, Emma, le cose che mi fai…".

    Il calore divampò di nuovo mentre i suoi movimenti diventavano più decisi, un gemito le sfuggì dalle labbra mentre i suoi occhi si chiudevano, i suoi fianchi che spingevano contro la sua mano, desiderando di più - più delle sue parole che le rendevano difficile respirare, più delle sue labbra sulle sue, più della passione che stava ribollendo tra di loro da mesi.

    "Ti ho pensato spesso, tesoro, così" la sua voce era rauca "Stare con te, la vista del tuo corpo arrossato dal desiderio..." non smetteva di accarezzarla mentre si portava un suo seno in bocca, sfregando i denti contro la sua pelle in un movimento che la fece arcuare contro di lui "Per quanto piacevoli siano stati quei momenti sotto la doccia...".

    "Anche per me" avrebbe dovuto essere imbarazzata, ma era la cosa più lontana dalla sua mente mentre le sue dita si muovevano dentro di lei, molto più sicure. Lo sguardo sul suo viso da solo valeva quella confessione mentre apriva gli occhi, i suoi respiri pesanti mentre la stringeva più forte.

    "Hai pensato di darti piacere?".

    "Ho pensato a te mentre ero sotto la doccia... O da sola a letto...".

    Imprecò, i suoi occhi si incupirono appena prima che le sue labbra scendessero sulle sue in un altro bacio esigente.

    Emma non poteva più trattenersi mentre lui aggiungeva una pressione decisa del suo pollice, il suo corpo così teso che si spezzò subito. Il piacere iniziò a scorrere nelle sue vene mentre i suoi fianchi si sollevavano dal letto, i denti che affondavano nel labbro inferiore mentre le sfuggiva un lungo gemito.

    La accarezzò mentre lei si calmava, continuando a darle piacere con un tocco leggero mentre spostava il suo peso su di lei. Il calore di lui tra le sue gambe le fece aprire gli occhi, le dita che si intrecciavano tra i suoi capelli. Quel bacio fu lento, le labbra di Emma si curvarono in un sorriso, una mano che si posava sul suo fianco. I suoi pensieri erano confusi, contenti e al sicuro tra le sue braccia, godendosi il suo peso e la pelle nuda contro la sua, la sua gentilezza anche quando il basso bruciore nel suo ventre iniziava a farsi sentire di nuovo.

    "Sei sicura?" Killian chiese ancora una volta mentre si separavano, un lampo di preoccupazione nei suoi occhi mentre le scostava i capelli dalla fronte.

    La domanda la stordì per il fatto che ancora chiedesse una cosa del genere - che avrebbe potuto pensare per un secondo che sarebbe stata capace di liberarsi dalle sue braccia "Sicura. Sono tua" gli sussurrò, il palmo della mano contro la sua mascella mentre si allungava per baciarlo di nuovo, le dita che si stringevano intorno al fianco per incoraggiarlo.

    Le loro labbra si mossero ancora insieme mentre lui entrava in lei, un gemito all’unisono che interruppe il bacio. Il nome di lui che cadde dalle sue labbra fu come una scarica elettrica, ma il modo in cui si lasciò sfuggire una imprecazione mentre il suo corpo lo attirava al proprio fu tutta un’altra cosa che le fece battere il cuore a mille.

    Killian si mosse lentamente all'inizio, ma le sue braccia iniziarono a tremare sopra di lei e lei poteva vedere quanto stesse cercando di trattenersi dalle sue sopracciglia aggrottate. Avevano aspettato così a lungo per quello e, ancora una volta, lui stava facendo tutto per lei.

    "Killian, lasciati andare".

    I suoi occhi si spalancarono per fissarla e lei spinse indietro i fianchi contro i suoi.

    "Cazzo, Emma. Mi stai facendo morire, tesoro" ma non cambiò ritmo, solo le sue spinte furono più profonde, il respiro di Emma si fermava ogni volta che si strofinava contro di lei "Ma sarà una morte fantastica” le mormorò all'orecchio, nascondendo il viso tra i suoi capelli.

    Ogni centimetro dei loro corpi si toccava mentre lui si muoveva dentro di lei, i loro corpi uniti quasi come un ritorno a casa. Lei si aggrappò alla sua spalla, qualcosa di sicuro nei potenti muscoli che si flettevano sotto il suo palmo. Sapeva che era già vicino, ma strinse forte la mano sul suo fianco comunque, tirandolo di più verso di sè mentre spingeva. Aveva bisogno di più di lui, di più del sapore della sua pelle e del suono dei suoi respiri irregolari nel suo orecchio – di più di quella foschia di piacere e amore. Le parole si fecero largo sulla punta della sua lingua, ma poi si trattenne, trovando quel punto che la rendeva incapace di pensare, figurarsi di parlare.

    Ma era sempre stato più bravo lui con le parole.

    Non smettevano di muoversi e lui le liberò il viso dai capelli, la sua bocca in bilico sopra la sua "Ti amo tantissimo" le sussurrò poco prima che le loro labbra si incontrassero. Il bacio fu lento, quasi pigro se non per il movimento deciso dei loro fianchi. Avanti e avanti, il lento montare della tensione nel ventre di lei, le sue labbra che catturavano le sue.

    Emma affondò le unghie nella sua spalla mentre lui affondava di nuovo il viso nel suo collo, lo schiocco dei suoi fianchi che accelerò, lei che spingeva di rimando. I suoi sussulti furono caldi contro la sua pelle mentre raggiungevano il limite, gemendo.

    All'inizio non si mossero, la presa di Emma sulla sua spalla si allentò, trasformandosi in carezze languide lungo la sua pelle liscia. Lei riprese fiato, senza forze e sazia, godendosi il solletico dei suoi capelli contro la guancia, la certezza che le sue paure non sarebbero servite a nulla – se avesse potuto rimanere in quel momento con lui per sempre, l'avrebbe fatto.

    "È stato…".

    "Dannatamente fantastico" Killian sorrise, la malizia negli occhi mentre si sollevava sui gomiti, urtando il naso contro il suo proprio prima che la baciasse, un bacio pigro e soddisfatto "Tu sei dannatamente fantastica” le sue labbra passarono sul suo viso, le labbra che sfioravano la sua fronte, la sua guancia, la sua mascella prima di tirarsi indietro per guardarla "Sei tutto per me, Emma” la sua espressione si fece seria mentre si separavano, occhi pieni di amore e tenerezza, ma soprattutto di profonda soddisfazione, la gioia di aver risposto ai suoi desideri.

    ’Ti amo’.

    Emma aprì la bocca per dirglielo, per sciogliere l'ultimo nodo della loro relazione, ma lui la baciò di nuovo, baci dolci di un uomo soddisfatto, e quando si spostò, lei aveva perso il coraggio.

    Invece, si rannicchiò più vicino mentre lui la spingeva contro il suo petto, baciandole i capelli "Ti terrò al mio fianco finché mi vorrai” le mormorò, già mezzo addormentato mentre Emma premeva un leggero bacio contro il suo petto, respirando il suo profumo.

    I suoi respiri iniziarono a rallentare mentre il sonno lo trascinava via. Emma rimase sveglia, ascoltando il ritmo del suo cuore sotto il suo orecchio e godendosi il piacere della notte, il colore della sua pelle alla luce del fuoco, l'amore nei suoi occhi mentre si muoveva dentro di lei – la certezza che quando diceva di amarla, lo intendeva come nessun altro nella sua vita avesse mai fatto.

    "Ti amo anch'io" Emma sussurrò contro la sua pelle poco prima che il sonno la avvolgesse.


    Continua…
     
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    Capitolo 18



    Killian fluttua verso il risveglio, un profondo appagamento che permea tutto il suo corpo. Si perde ai confini di un sogno, il corpo di Emma flessibile mentre stringe la presa sulla sua coscia fino a quando il cervello improvvisamente si connette - la pelle nuda sotto il suo palmo non è un sogno.

    I suoi occhi si aprono sbattendo le palpebre nella stanza buia, il bagliore appena accennato dal fuoco del camino. C’è appena abbastanza luce per far brillare i capelli di Emma, la sua pelle pallida luminosa dove le lenzuola sono scivolate fino alla vita.

    I loro corpi aderiscono perfettamente l’uno all’altro, le dita di lui arricciate appena sotto il suo seno. Svegliarsi con Emma in tra le sue braccia è sempre stata una delizia, ma questa volta può sentire la seta della sua pelle senza che nulla li separi, quello è il paradiso.

    Il suo naso sfiora la gola di lei, i ricordi quasi lo travolgono - gli occhi di Emma che si riempiono di amore, i soffici rumori che il suo corpo non riusciva a zittire. Tutta quella voglia tra loro, e ancora, lontana dall'esplosione di lussuria avrebbe potuto essere.

    Forse la parte più soddisfacente è proprio quella: Emma non si era tirata indietro dalla dolcezza, rispondendo al suo sguardo mentre si muoveva in lei. Non si è mai trattato solo di piacere fisico tra loro e lo sa da molto tempo.

    Che Emma lo accettasse è tutta un'altra faccenda.

    Lei lo ama. Non l'aveva detto, certo, non aveva detto quelle tre preziose parole, ma è un uomo paziente. Aveva visto l'emozione nei suoi occhi, aveva sentito il tenero tocco delle sue dita - poteva aspettare che fosse pronta per dirglielo. È già abbastanza averla lì, sapere che è tanto interessata quanto lui.
    Sapere che tra altri due mesi la presunta fine del loro anno insieme è solo un'altra data sul calendario, non una separazione incombente che non riusciva ad accettare.
    Ma un ricordo tira l'altro, il corpo caldo di lei accoccolato contro il suo non fa nulla per prevenire la sua nuova eccitazione. La sua mano vaga su di lei, le dita danzano lungo le sue curve mentre inizia ad assaporare la sua pelle. Non si è mai tolta il ciondolo e il suo pollice sfiora l'àncora.
    Vuole darle molto di più di un semplice ciondolo.
    "Mmmm..." Emma geme, a metà strada tra un sospiro di piacere. Non è del tutto sicuro che lei sia sveglia finché non preme i fianchi contro la sua eccitazione, le sue dita si allungano per afferrare la sua gamba e tirarlo verso di sè. Seppellisce la sua faccia nel collo di lei, senza preoccuparsi di soffocare il basso gemito di piacere che quel movimento produce.
    "Che bello" lei mormora, la voce densa di sonno mentre lui disegna pigre linee sulle sue costole.
    "Già" lui fa scorrere la mano sulla curva del suo fianco, accarezzandole la coscia prima di ripercorrere lo stesso percorso al contrario, il respiro spezzato di lei ogni volta che lui sfiora un punto sensibile gli provoca un sorriso soddisfatto.
    Lei torce il collo, le sue dita si muovono per arricciarsi intorno alla sua guancia mentre lo attira in un dolce bacio. Sente il suo sussulto contro le sue labbra più di quanto lo senta con le orecchie mentre si allunga tra le sue gambe, sorpreso di trovarla più che pronta per lui. I suoi baci diventano più affamati mentre lui la accarezza, ogni volta che sente uno dei suoi gemiti sommessi è come un incoraggiamento di cui non ha bisogno, ma di cui si bea avidamente. Ascoltandola cedere completamente al piacere è quasi abbastanza per far cedere anche lui.
    Sta ancora tremando quando lui si sposta, la sua mano le stringe la coscia per aprirle meglio le gambe. Basta inclinare i fianchi leggermente per scivolare nel caldo sapore di lei, Emma si inarca contro di lui con un sonnolento borbottio del suo nome.
    Fermo, assapora il momento, la capacità di svegliarsi con Emma tra le braccia e seppellirsi dentro di lei come aveva desiderato fare per mesi –farla rispondere così istantaneamente nonostante entrambi fossero mezzi addormentati.
    ’Dannazione, è fantastica. Ed è mia’.
    Respira il suo odore, catturando le sue labbra in un bacio possessivo mentre muove i fianchi. Lei sospira mentre lui comincia a muoversi più velocemente, la testa che cade all'indietro sul cuscino, le ciocche bionde che si riversano sul suo braccio. La sua mano lascia la sua coscia, esplorando ogni curva, centimetro per centimetro. L'altro suo braccio si arriccia sotto il cuscino, allungando le dita tra i suoi capelli mentre i suoi occhi la divorano. Ogni difesa cade completamente, il suo corpo si apre a lui e le sue labbra si chiudono. É una bella donna, certo, ma la fiducia e la vulnerabilità di quella posizione intima sono ciò che gli fa stringere il petto mentre il piacere cresce nelle sue vene.
    Non cambierebbe nulla della loro prima volta insieme, ma c'è qualcosa di molto più profondo in quel momento al buio, i loro baci senza fretta mentre si muovono insieme. Quello è una semplice benedizione, svegliarsi accanto a lei, baciarla e toccarla – scoprire che lei lo desidera tanto quanto lui la desidera nel cuore della notte.
    Le lascia i capelli per intrecciare le loro dita, il palmo dell'altra mano sul suo cuore, tenendola stretta contro di sè. Sussurra il suo nome con un suono che è per metà piacere e per metà una supplica, e dannazione, il modo in cui pronuncia il suo nome... Fa scivolare la mano lungo le sue costole, sul suo ventre, afferrando quel poco di controllo che gli è rimasto mentre le sue dita premono verso il basso.
    "Kilian!" le sue dita stringono le sue mentre cede al piacere per la seconda volta.
    Appoggia la fronte contro la sua spalla, lottando per riprendere fiato mentre lui la segue con un ringhio, le loro dita intrecciate che si stringono forte mentre cadono insieme. La mano libera di Emma si allunga all'indietro, le dita si infilano nei suoi capelli e tirano finché le loro labbra non si incontrano di nuovo in un bacio senza fiato, come se lei fosse disperata di trattenere quel momento quanto lui.
    La testa di Emma cade all'indietro contro il cuscino e le sue labbra si curvano in un sorriso soddisfatto, ancora senza respiro, la presa sui suoi capelli si allenta in una dolce carezza mentre le sue labbra le sfiorano la spalla. Lui non ha smesso di muoversi completamente, il lento trascinamento dei loro corpi l'uno contro l'altro che continua fino a quando lei non sembra senza ossa tra le sue braccia e ogni muscolo del suo corpo si sente deliziosamente stanco.
    Non appena si allontana da lei, lei rotola verso di lui senza dire una parola. Le sue gambe si aggrovigliano contro le sue mentre il palmo di lei scorre lungo il suo petto e sopra la sua spalla prima di ferma contro la sua mascella, il suo bacio dolce.
    "Dormi, tesoro” le sussurra, posando un braccio sotto il cuscino mentre l'altro si arriccia protettivo attorno a lei. Lei mormora qualcosa contro la sua pelle, le parole perse in una foschia di sonno mentre si avvicina di più, le sue labbra che sfiorano il suo petto in un gesto tenero che dice più di mille parole.
    Non capirà mai completamente come l'universo abbia ritenuto opportuno portarla nella sua vita. Emma è un dono che non deve mai dare per scontato.




    Emma si sveglia con le dita di Killian che le accarezzano i capelli, un sorriso assonnato sul viso mentre sbatte le palpebre verso di lui dalla sua posizione contro il suo petto. Ridacchia, un rumore basso e contento mentre si rannicchia semplicemente più vicino con un gemito.
    "Mi guardi dormire? È inquietante" mormora sulla sua pelle, chiudendo gli occhi di nuovo e respirando il suo profumo.
    "Non sono sveglio da tanto, tesoro".
    "Mmm. Ho fatto un sogno incredibile" Emma dice, aprendo gli occhi per fissarlo apertamente, l’espressione innocente, le labbra che si contraggono in un sorriso canzonatorio "C'era questo ragazzo davvero sexy nel mio letto e mi ha svegliato nel cuore della notte solo per potermi fare sua”.
    "L'ha fatto davvero?" Killian sta al gioco, piegandosi per sfiorare le sue labbra con le sue, gli occhi che danzano di gioia “Sembra un tipo sfacciato" le sue dita percorrono la sua schiena prima che il suo tocco diventi deciso, tirandola più vicino "Dovrò prendere lezioni da lui. Mi trovo piuttosto esausto".
    Le sue dita trovano la loro strada, vagando lungo il suo stomaco, sfiorando il suo fianco e viaggiando più in basso, traendo un sibilo da lui e un sorrisetto da lei "Esausto?" lei chiede con un sopracciglio alzato, alzando la testa per guardarlo in faccia mentre trova il suo obiettivo "Non mi sembra così...".
    Le parole si perdono in un bacio mentre la fa girare sulla schiena e la risata le muore in gola mentre i suoi baci diventano più esigenti, i suoi tocchi più decisi "Non ne avrò mai abbastanza di te” mormora contro le sue labbra, la sua mano sulla sua coscia, spingendole delicatamente le gambe più larghe per farsi... spazio.
    "Mai è una... Oh..." i suoi occhi si chiudono e si abbandona al momento, al ritmo del suo corpo. Inizia lentamente, languidamente, finché Emma si ritrova sopra di lui, a guardare la sua espressione che cambia mentre si muove. La scorsa sera non si è mai tolta il ciondolo dell'àncora e... nota il modo in cui i suoi occhi lo fissano, sospeso tra i suoi seni, ondeggiando con lei.
    I suoi occhi si incupiscono e, in un rapido movimento, la mette sulla schiena, la dolcezza della mattina spezzata da un suo bacio divorante. La mattina si inclina sul suo asse, il tocco di Killian si fa affamato, i fianchi di lui che schioccano contro i suoi per spingersi dentro di lei con sconsiderato abbandono.
    Sapeva che quando le aveva sussurrato di lasciarsi andare la scorsa notte non l’aveva ascoltato completamente, non si era davvero arresa al suo attento controllo. Quella mattina è diversa e le labbra di Emma si piegano in un sorriso contro le sue mentre affonda le unghie nelle sue spalle e, proprio come quel primo bacio brutale, dà tutto.
    Lei non cambierebbe niente della scorsa notte, la lentezza e la passione delle sue emozioni in ogni tocco. Ma c'è qualcosa di innegabilmente attraente in Killian così, che rivendica senza ritegno. Le sue dita serpeggiano intorno ai suoi polsi, strappandole le mani dalle spalle e spingendole di nuovo nel materasso vicino alla sua testa, intrecciando le dita insieme e stringendo forte. I suoi respiri sono spezzati contro la sua pelle quando le sue labbra non sono sulle sue, baci selvaggi che lasciano il marchio.


    "Dimmi, tesoro, saresti terribilmente delusa se non facessimo visite turistiche oggi?" Killian chiede mentre sono stesi insieme nel groviglio di lenzuola, il piumino da qualche parte sul pavimento. Ha a malapena fiato, la voce roca nonostante la domanda scherzosa. Le accarezza la schiena con le nocche, un tocco quasi pigro che è tanto più gentile per il suo netto contrasto con la loro crudezza solo pochi istanti prima.
    Emma fa un grosso sospiro, incrociando le mani sotto il mento per appoggiarsi sul suo petto, stringe una gamba sulla sua. Riesce a sentire il suo battito cardiaco accelerato sotto il palmo della mano "Oh, molto delusa. Dovrai farti perdonare" dice solennemente.
    "E come?".
    "Beh..." lui sorride, fingendo di pensarci. La fa girare di nuovo sulla schiena prima che lei riesca a dire altro, ma lo squillo del suo telefono interrompe il loro bacio.
    "Ignoralo" le passa il naso lungo le clavicole, mordicchiandole leggermente "Chiunque sia, può aspettare fino a domani".
    Lei mormora il suo assenso, felice di chiudere gli occhi e fluttuare sulla nuvola di beatitudine e di piacere in cui si è trasformato il loro letto. La loro danza è più morbida ora, senza i movimenti quasi disperati, nessun calore nel tocco delle sue labbra contro la sua pelle o lo scorrimento delle sue dita - il suo è un piacevole appagamento mentre continua a strofinare il naso sulla sua pelle.
    Ma nemmeno un minuto dopo, lo squillo ricomincia.
    "Dannazione" Killian borbotta, raggiungendo alla cieca il telefono sul comodino. Si prepara a qualunque saluto irritato dirà, ma si limita a fissare lo schermo, premendo un pulsante finché il rumore non cessa "Messo silenzioso. Regina può aspettare" le dice, posando il telefono e raggiungendola di nuovo "Io non ho alcun desiderio di condividerti con il mondo oggi" le sue dita si intrecciano nei suoi capelli mentre ritorna al suo fianco, come se gli fosse difficile smettere di toccarla.
    È una sensazione che lei conosce bene. Nella luce del mattino, non sa perché ha aspettato così a lungo per quello – stare con Killian la scorsa notte, quella mattina, le fa solo sentire tutto più profondamente. Non c'è posto in cui lei preferirebbe essere che tra le sue braccia.
    "Kilian, io...".
    Il telefono dell'hotel sul comodino inizia a squillare prima che possa finire, il suo cuore batte forte perché le parole si sono fatte strada sulla punta della lingua. Sospira, rivolgendogli un sorriso mesto. Questo non è qualcosa che vuole dire mentre è distratto - sa cosa significherà e vuole che l’ascolti.
    Il suo umore cambia mentre lui fissa il telefono come se fosse arrivato per portarlo all'inferno.
    "Rispondi e basta" lei dice con una risata, dandogli una leggera spinta verso il bordo del letto.
    C'è qualcosa di adorabile nel broncio petulante sul suo viso "Sai che continuerà a chiamare" si distende contro i cuscini, ammirando la vista che le presenta mentre si allunga sul letto per rispondere al telefono. Il lenzuolo scivola via dal suo corpo mentre si avvicina, rivelandolo in tutta la sua gloria mentre Emma sorride a se stessa. Come è riuscita a resistere a quell'uomo?
    "Che c’è?" Killian risponde, le sopracciglia aggrottate mentre si passa una mano tra i capelli in agitazione. Sono già arruffati in ogni modo possibile grazie a lei, ma lui sta solo peggiorando le cose. Lui si lascia cadere sui cuscini con il telefono all'orecchio, la mascella serrata mentre fissa il soffitto.
    Emma striscia sul letto, mancandole la pressione della sua pelle contro la propria anche solo per i minuti di quella telefonata. La sua espressione si addolcisce mentre avvicina le loro mani intrecciate alla sua bocca, le sue labbra gentili sulla sua pelle nonostante il suo tono esasperato.
    "No, non ho controllato il mio telefono! Sono maledettamente occupato".
    Nasconde il suo sorriso con un bacio sulla sua spalla, le sue guance si scaldano mentre ricorda proprio come erano stati impegnati.
    Lui rilascia le sue dita, avvolgendole invece il braccio intorno per tenerla comodamente al suo fianco mentre ascolta Regina.
    L'ultima cosa che si aspetta è che Killian si metta improvvisamente seduto, il suo braccio intorno che scivola via all'istante.
    "Gold ha pubblicato cosa?".
    Ogni muscolo del suo corpo è improvvisamente teso e guarda il suo viso con un crescente senso di disagio. Ci sono troppe emozioni da seguire, ma quelle che riesce a cogliere non sono buone: rabbia, tradimento, preoccupazione e qualcos'altro, qualcosa di oscuro e terrificante.
    Killian riattacca il telefono senza aggiungere altro, girandosi verso di lei con nuvole temporalesche negli occhi "Io ti farò una domanda e tu mi dirai la dannata verità" la sua voce trema con rabbia a malapena controllata ed Emma si allontana da lui senza volerlo, il suo cuore che le martella nel petto.
    "Killian, cosa ha detto Regina?".
    "Hai o non hai un figlio di cui non mi hai mai parlato?".
    Non riesce a respirare per lo shock e dovrebbe alzarsi dal letto, mettersi dei vestiti, mettere un po' di distanza tra loro, ma non riesce a credere che stia succedendo - e che stia accadendo ora, quando hanno appena... e lei gli ha dato un pezzo della sua anima.
    "Emma, ho bisogno di una risposta" la sua voce è diventata fredda e quando lo guarda, riconosce a malapena l'uomo con cui ha trascorso gli ultimi dieci mesi. Non l'ha mai visto arrabbiato così, ma quel che è peggio è il tradimento su tutta la sua faccia.
    "Sì" lei sussurra, tirando il lenzuolo intorno al corpo in modo protettivo. Non gli chiede come lo sa – ha capito in un orribile momento di chiarezza. Gold, il paparazzo la cui moglie è andata a letto con lui – Killian ha chiesto cosa ha pubblicato. In qualche modo Gold si è impadronito del suo passato e l'ha pubblicato su tutti i tabloid.
    "Dannazione, Emma. Abbiamo detto niente cazzo di bugie. Io non ti ho mai mentito!" scende dal letto, raccoglie i suoi jeans dal pavimento e li indossa con rabbia, voltandosi di nuovo verso di lei “Come hai potuto non dirmelo? Dovevi sapere che qualcuno lo avrebbe scoperto!".
    "Regina ha detto che non sarebbe uscito nulla!".
    "Regina ha detto... Lo sapeva per tutto questo maledetto tempo? Lo sapeva ma non hai mai pensato di dirmelo?".
    "Non hai mai chiesto!" ora lei inizia continua a vestirsi e più a lungo vede quell'espressione sul viso, più le sue mura protettive si alzano. Avrebbe dovuto dirglielo - lo sa - ma non gli ha mai mentito.
    "Certo che non te l'ho mai chiesto! Perché diavolo dovrei chiederti se hai avuto un figlio?”.
    "Stavo per dirtelo…" lei risponde di scatto, tirandosi il maglione sopra la testa e fissandolo "Il giorno in cui hai ottenuto il ruolo. È quello a cui stavo pensando nel patio. Te lo avrei detto. Perché dopo quel giorno al ranch, le cose sono cambiate tra di noi. Dannazione, Killian, volevo dirtelo, ma eri così felice per il film e io semplicemente..." si interrompe, impotente, asciugandosi con rabbia le lacrime che le scendono sulle guance.
    È arrabbiata e ferita e ha bisogno che lui smetta di guardarla in quel modo.
    "È stato sei settimane fa!".
    "E tu mi hai raccontato tutti i tuoi segreti?" il suo umore si sta scurendo di nuovo, sbattendo contro il dolore e la vergogna e la colpa "Non ti ho mai chiesto, Killian! Ho aspettato che tu me lo dicessi col tuo tempo, perché qualunque cosa tu abbia fatto prima, non sei più quella persona. Non importa cosa sia successo o non sia successo. Non cambia come ti vedo o cosa sento per te!”.
    "Questo non è un ex su cui hai trascurato di fornirmi i dettagli. Questo è un bambino!".
    "Regina ti ha detto tutto? Che l'ho avuto in prigione con un braccio ammanettato al letto? Come avrei potuto in qualche modo tenere un essere umano in quel modo? Non l'ho mai nemmeno tenuto in braccio" le lacrime scorrono giù più veloci ora, la vecchia ferita che si squarcia come fosse ieri "Non sai niente della mia vita prima di te. Tu pensi che quell'appartamento fosse il peggio? Non sai cosa ho fatto per sopravvivere. Tu e la tua carriera di successo e i milioni di dollari - non lo sai!" ormai è un fiume in piena con le parole e le lacrime e vorrebbe colpirlo e baciarlo al contempo e vuole che questo incubo finisse subito.
    Killian non dice niente, e quello è peggio, perché la sua faccia è diventata lentamente una illeggibile maschera. Lei guarda impotente mentre lui si infila una maglietta, si infila gli stivali ai piedi e si dirige verso la porta della camera da letto "Ho bisogno di un po' d'aria" è tutto quello che dice prima che senta lo sbattere della stanza dietro di lui.
    Emma si affloscia contro il muro, le lacrime che ancora scorrono. Non riesce nemmeno a guardare il letto dove neanche dieci minuti prima era felice e contenta e non può crederci che quell'uomo possa provare quello che prova lei. Come afferma che sia. Perché quando è arrivato il momento, se n'è andato come tutti gli altri. Le cose si sono fatte difficili e se n'è andato. Avrebbe potuto gestire la sua rabbia, il suo dolore - avrebbe potuto gestire le urla e le porte sbattute. Ma la maschera fredda sul suo viso mentre si allontanava da lei ha mandato in mille minuscole schegge il suo cuore.


    Emma prova a chiamarlo, ma lui non risponde e non ha più niente da dire alla segreteria telefonica dopo il primo messaggio. Cerca di convincersi che non se ne andrà al primo segno di difficoltà – ha detto che aveva bisogno di aria – ma passa un'ora e non è ancora tornato.
    Più a lungo sta via, più rumorosi diventano i suoi pensieri. É stato un errore. Tutto. Il lavoro, la promessa di una enorme paga e un biglietto per uscire fuori dalla sua vecchia vita, è stata tutta una grande, enorme bugia. Quella non è una fiaba. Emma si è presa cura di se stessa per tutta la vita e nel momento in cui si è dimenticata che è la responsabile del suo destino, nel momento in cui ha dato via un pezzo del suo cuore, gli è esploso tutto in faccia. Non c'è nessuno in quel mondo che la salverà: deve salvare se stessa.
    Killian le ha fatto dimenticare quello.
    Non avrebbe dovuto trovarsi di nuovo in quello stato, sola e con il cuore spezzato, con le lacrime che le scendono sul viso per un uomo che non si è nemmeno preso la briga di restare. Il fatto che lei lo ami non è abbastanza – lei non è abbastanza.
    Non ci vuole molto per impacchettare le sue cose. Aveva a malapena disfatto le valigie. A malapena ricorda di aver chiuso la cerniera delle valigie, trascinandosele dietro mentre esce dall'hotel. Sale sul primo taxi che vede, va all'aeroporto e usa la sua carta di credito un'ultima volta per prenotarsi il primo aereo di ritorno a Los Angeles. È bello avere un piano, concentrare la mente su dei compiti piuttosto che sulle crepe nella sua calma facciata che minacciano di esplodere.
    Andrà a casa di lui, prenderà le sue cose dal garage. Questo sarà il primo passo. Quando avrà finito, scoprirà che ne è stato di suo figlio. Non lascerà che il circo mediatico sulla sua rottura con Killian influenzi il ragazzino - dal modo in cui la vede, questo è l'universo che le sta dando una seconda possibilità. Se Gold ha pubblicato una storia su suo figlio, sa dov'è.
    Forse può essere una madre migliore di quanto non sia come persona. Adesso è più grande. Può, dovrebbe, farcela. Forse, se non fosse scappata dalle sue responsabilità in primo luogo, non si troverebbe nel casino in cui si trova adesso.
    Sta scappando di nuovo, ma questo è diverso, perché non deve niente a Killian. È stata una transazione d'affari in cui è rimasta troppo coinvolta. Si è innamorata di lui e ora se ne andrà e pagherà il prezzo di aver creduto ad una fantasia.


    Aveva detto di amarla, ma è scappato anche lui.
    Solo che Killian non scappa, cammina. Non è nemmeno sicuro di dove stia andando quando lascia l’hotel, solo che deve mettere una certa distanza tra loro. È troppo ferito, troppo arrabbiato per stare dentro la stanza con lei. Come aveva potuto non dirgli che aveva un figlio?
    Milah non gli aveva mai detto di avere un figlio o un marito. Milah non gli aveva detto molte cose e alla fine quella donna lo aveva quasi distrutto.
    Cos'altro nasconde Emma Swan? Prova qualcosa per lui? Le ha detto che la ama e giura di aver visto nei suoi occhi che anche lei lo ama, ma non ha mai pronunciato quelle parole. Anche ieri sera, nell'intimità non solo dei loro corpi, ma nei momenti di quiete in mezzo, non aveva mai detto una parola d'amore.
    Killian non è così ingenuo da pensare che il sesso sia sinonimo di amore. Ha avuto un sacco di notti con donne di cui non si preoccupava. Ma lo sentiva: era stato diverso con Emma la scorsa notte. Non era stato solo sesso. Non era mai stato solo sesso tra loro.
    È una sensazione che non ha mai avuto con Milah – c'è tanto della sua relazione con Emma che non ha mai avuto con Milah. Il sentimento di Emma per lui è più sincero, più genuino, fin dal primo giorno in cui l'ha incontrata.
    Emma non è Milah.
    Cammina in tondo senza alcun concetto di tempo, insensibile al freddo mentre discute se entrare in uno qualsiasi dei pub che trova per un drink. Ma nessuna quantità di liquori in quella città avrebbe potuto cambiare un semplice fatto: non avrebbe dovuto abbandonarla come aveva fatto. Ha il dovere di ascoltarla, di trovare un modo di superare le cose insieme.
    Si sfrega le mani gelate, cercando i possibili modi in cui scusarsi. Non ha tutti i torti per essere arrabbiato perché lei non gli ha detto del suo passato, ma nemmeno lui le ha raccontato tutto. La ama - quello non cambia le cose.
    ’Non ti ho mai chiesto, Killian! Ho aspettato che tu me lo dicessi col tuo tempo, perché qualunque cosa tu abbia fatto prima, non sei più quella persona. Non importa cosa sia successo o non sia successo. Non cambia come ti vedo o cosa sento per te!’.
    Le sue parole risuonano nella sua mente mentre arranca lungo il corridoio verso la loro stanza, sentendosi sempre peggio più ci ripensa. Emma non ha detto le tre parole che vorrebbe sentire, ma quello che gli ha detto quella mattina avrebbe potuto benissimo essere la stessa cosa.
    Perché a un certo livello, lei sa che ha fatto cose di cui non è orgoglioso. Si ricorda il loro primo incontro nell'ufficio di Regina, sussulta quando pensa allo sciocco ubriaco che era, ma lei ha guardato oltre. E ha ragione: non gli ha mai chiesto niente.
    E poiché non gli ha mai stato chiesto, non sa – non sa di Milah e delle bugie che gli hanno spezzato il cuore. Non avrebbe mai potuto immaginare che nascondergli quella cosa, quella particolare verità, avrebbe scatenato quel putiferio.
    Anche lei non se lo meritava.
    "Emma?" dice, entrando nella stanza, accigliato per il silenzio "Emma, tesoro, sei qui?" non ottiene risposta e impreca, voltandosi verso la porta. Non sarà andata lontano e c'è solo un'altra persona che conosce lì.
    Si precipita lungo il corridoio, il suo pugno si scontra con la porta di David mentre il suo stomaco inizia a ribollire e prova un disagio artigliargli la gola.
    David spalanca la porta, le sopracciglia corrugate e lo sguardo pieno di irritazione finché non si rende conto che Killian è quello che bussa alla sua porta come se il mondo stesse per finire "Ehi, amico, stai bene?".
    "Emma è qui?" chiede senza preamboli, allungando il collo per cercare di vedere nella stanza.
    "No" David si acciglia, spalancando la porta e facendo cenno a Killian di entrare "Che c’è? È successo qualcosa?".
    "Abbiamo... avuto un disaccordo e ora non riesco a trovarla".
    "Forse è uscita per un po' per schiarirsi le idee. Mary Margaret lo fa a volte quando la faccio incazzare".
    "Amico, questo è stato..." Killian si strofina i palmi sul viso, voltandosi stancamente verso il suo amico "Ho bisogno di trovala".
    "Pensi che sia andata in un altro albergo?".
    "Non ne ho la più pallida idea. Se l'avessi, non sarei qui con te".
    "Beh, tira fuori il telefono e controlla l'app della carta di credito. Se ha preso un'altra stanza, la vedrai e saprai dove si trova. Dalle qualche ora per rinfrescarsi le idee e poi andrai laggiù e le chiederai scusa per qualunque cosa stupida tu le abbia detto" David sorride, dandogli una gomitata "Ragazzi, siete una vera coppia ora, con i litigi e tutto il resto".
    Killian lo ignora, cercando il telefono nelle tasche dei suoi jeans. Impreca quando si rende conto che il telefono non è con lui, che deve averlo lasciato nella stanza. Se Emma avesse provato a chiamarlo... "Devo andare" senza offrire ulteriori spiegazioni, si gira verso la porta, ignorando le domande di David alle sue spalle.
    Per tutto quel tempo, aveva pensato che il suo telefono non avesse squillato perché lei non voleva parlargli, ma ora… Ora è terrorizzato che lei abbia cercato di raggiungerlo, che possa pensare che lui la stia ignorando.
    Il cuore di Emma è una cosa fragile e preziosa. Dovrebbe essere lui a proteggerlo, ma se è lui che l'ha rotto questa volta?
    Nota che le sue scarpe non sono vicino alla porta quando entra nella stanza e lo sa, prima di arrivare in camera da letto – semplicemente non vuole ammetterlo a se stesso.
    Se n'è andata. I suoi vestiti, le sue scarpe, il suo spazzolino da denti – spariti. L'unica cosa rimasta è un oggettino d'argento sul comodino, la luce che si riflette sull'àncora d'argento come l'ultimo guizzo di una candela che si spegne.
    Killian sprofonda sul bordo del letto in stato di shock, le lenzuola ancora aggrovigliate dalla loro serata.
    La sua mano scorre distrattamente sul cuscino di lei, mentre il dolore lo attraversa e ricorda il modo in cui i suoi capelli ricadevano sul cuscino, l'espressione dolce e sognante sul suo viso mentre la baciava - e il modo in cui quella mattina è andato tutto in frantumi in un impeto di collera.
    Telefono. Emma.
    Scatta fuori dalla sua disperazione, le sue mani che si muovono freneticamente sul letto nel tentativo di localizzare il maledetto telefono. Sta per iniziare a tirare fuori i cuscini dalle loro custodie quando sente il tonfo di qualcosa che colpisce il pavimento.
    Lo afferra, costernato nel vedere quattro chiamate perse, tutte di Emma. Preme il pulsante di chiamata freneticamente, pregando che lei risponda, che quello è tutto un terribile malinteso. Possono superare quel momento – è arrabbiato, ma non significa che la ami di meno. Sicuramente, lei deve saperlo.
    Il suo telefono va direttamente alla segreteria.
    "Dannazione, Swan" impreca mentre riaggancia, senza preoccuparsi di lasciare un messaggio. Niente di quello che deve dirle dovrebbe essere lasciato in segreteria. Ha bisogno di vederla. Non può essere andata lontano, razionalizza. Inverness non è una città così grande e sono passate a malapena due ore. Forse aveva anche lei bisogno di un po' di tempo per rinfrescarsi: il ciondolo d'argento sul comodino indicherebbe diversamente, ma si aggrappa alla speranza – e potrebbe essersi trasferita in un’altra camera o un altro hotel come suggerito da David.
    Andando avanti, apre l'app della carta di credito, scorre fino agli addebiti recenti e sente il cuore cadere nel pavimento. C'è un'autorizzazione di una compagnia aerea di nemmeno dieci minuti prima. Non è solo andata in un'altra stanza o un altro hotel – sta lasciando la Scozia direttamente.
    Non se può evitarlo.
    Non perde tempo, si gira verso la porta, deciso a raggiungere l'aeroporto e fermarla. Ci vuole tempo per registrare un bagaglio, per imbarcarsi su un volo, e non ci sono molti aerei in entrata e in uscita da Inverness. E non un enorme aeroporto – dice una piccola preghiera di ringraziamento che non sono a Londra, che lei non può prendere un volo per qualsiasi posto in un attimo, così ha buone possibilità di trovarla prima che sia troppo tardi.
    Le spiegherà di Milah e delle bugie. Si scuserà per la sua cattiva reazione. Ascolterà, se vuole raccontargli tutta la storia o vuole dirgli che è un maledetto idiota. Perché più ci pensa, più a lungo si rende conto che Emma se n'è andata e sembra non avere alcuna intenzione di tornare, più si rende conto di non essere nemmeno arrabbiato –solo ferito.
    Spalancando la porta, quasi sbatte contro l'ultima persona che si aspetta di trovare, il pugno di lei alzato e gli occhi sbarrati dalla sorpresa.


    Continua…
     
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    Capitolo 19 (I parte)



    È raro che la sua manager sembri sorpresa, ma si accorge a malapena della cosa mentre Killian cerca di superarla.

    "Fuori dai piedi, Regina”.

    "Temo di no" lei sospira, indicando l'interno della stanza "I paparazzi sono già in arrivo da Londra. Ce ne sono una quindicina fuori dall'atrio. Dobbiamo gestire la cosa insieme. Dov'è la signorina Swan? Hai riattaccato piuttosto velocemente stamattina, ma presumo che voi due abbiate già avuto modo di parlare. Confido che ti abbia fornito i dettagli necessari?".

    Lui fa una smorfia, aprendo di più la porta e permettendole di entrare prima di appoggiarsi pesantemente contro la parete "Emma se n'è andata" le dice, la voce bassa e rauca "Ha comprato un biglietto aereo dieci minuti fa. Devo seguirla. Ho bisogno del tuo aiuto, Regina. Ci deve essere un'uscita secondaria in questo posto, una qualsiasi via d'uscita!".

    Le sue parole sono frenetiche, la sua mente sta ancora elaborando gli eventi del mattino. Non riesce a credere che se ne sia andata.

    Non è reale – quell'orribile, dolorante buco nel suo petto non può essere reale. Due ore fa, aveva tutto quello che aveva sempre voluto. Emma. Il ruolo cinematografico che avrebbe cambiato la sua carriera. Sicurezza. Una casa.

    L’amore.

    E tra tutte le persone che potevano mandare in frantumi il suo mondo, doveva essere proprio quel viscido bastardo di Gold. Chissà da quanto tempo il Coccodrillo cercava i segreti di Emma, aspettando il momento peggiore in assoluto per sgattaiolare fuori dal fango e colpire.

    Pensare a Gold fa riaccendere la sua rabbia. Non avrebbe vinto questa volta. Killian non sarebbe ritornato ad essere quell'uomo - quell'uomo che era spezzato, che si era trasformato in alcool o qualsiasi altra cosa potesse avere tra le mani per una distrazione. Adesso è un uomo migliore – non avrebbe rinunciato a Emma senza combattere.

    Ha solo bisogno che Regina si tolga di mezzo.

    "Se n'è andata?" il sopracciglio di Regina si solleva incredula, i suoi occhi scrutano la stanza, anche se non si addentra ulteriormente. Invece rimane alla porta, i piedi ben piantati in un chiaro messaggio che gli dice che non ha intenzione di muoversi "Ma il suo anno non è finito. Ha violato il contratto".

    "Non me ne frega niente di quel maledetto contratto" Killian scatta "Se n'è andata. Devo seguirla. La scorsa notte...".

    Gli occhi di Regina si restringono e sospira di nuovo con impazienza "Ti avevo detto di non farti coinvolgere con questa donna, Jones" scuote la testa come se fosse stato un bambino cattivo e lui quasi la spinge da parte per uscire.

    Apre la bocca per discutere, ma si ferma all'improvviso, il vago sospetto si trasforma in rabbia "Hai qualcosa a che fare con questa situazione? Che Dio mi sia testimone, se hai spifferato a quel dannato Coccodrillo i segreti di Emma per scacciarla via...".

    "Non ho fatto niente del genere" Regina si scosta i capelli dal viso e incontra il suo sguardo fisso, l'irritazione nei suoi occhi duri "Sono molte cose, ma sii logico per un momento. Ho avuto sempre in mente i tuoi migliori interessi. Uno scandalo non ti aiuta in questo momento. C'è un motivo per cui Emma non è stata licenziata immediatamente quando hai ottenuto il ruolo. Una rottura proprio prima del film avrebbe distolto l'attenzione" fa spallucce, alzando le mani in una posa di innocenza "Anche se volessi svelare i segreti di Emma al mondo per scacciarla, Gold è l'ultima persona sulla terra da cui andrei. Questa non è opera mia".

    "Allora devi aiutarmi. Ho bisogno di lei. Io...".

    "Ecco il problema" interviene, tornando al suo tono freddo “Se te ne andassi ora, violeresti il contratto. Non puoi inseguirla. Non solo perderai questo ruolo, sarai citato in giudizio. Non lavorerai di nuovo in questo affare. Non dopo tutto quello che hai fatto l'anno scorso. Questa è la tua ultima possibilità. Non farti soffiare tutto da una bionda".

    "Non è solo una dannata bionda! Se riesco ad arrivare all'aeroporto in tempo, posso impedirle di salire sull'aereo. Devo fermarla!".

    "Come fai a sapere che è ancora lì?" chiede Regina, alzando le mani in segno di frustrazione "Esci da quella porta con quell'aspetto ed è tutto sui tabloid in poche ore. E Gold vincerà. Vuoi che vinca quel bastardo?".

    "No! Ma questa è una maledetta perdita di tempo! Devo andare…".

    "Quale compagnia aerea?" Regina prende il cellulare, in attesa di una risposta.

    "Perché?”.

    "Perché possiamo controllare gli orari dei voli da qui. Se riesci ad arrivare all'aeroporto prima che se ne sia andata, ti aiuterò. La sua partenza non ti farà alcun favore nelle pubbliche relazioni. Ma se se ne sarà già andata, rimarrai qui. Faremo una dichiarazione e troveremo un cavillo nel contratto che ci permetterà di non far annullare tutto il lavoro che hai fatto". Il suo viso si addolcisce e, solo per un secondo, lui pensa di vedere un indizio di comprensione "Non vale la pena buttare via tutto ciò per cui hai lavorato così duramente".

    Le dice il nome della compagnia aerea, cercando di non trattenere il respiro o discutere o distrarla in alcun modo. È teso, ogni muscolo contratto per non correre fuori dalla porta e trovare un modo per fermare quella follia. Emma ne vale la pena – vale qualunque prezzo lui debba pagare per riaverla.

    Regina sospira, allontanando il telefono "C'è solo un volo pomeridiano su quella compagnia aerea e parte tra venti minuti. Non farai mai in tempo. Non puoi fermarla".

    Sente a malapena le sue parole mentre sprofonda a terra. Regina sta ancora parlando, ma tutto ciò che può fare è fissare con aria assente il tappeto davanti a lui, la disperazione schiacciante sulle sue spalle. Considera l’idea di partire comunque. E se perdesse il ruolo? Ha fatto un sacco di soldi negli anni. Non c'è niente che Hollywood ami di più di una bella storia del ritorno di un ribelle. Avrebbe potuto ritrovare Emma, scusarsi, prendersi una pausa dall'industria per un po' per capire le cose con lei e poi rientrare. Certo, non sarebbe stato facile, ma Emma ne vale la pena.

    Ignorando Regina, tira fuori il telefono dalla tasca, il cuore che batte forte mentre il numero di lei – di nuovo – lo manda direttamente alla segreteria "Dannazione, Swan, non osare salire su quell'aereo" si stringe il ponte del naso, gli occhi che si chiudono mentre la frustrazione rasenta la rabbia "Per favore, torna indietro così che possiamo parlare”.

    Lascia cadere il telefono sul tappeto, la testa che si appoggia contro il muro mentre lotta con la sua rabbia, la voglia di lanciare il telefono o prendere a pugni il muro sempre più difficile da controllare.

    "Ehi".

    È sorpreso di trovare Regina chinata, il viso vicino al suo e la mano sulla sua spalla.

    "Ascolta, so che tieni a lei. So da molto tempo che tieni a quella ragazza. Non sapevo che foste andati così a fondo. Ma non cambia il fatto che non puoi andartene adesso. Non è solo per il contratto e l’essere citato in giudizio. Se te ne vai adesso, la produzione si fermerà. Lo studio perderà molti soldi. Pensa alla troupe e al resto del cast: non riguarda solo te questa decisione. Mi dispiace, Killian, ma per ora devi lasciarla andare".

    "Per ora?" ripete amaramente, senza preoccuparsi di alzare lo sguardo.

    "Per ora" lei ripete, stringendogli la spalla prima di raddrizzarsi. Esita e lui lo nota, quella traccia di comprensione prima che i suoi lineamenti si dissolvano "Se prova lo stesso per te, ritornerà da sola. Lascia che la tempesta mediatica si attenui. Se sta cercando suo figlio, meno attenzione su di lei è meglio. Dimostra a Gold che non ti sta scalfendo. Vai avanti con la tua vita. Fai questo film e fallo al meglio delle tue capacità. Quando sarà finita, potrai inseguirla. Se è destino, andrà tutto bene e non sarà più necessario alcun contratto" si ferma, guardandolo attentamente "Ma dovresti anche considerare che potrebbe trattarsi solo di soldi per lei".

    "Se si trattasse dei dannati soldi, sarebbe rimasta. Il suo anno non è ancora finito" Killian scatta e quella è la parte peggiore, perché è solo un'ulteriore conferma. Se Emma stava fingendo con lui, non avrebbe potuto ferirla quella mattina con le sue parole o le sue azioni; se avesse nascosto la verità da lui perché voleva solo lo stipendio, sarebbe rimasta fino alla fine.

    "Ti sei innamorato di lei".

    "Sì".

    Regina scuote la testa e lui è scioccato quando lei si toglie i tacchi e si volta verso il frigo. Scivola lungo il muro accanto a lui, porgendogli una bottiglia di acqua ghiacciata.

    "Acqua?" Regina alza semplicemente un sopracciglio, aprendo la sua bottiglia con un silenzio tagliente prima di continuare "L'amore è una cosa pericolosa in questo business, Killian. Capisco che sia una lezione difficile. Ma Emma non è morta, sta solo tornando a Los Angeles. Forse non si tratta affatto di te. Gold ha messo suo figlio sulla copertina di ogni rivista possibile. Potrebbe aver rinunciato al ragazzo una volta, ma magari..." Regina alza le spalle, sorseggiando l'acqua e appoggiandosi contro il muro.

    "Non hai visto la sua faccia" si mette una mano in tasca, tira fuori la collana con l'ancora e la lascia penzolare dalle dita "E ha lasciato questo".

    Regina fa scorrere leggermente la punta del dito sull'argento, guardandolo con la coda dell'occhio "Dato che non l'ho mai visto prima, devo presumere che sia un regalo che le hai comprato. Quindi forse si tratta di te. Ma questo non cambia le circostanze".

    "È una cosa dannatamente semplice per te, non è vero?",

    Lei alza di nuovo le spalle in risposta "Ho imparato molto tempo fa che, per avere successo, devi fare scelte difficili. Così ho trovato il modo per renderle meno difficili".

    "Rimanendo da sola".

    Lei non gli risponde e restano in silenzio mentre finiscono le loro acque. Regina si rimette in piedi, offrendogli una mano che lui non accetta "Ascolta, prenditi questa notte. Rimani in questa stanza e fai quello che devi fare. Ma domani mattina devi essere sul set alle sei del mattino. E sarai là. Sarai professionale".

    La odia. La odia perché ha ragione.




    Emma si infila in una delle edicole dell'aeroporto per una bottiglia d'acqua e dell'aspirina, la testa comincia già a farle male per la quantità di lacrime che ha versato. Sospetta che le lacrime siano l'unica cosa che l'hanno portata su quel volo in primo luogo - sono stati imbarcati già da quasi venti minuti – quindi si affretta, senza prestare attenzione mentre porta le riviste alla cassa come un automa.

    Il suo stesso viso la fissa su una copertina, mezzo oscurato dal titolo stridulo che la proclama a spregevole essere umano. Sa che non dovrebbe. Killian le ha fatto promettere di non leggere la spazzatura stampata sui giornali, ma la sua opinione non ha più importanza. Emma afferra la rivista, infilandola nel fondo della sua borsa dopo aver pagato e si affretta al gate.

    L'articolo è peggio di quanto immaginasse. Gold la dipinge come una cercatrice d'oro sulle spalle di Killian, una donna terribile che ha abbandonato suo figlio e se n’è andata per vivere la vita altolocata della fidanzata della star del cinema.

    È pieno di bugie e non dovrebbe lasciarsi turbare, ma ogni parola è un nuovo colpo contro il suo cuore già spezzato.

    Infila la rivista nella tasca del sedile di fronte a lei, arricciandosi a palla quanto più può nel suo sedile angusto, le lacrime che bruciano gli occhi. Fissando fuori dal finestrino, Emma si concede il permesso di crollare per il tempo necessario per uscire da Inverness e tornare a Los Angeles. È un lungo volo. Avrebbe avuto un sacco di tempo per tirare fuori tutto, purgarsi del dolore e ricucire la ferita aperta nel suo petto. Si appoggia al lato dell'aereo, si tira il cappuccio sopra la testa e si permette di piangere finché non sente di non avere più altro.

    Piange e pensa.

    Non a Killian – non riesce a pensare a Killian. Quello l’avrebbe fatta a cadere a pezzi ed è già abbastanza in un pasticcio senza pensare a lui. Invece, pensa a cosa dovrà fare.

    Suo figlio è in una casa famiglia a Boston: le ricerche di Gold le hanno dato anche quello, la consapevolezza che la stessa vita di merda che ha avuto sta seguendo suo figlio. Ha rinunciato a lui perché voleva di meglio per lui, eppure è finito nella sua stessa situazione.

    Quello che deve fare è ovvio. Deve andare a riprenderlo. Non ha idea di cosa farà come lavoro o per i soldi o per un posto dove vivere, ma sa che saprà arrangiarsi a qualunque vita insieme e dovrà essere meglio di una casa famiglia… il ragazzo avrebbe dovuto crescere credendo che fosse qualcosa che non va in lei ed è per questo che la gente non la ama.

    Ha dei soldi messi da parte. Non ha dovuto spendere un centesimo negli ultimi dieci mesi, quindi ha ancora qualcosa nel conto in banca. Considera di usare di nuovo la carta di credito di Killian, comprando un biglietto aereo per Boston, ma non può. Non è più suo e usare i suoi soldi sarebbe semplicemente sbagliato.

    Emma è stata una ladra, una volta. Non lo sarà più. Si sente abbastanza in colpa per l'addebito per il biglietto aereo per casa, ma il pensiero razionale era qualcosa di cui non era capace quando cercava di soffocare le lacrime al bancone della compagnia aerea.

    Inoltre, tutte le sue carte di credito sono chiuse in una cassaforte a casa di Killian. Non ne ha avuto bisogno per mesi - non c'era motivo di portarle con sé in Scozia.




    I paparazzi la stanno aspettando al LAX ed è grata per i suoi occhiali da sole. Fa di tutto per ignorarli, afferra le sue borse e sale su un taxi senza dire una parola. Stringe i denti e tiene la testa bassa: sa a chi dare la colpa.

    Gold. Comunque abbia scoperto di lei e di Henry, non può essere difficile per lui trovarla su un volo aereo. Non in modo legale, ma il suo vecchio lavoro le ha insegnato tutto su come piegare le regole. Anche se per quanto ne sa, qualcuno l'ha riconosciuta all'aeroporto e ha pubblicato qualcosa su Twitter. O, Dio non voglia, su Instagram. L'ultima cosa di cui ha bisogno è una foto dei suoi singhiozzi contro la sua felpa.

    Non sa se ha più paura che lui la segua - o no.

    Ma non può pensarci. Non riesce a pensare a quello o ai messaggi vocali sul suo telefono che non riesce ad ascoltare. Ce ne sono tre e sa, senza controllare, che sono tutti di lui.

    Si muove meccanicamente, rifiutandosi di piangere, rifiutandosi di sentire qualsiasi cosa mentre si muove per casa – rifiutandosi di riconoscere il dolore al petto che le fa sentire le costole come se potessero spezzarsi da un momento all'altro.

    Quella non è la cucina dove gli ha insegnato a fare la glassa nel cuore della notte, dove lui si è seduto su quello sgabello a parlare con lei per ore mentre lei cucinava contro l'insonnia – dove fin dalla prima notte non ha mai cercato di nascondere i suoi sentimenti per lei.

    Quella non è la camera da letto in cui hanno passato ore insieme, dove lei si è rannicchiata tra le sue braccia durante la notte. Non è la stanza dove si sono preparati per innumerevoli eventi, dove i suoi occhi cadevano su di lei tutta truccata e vestita e, solo per un secondo, molto prima di quando avrebbe dovuto, la guardava con feroce desiderio e dolce affetto.

    Non le è più permesso di cadere a pezzi. Il viaggio in aereo è finito. Ma in qualche modo, la sua mente, il suo corpo, non le obbediscono. Si lascia cadere sul letto, la faccia premuta sul cuscino di lui, e inizia a singhiozzare così forte che tutto il suo corpo trema, il dolore che si irradia attraverso ogni osso.

    Non avrebbe mai dovuto essere così. Doveva essere solo un anno e uno stipendio facile. Non si sarebbe mai dovuta innamorare di lui - non avrebbe mai dovuto preoccuparsene tanto quanto fa. Non avrebbe dovuto trovarlo affascinante, sexy e affettuoso – non avrebbe dovuto donargli il suo cuore e la sua anima.

    Non avrebbe dovuto abbandonarla come tutti gli altri – lei avrebbe dovuto farlo. La loro relazione aveva una data di scadenza fin dall'inizio. Era pulito e semplice e non avrebbe dovuto distruggerla.

    Si addormenta nel suo letto e si sveglia nel cuore della notte con un sussulto. Confusa, prende il telefono, controlla l'ora.

    Killian aveva chiamato. Dieci volte. C’erano altri due messaggi vocali, ma non può ascoltarli, cancella tutti i messaggi senza ascoltarli prima di mettere giù il telefono, sfregandosi gli occhi. Le lacrime li hanno lasciati doloranti. Non può farcela. Non riesce a dormire nel suo letto e segretamente sperare che lui entri dalla porta, che torni per lei. Non può ascoltare i messaggi che ha lasciato, messaggi sicuri di convincerla a tornare al suo fianco solo per finire proprio lì, un altro giorno in cui si sarebbe stancato di lei.

    Quello non è un romanzo rosa. Non è uno dei suoi film. Quella è la sua vita.

    Muovendosi con torpore, non ci vuole molto per mettere le sue cose in borsa. A dire il vero, non c'è molto da prendere. Non le servono i vestiti, i gioielli, le scarpe. Non ha nemmeno il coraggio di venderli, nonostante sappia che potrebbe usare quei soldi.

    Le scatole nel garage sono per lo più spazzatura. Accende la luce, ignora le sue auto, specialmente la Maserati bordeaux che ama di più. Quello che vuole tenere riempie a malapena due scatole e finiscono dritte nella sua Bug insieme ai suoi vestiti.

    È notte fonda e dovrebbe semplicemente salire in macchina e andarsene. Ha deciso di guidare fino a Boston. Semplificherà la questione di cosa fare con la sua macchina e le sue cose se porterà tutto con sè. Prima si metterà in viaggio, prima arriverà. Ma ha bisogno di tornare in casa, lasciare la sua chiave e la sua carta di credito. Non è mai stata brava con gli addii, ma è impossibile non girovagare per le stanze, non far scorrere le dita sui mobili e sui muri banchi. Ci sono troppi ricordi e quasi tutti sono buoni.

    Esce nel patio, respira l'aria della notte. Molto più in basso, le luci della città continuano a brillare come se nulla fosse cambiato - come se il suo intero mondo non fosse stato spostato in modo permanente sul suo asse. È cambiata dopo averlo conosciuto e non può farci niente.

    Le sue dita viaggiano sul suo collo nudo senza il suo permesso, alla ricerca di qualcosa che se n’è andato da tempo. Vorrebbe aver tenuto la collana in quel momento di debolezza, indugiando lì, ricordi che la inondano mentre le lacrime le bruciano ancora una volta gli occhi. Desidera il suo peso contro il suo petto, l'argento riscaldato dalla sua pelle, e ricorda quel momento perfetto in cui gliel'ha messo intorno al collo.

    Il modo in cui i suoi occhi si erano attaccati ai suoi quando aveva fatto l'amore con lei.

    "Smettila" si dice ad alta voce, si costringe a ripeterle finché non escono forti e calme invece di traballanti e rotte. Poi entra in casa, mette con cura la sua chiave e la carta di credito sul bancone dove saranno facilmente visibili, e se ne va.

    Non si volta più indietro.




    Killian si alza quando suona la sveglia e va sul set. Si siede sulla sedia del trucco e sorseggia il suo caffè e cerca di trovare il posto in cui deve andare per iniziare le scene del giorno.

    ’Emma, tesoro, ho bisogno che mi richiami. Possiamo almeno parlare un attimo?’.

    Il torpore fa guerra alla disperazione. Anche quando le cose andavano a rotoli con Milah, era più facile in alcuni modi aggrapparsi alla rabbia e ferire di rimando. Non ha mai avuto speranza con Milah, non ha mai dubitato che le cose fossero finite: un taglio netto.

    ’Al diavolo, Emma! Non puoi evitarmi per sempre. Questo è dannatamente ridicolo. Stai lasciando vincere Gold’.

    La piccola frazione di speranza si conficca come una scheggia nel suo cuore e alcuni giorni fa più male avere la consapevolezza che se ne sia andata.

    ’Mi manchi. Sono le tre del mattino e dovrei dormire. Avrei dovuto dormire. Dovrei dormire. Ma sei tutto ciò a cui riesco a pensare. La cucina qui non ha nemmeno il forno. Te ne sei accorta? Sei sveglia, amore? Puoi dormire senza di me? Dannazione, io non riesco a dormire senza di te. Ho bisogno di te, Emma. Per favore richiamami’.

    David lo guarda tra una ripresa e l'altra e Killian sa che dovrebbe fare un lavoro migliore per mantenere le sue emozioni sotto controllo, ma non ha l'energia. Sopravvivere alle sue scene è già abbastanza difficile.

    "Tutto bene?" David chiede piano, guardando il set affollato. Sono seduti lontano abbastanza da non essere ascoltati, la troupe è impegnata a prepararsi per la scena successiva, ma Killian apprezza ugualmente la discrezione dell'amico.

    "Se n'è andata" è tutto ciò che riesce a dire in cambio, la gola chiusa. David gli stringe il braccio, ma lui non dice altro. Killian non è mai stato così grato per la capacità del suo amico di leggerlo come in quel momento.

    ’Mi dispiace, Emma. Ritornerò. Mi inginocchierò e ti supplicherò di tornare. Non posso andarmene, non ora. Hai detto... Hai detto che eri orgogliosa di me per questo ruolo e voglio renderti orgogliosa. Voglio andare alla prima con te. Non sarei qui senza di te. Ho bisogno di te, amore. Penso che anche tu abbia bisogno di me. Maledizione, mi manchi. Per favore richiamami’.

    Non risponde quando la chiama. Non risponde ai suoi messaggi o ai messaggi vocali, non importa quanti gliene lasci - non importa se sia arrabbiato ed esigente, o dolce e supplichevole. Dopo la prima settimana, non può più nemmeno chiamare – riceve un messaggio che gli dice che il numero è stato disabilitato.

    Quel giorno lancia il telefono contro il muro.

    Ma la verità è che Emma non è mai andata via del tutto.

    Gold si è assicurato che lei fosse stampata su ogni rivista che possiede e altre hanno seguito il suo esempio. Regina aveva almeno avuto ragione su una cosa: Emma era andata dietro a suo figlio.

    E Gold ne documenta ogni secondo.


    Continua…

    Edited by sweetest thing - 2/10/2021, 11:02
     
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    Capitolo 19 (II parte)



    L'ultima volta che Emma ha guidato attraverso il paese, era piena di eccitazione. Una nuova vita. Una nuova opportunità. Los Angeles, la città dove i sogni possono diventare realtà. Aveva assorbito il cambiamento di paesaggio ad ogni km che passava.

    Ora, ricorda a malapena il viaggio quando finalmente arriva a Boston, crollando su un letto in un motel economico alla periferia della città. Al mattino andrà alla casa famiglia, non sa quali saranno i requisiti legali, cosa ci vorrà per riavere suo figlio, ma qualunque cosa sia, lo farà.

    Si concentrerà su questo compito, questo obiettivo, perché altrimenti significa lasciar entrare il dolore e non può continuare a cadere a pezzi se vuole riavere suo figlio.

    Non le permettono nemmeno di vederlo la prima volta che ci prova.

    Ritorna nella sua stanza di motel a buon mercato e non si dà il permesso di farlo, ma cade a pezzi comunque. Quello è il giorno in cui un giornalista in qualche modo ottiene il suo numero e schiaccia il telefono sotto la scarpa.

    Niente più giornalisti. Niente più chiamate e messaggi di Killian che le spezzano il cuore ancora una volta, messaggi che non sopporta di ascoltare e che cancella prima di essere tentata. Solo la vista del suo nome nelle sue chiamate perse la frantuma, le fa salire di nuovo i singhiozzi in gola finché tutto il suo corpo non trema – se n’è andato una volta. Lo farà di nuovo. Le scuse in segreteria non dimostrano nulla.

    Killian è una distrazione che non può permettersi e un nuovo numero di telefono risolverà il problema. Se lo ripete abbastanza a se stessa, potrebbe anche cominciare a crederci.

    Non la vogliono far entrare la volta successiva che tenta di far visita a suo figlio.
    "È il giorno del Ringraziamento" è l'unica spiegazione che ottiene.

    Non è sicura di cosa le faccia più male: che una festività che adorava fosse arrivata senza che se ne accorgesse, o che avevano rifiutato la sua richiesta in un giorno che dovrebbe riguardare la famiglia.

    Non che Emma abbia mai avuto una famiglia, ma quest'anno doveva essere diverso. Avrebbe dovuto avere Killian e David e Mary Margaret e Leo. Invece, ha una schifosa stanza di motel e un panino al tacchino.

    Fissa il telefono appena acquistato, chiedendosi cosa stia facendo Killian.

    Le sue dita non vedono l'ora di rispondere al telefono, di chiamarlo con la scusa di augurargli un felice Ringraziamento. È così stanca – stanca di piangere, stanca di soffrire, stanca di lottare per suo figlio. Vuole strisciare tra le braccia di Killian, farsi consolare con il suo tocco gentile e le sue parole perfette. Ma cedere a quel desiderio è ciò che l'ha messa in quel pasticcio in primo luogo.

    Deve ricordarselo ogni volta che il suo pollice passa sopra il suo nome, i suoi contatti così utilmente ripristinati dal nuovo software del telefono.

    Ha trascorso molte vacanze da sola. Qual è il problema di una in più?




    Mentre i giorni scivolano via, Killian lotta per tenere il passo con le riprese, per versare ogni grammo di emozione nel suo personaggio. Deve funzionare, perché scivola giù dal cavallo che ha cavalcato per la scena della battaglia del giorno e il regista gli dà una pacca sulla schiena, gli dice che ha fatto un lavoro fantastico - che sembrava davvero arrabbiato. Killian mormora i suoi ringraziamenti, ma i suoi occhi catturano quelli di David ed entrambi sanno che non stava recitando completamente in quella scena.

    Non sa nemmeno con chi è più arrabbiato in quei giorni – Gold, Emma o con se stesso.

    David lo trova alla fine della giornata, ignorando lo sguardo di Killian mentre sale in macchina accanto a lui. Non vuole parlare con David. Vuole tornare nella sua stanza e perdersi nella bottiglia di whiskey che l'hotel gli fornisce utilmente. Non è come prima, è sobrio sul set, si aggrappa alla necessità di fare bene nel dannato film dopo tutto quello a cui ha rinunciato per essere lì - ma le notti sono diverse.

    Le notti appartengono a Emma e non può affrontarle senza un po' di coraggio liquido.

    È un'ora di macchina per tornare all'hotel, ma David non dice una parola. Killian guarda fuori dal finestrino, osservando lo scenario che passa, ignorando gli occhi di David su di sè. È pienamente consapevole che l'unica cosa che ferma qualsiasi tipo di lezione o domanda indiscreta è la presenza dell'autista e Killian pensa che riuscirà a fuggire in albergo indenne.

    Sottovaluta la determinazione del suo amico, però.

    "Ti ho guardato fare questa cosa per troppo tempo. Ho provato a darti spazio, ma tutto quello che stai facendo è tenere su il broncio e bere".

    Killian si acciglia, lasciando a malincuore che David lo segua nella sua stanza. Meglio parlare lì, lontano da occhi indiscreti, che rischiare uno sfogo sul set. Killian potrebbe non interessarsi a molto di questi tempi oltre a cercare di entrare in contatto con Emma, ma gli importa ancora di fare bene nel film.

    Emma sarebbe delusa se smettesse di provarci. Si aggrappa a quello, alla possibilità che le cose si possano risolvere da sole e possano essere di nuovo insieme - che la magia della loro felicità quella mattina può essere riconquistata.

    ’Sono così orgogliosa di te. Hai ha lavorato così duramente, allenandoti con David e andando a tutti quegli eventi stampa anche quando non volevi. Hai lavorato per questo e quindi sì, sono orgogliosa di te".

    “Il Ringraziamento è la prossima settimana".

    La voce di David lo riporta con i piedi per terra e grugnisce in risposta, lottando per non sussultare. É ben consapevole del maledetto calendario, dei suoi sogni di Emma nella loro cucina che cucina torte e altri dolcetti andati in fumo. Non importa che non sarebbe successo quell'anno, comunque, con loro in Scozia. Sarebbero stati lo stesso insieme e lui avrebbe sussurrato nel suo orecchio solo per vedere la tenue sfumatura di rosa sulle sue guance.

    Gli sarebbe piaciuto pianificare un futuro con lei.

    "Le hai parlato?".

    "Ho lasciato più messaggi di quanti ne possa dannatamente contare. Ma visto che da allora ha cambiato numero, questa opzione non è più disponibile" si butta sul divano, strofinandosi i palmi sulla faccia. La frustrazione di quel dannato numero che non è più in servizio gli fanno stringere a pugno le mani "Ho bisogno di lei nella mia vita, amico. Senza di lei...".

    "Ti rendi conto che non mi hai mai nemmeno detto cosa è successo".

    Killian sospira, grattandosi dietro l'orecchio "Non è un racconto lusinghiero".

    "La storia di Gold è uscita e tu hai reagito in modo eccessivo?".

    "Lo sai che dovresti essere dalla mia parte, vero?".

    "Ti conosco da molto tempo, ma anche se non lo sapessi... è tutto sul tuo viso. Non ho mai visto un uomo sembrare così colpevole e devastato allo stesso tempo".

    Non risponde subito, i suoi occhi si spostano verso la bottiglia di whisky sul bancone. Vorrebbe dirgli di andarsene, di trovare conforto nel torpore del liquore, ma invece si ritrova a raccontargli tutto. Non solo la loro discussione la mattina in cui la storia di Gold è finita sui giornali, ma le notti in cucina, le colazioni nel patio…

    "Ho bisogno di lei per respirare" dice in un sussurro alla fine, con la gola stretta dalle lacrime che rifiuta di versare davanti al suo amico "Sento che soffocherò senza di lei. Ma lei sta combattendo per suo figlio. Non posso renderle la cosa più difficile".

    "Quindi non lo farai. La sua lotta per suo figlio finirà prima o poi. E quando accadrà, avrà bisogno di te… anche se è troppo testarda per ammetterlo. Hai provato a contattare il suo avvocato? Se andrà in tribunale, sarà una questione di pubblico dominio”.

    "Non sono sicuro che abbia nemmeno un avvocato. Hai visto il suo appartamento. Non aveva quasi nulla ed era una delle condizioni di Regina che non lavorasse durante la nostra relazione. Ha ancora la mia carta di credito, ma a parte il biglietto aereo, non ha addebitato un centesimo" lo avrebbe saputo.

    Controlla ancora l'app come un dannato pazzo, pregando per un altro biglietto aereo, la vana speranza del suo ritorno ostinatamente viva.

    David alza un sopracciglio, incrociando le braccia sul petto "Quindi trovale un avvocato. Prima si risolve questo pasticcio con suo figlio, prima potrai riparare le cose" David batte una mano sulla sua spalla, stringendogliela "Mary Margaret sarà qui la prossima settimana. Trascorri il Ringraziamento con noi. Non dovresti stare solo".

    Killian mormora una risposta incomprensibile mentre David se ne va, ma quell'idea lo fa sentire un po' meno impotente.

    Con l'aiuto riluttante di Regina, trova un avvocato a Boston, uno con un buon trascorso in casi di custodia. Le fa giurare di non dire una parola a Emma, perché non può correre il rischio che lei rifiuti per principio.

    Forse, se riprenderà il suo bambino, il suo cuore guarirà abbastanza da considerare l’idea di riparare le cose con lui.

    L'avvocato promette di mettersi in contatto con Emma dopo le vacanze e la consapevolezza che ha fatto qualcosa è l'unica cosa che gli fa passare il Ringraziamento con i Nolan.

    La produzione si è interrotta per alcuni giorni e l'ottimismo duraturo di Mary Margaret lo segue ovunque vada mentre lei mantiene un flusso costante di chiacchiere allegre.

    La guarda con Leo sul fianco e tutto ciò a cui riesce a pensare è Emma con suo figlio – Emma sarebbe disposta ad avere un bambino tutto loro? Non ha mai avuto esperienza con un figlio.

    ’Stai andando un po' troppo avanti, amico. Non sai nemmeno se vuole una seconda possibilità con te’.

    "Come stai, Killian?" chiede Mary Margaret quando tornano dalla cena e si sistemano nel piccolo soggiorno della suite di David. Sorride dolcemente, la sua mano sul suo ginocchio.

    David è in camera da letto a sistemare Leo per la notte e Killian fa fatica a non andarsene nel frattempo che ne ha l’occasione. Non voleva nemmeno arrivare così lontano: aveva intenzione di tornare da solo nella sua stanza e bere finché la tensione nel suo petto si sarebbe alleviata un po'.

    "È il Ringraziamento, amico. Passa un po' di tempo con noi" la voce di David aveva reso chiaro che non era proprio una domanda. Lo ha fatto molto ultimamente, tenendo d'occhio Killian e facendo del suo meglio per salvarlo da se stesso.

    Killian non vuole essere salvato. Vuole solo Emma.

    "Kilian?".

    Il tono preoccupato di Mary Margaret interrompe i suoi pensieri e lui fa del suo meglio per sorridere "Sto bene. Impegnato con le riprese e tutto il resto. Sono sicuro che Dave te ne ha parlato. Ti piace la Scozia?" si sente un impostore quando le parole escono dalla sua bocca, come se invece stesse parlando con una sconosciuta e non con la moglie del suo migliore amico. Ma anche se potesse esprimere a parole il dolore schiacciante e sempre presente dell’assenza di Emma, è il Ringraziamento e Mary Margaret non ha bisogno di ascoltare i suoi guai.

    "David è preoccupato per te. Lo siamo entrambi" lei ignora il suo tentativo di cambiare argomento, la voce gentile "Vuoi che vada a Boston? So che tu e David...".

    "No" la interrompe bruscamente, facendo una smorfia alla sua stessa voce "No" ripete più piano, fissando il pavimento "Non voglio che tu porga le mie scuse al posto mio. Andrò da lei io stesso una volta che avrà vinto la custodia di suo figlio e io abbia più di un dannato giorno libero dalle riprese".

    La troverà, si scuserà, la implorerà – qualunque cosa pur di riaverla nella sua vita.

    Se anche lei lo verrà.

    "Dai la buonanotte a David da parte mia. Mi sento piuttosto stanco".

    "Killian...".

    "È il Ringraziamento, tesoro. Divertiti a stare con la tua famiglia. Io starò bene".

    "Tu sei la nostra famiglia".

    Ridacchia amaramente, scuotendo la testa alla sua risposta dolce "Vorrei rimanere da solo stanotte" le dà un bacio sulla guancia prima di uscire dalla stanza, inghiottendo il groppo in gola.

    Si addormenta stringendo forte il ciondolo di Emma, aggrappandosi al più piccolo brandello di speranza che l'anno prossimo avrà una famiglia tutta sua con cui festeggiare le feste.




    Cercano di spaventarla quando ritorna alla casa famiglia, la minacciano con una lunga battaglia legale. La donna che la accoglie, guarda Emma dall'alto in basso, con occhi torvi.

    "Non esce con qualche star del cinema?" dice la donna con derisione, praticamente sghignazzando ai capelli arruffati e i jeans strappati di Emma.

    "Non sono affari suoi. Voglio vedere mio figlio. Questa è la quinta volta che vengo qui e non capisco perché non riesco nemmeno a parlare con…".

    "Signora, ha smesso di essere suo figlio nel momento in cui hai rinunciato a lui. Non capisco la gente, abbandonano i bambini e tornano a prenderli un altro giorno come se fossero solo un paio di scarpe dimenticate in un armadio. Questi ragazzi hanno bisogno...".

    "Hanno bisogno delle madri" dice una voce fredda alle loro spalle. Emma si gira, chiedendosi chi diavolo si stava prendendo la briga di andare in sua difesa.

    La donna è bionda, i capelli raccolti in una treccia ordinata che le ricadono su una spalla. Si scontra con il suo abbigliamento, ma in qualche modo la ammorbidisce, la rende meno gelida del suo sguardo freddo sull'assistente sociale. Si gira verso Emma, la sua espressione si scioglie mentre tende la mano.

    "Mi chiamo Elsa. Sono un avvocato e mi piacerebbe occuparmi del suo caso".

    "Non posso permettermi...".

    "Pro bono" Elsa le sorride prima di voltarsi verso la donna improvvisamente silenziosa dietro la scrivania "Torneremo con un ordine del tribunale" poi prende la mano di Emma, la tira fuori dall’edificio e la fionda nella frizzante giornata autunnale. Emma trema, strofinandosi le braccia, ma non sembra turbare l'avvocato.

    "Perchè?" è tutto ciò che riesce a dire, incontrando lo sguardo della donna con perplessità “Perché faresti questo per me? Tu non mi conosci".

    Elsa sospira, spostando la borsa sull'altra spalla "Penso che sia una terribile ingiustizia ciò che ti è stato fatto. Quando la storia è scoppiata e hanno stampato la faccia di tuo figlio su tutte quelle riviste…" Emma sussulta, perché sa di quelle foto – sono le uniche che ha di suo figlio. Ha gli occhi di Neal, ma i suoi zigomi. Il suo sorriso è prezioso, ma quando appare, tutto il suo viso si illumina.

    "Ho iniziato a indagare su che tipo di persona potrebbe pubblicare foto di un bambino del genere. È ovvio che questo non è solo un altro scandalo di Hollywood. Ho scoperto che c'è un po' di storia alle spalle tra il tuo signor Jones e...".

    "Lui non è mio" interviene Emma, chiudendo gli occhi perché la sua voce continua a tremare e non vuole quello, quel buco agonizzante nel suo petto dove dovrebbe essere il suo cuore.

    Elsa smette subito di parlare, ma quando Emma apre gli occhi, trova la donna che la fissa, un piccolo sorriso sulle sue labbra "Ad ogni modo, Emma, credo che tutto questo abbia molto poco a che fare con te e riguardi invece un vecchio disaccordo tra quei due uomini. Io posso aiutarti. Le donne hanno bisogno di aiutare altre donne. È l'unico modo in cui le cose possono migliorare" prende un profondo respiro, porgendo la mano a Emma.

    Emma la fissa, i suoi occhi tornano alla casa famiglia. Avrà bisogno di un avvocato, non capendo le complicazioni legali del tentativo di far uscire suo figlio dal sistema di affidamento, quando legalmente non ha alcun diritto su di lui. I suoi magri risparmi non la porteranno lontano se dovesse spenderli per gli onorari dell'avvocato.

    "Va bene" Emma le prende la mano, stringendola con decisione "Allora, da dove cominciamo?".

    Elsa sorride, la sua valutazione dell'aspetto arruffato di Emma in qualche modo più gentile della dura ispezione dei dipendenti della casa famiglia "Dove alloggi?".

    "Beh. È solo che non ho ancora avuto la possibilità di...".

    "Vieni a stare con me. Ho un cancello e terrà fuori i giornalisti. La casa è enorme, se non vuoi vedermi e non devi farlo per forza. È in famiglia da sempre e mia sorella si è trasferita con il suo nuovo marito, quindi...” Elsa sorride di nuovo, i suoi luminosi occhi azzurri sono così simili a quelli di lui che il cuore di Emma trema di nuovo "Inoltre, quando finiremo in tribunale - ed Emma, mi dispiace dirlo, ma ci finiremo - le apparenze contano molto più di quanto dovrebbero. Anche se non lo accetterai la mia offerta, devi trovare un posto migliore dove stare".

    Emma va con lei.

    È strano tornare in un ambiente così magnifico dopo tutti i giorni trascorsi nella sua macchina, nello schifo delle stanze del motel. Elsa le mostra una stanza degli ospiti, stringendole la spalla mentre promette di rivedersi al mattino.

    Emma annuisce, trattenendo le lacrime mentre rimane rigida in mezzo alla stanza, la sua borsa stretta contro il fianco. Non conosce l'avvocato e, nonostante voglia fidarsi di lei, non sa chi sia.

    Non ancora. Forse mai.

    Le lacrime arrivano non appena la porta si chiude ed Emma si accascia a terra, abbracciando la sua borsa al petto. L'offerta di Elsa le ha dato speranza per la prima volta da quando Killian è uscito da quella stanza in Scozia, ma i ricordi di lui sono più forti quella notte, schiacciandola sotto il loro il peso.

    Si fa buio intorno a lei e quando sembra che sia sul punto di mettersi a piangere di nuovo, si dà una ferma scossa mentale.

    ’Riprenditi, Emma’.

    Ha il suo bagno in camera, per fortuna ha tutta la notte per rintanarsi in quella stanza e capire come rimettersi in sesto dopo il sovraccarico emotivo di quel giorno. Una doccia le sarebbe stata utile, quindi tira fuori alcuni articoli da toeletta e si mette sotto il getto caldo.

    Dovrebbe riuscire a dormire, ma c'è troppo di Killian in quella casa nonostante il fatto che non ci abbia mai messo piede. Le lenzuola sono morbide, il letto comodo e lussuoso. È tutto tranquillo nonostante la città intorno e lì sente più acutamente il vuoto immenso del letto di quanto abbia mai fatto su un materasso bitorzoluto di un motel.

    Dopo diverse ore a girarsi e rigirarsi, scivola fuori dalla stanza, la quiete della casa è una certezza ovunque. La cucina non è difficile da trovare, ma il petto di Emma si stringe dolorosamente mentre accende le luci.

    Cucinare l'ha sempre calmata, la precisione e il ritmo le hanno permesso di perdersi in qualcosa di diverso dai suoi problemi. È stata una sua compagna costante attraverso molte notti solitarie, molti ricordi dolorosi, ma la sua mano trema mentre raggiunge il forno.

    Ritira le dita con un singhiozzo soffocato, chiudendosi il palmo sulla bocca in un futile sforzo per impedire ai singhiozzi devastanti di consumarla di nuovo.

    I cupcake al cioccolato sono i suoi preferiti. I cupcake di velluto rosso sono stati fatti la prima notte in cui ha dormito volentieri tra le sue braccia. Ha cercato di insegnargli a fare la glassa alla vaniglia.

    Elsa la trova al mattino, ancora a fissare il forno senza vedere nulla. Emma non offre una spiegazione ed Elsa è così gentile da non chiedere mentre Emma sgattaiola via per andarsi a sciacquare.


    Continua…
     
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    Capitolo 20 (I parte)



    Iniziano le udienze per la custodia e Killian segue la storia attraverso i tabloid. Non ha idea cosa sia vero e cosa no, ma le foto di Emma sono abbastanza reali.
    Appare raramente senza occhiali da sole e cappello, ma può vedere le sue guance scavate, la tensione nel suo corpo nonostante il suo pesante cappotto invernale. Anche lui ha passato troppo tempo con lei a guardarla muoversi per non vedere quanto sia rigida quando i giornalisti la seguono dentro e fuori dalle aule del tribunale. Le loro richieste sono infinite.

    Perché ha rinunciato a suo figlio? Ma prima di tutto, Killian sapeva che tipo di persona era quando avevano iniziato a frequentarsi? Dov’è Killian? Lei non è abbastanza importante per lui da lasciare il suo set cinematografico? Lui sapeva di suo figlio? E del suo periodo in prigione? Ha rotto con lei perché non vuole figli? Stava con lui per i suoi soldi?

    La risposta di Regina era stata un risoluto “No comment” ed è troppo isolato perché la stampa carpisca qualsiasi dichiarazione da parte sua - Regina lo spinge dentro e fuori l'hotel attraverso le uscite posteriori per assicurarsi che non accada nulla. Così le riviste discutono dello stato della sua relazione con Emma, dicendo di tutto, da una terribile rottura all'idea che stanno ancora insieme, lei che lotta per
    suo figlio mentre lui gira in Scozia.

    Non gliene frega niente di quello che stampano su di lui. Regina ha un piano – Regina ha sempre un piano, ma non gliene frega niente neanche di quello. Gli importa di cosa stampano su Emma, ma non ha un briciolo di controllo su quello. Quindi stringe i denti mentre guarda i suoi video paparazzati, il senso di colpa che minaccia di sopraffarlo, ma ha bisogno di vederla, anche se quello è l’unico modo.

    Anche se ogni parola che esce dalle bocche di quei parassiti gli fa stringere forte i pugni e l'impulso di salire sul prossimo aereo per Boston diventa sempre più forte. Comincia a guardare gli orari dei voli, per vedere se è possibile farcela in tempo e tornare nel suo un giorno della settimana libero dalle riprese, impaziente di aspettare le vacanze di Natale. Arriva fino al punto in cui passa il dito sul pulsante di acquisto dei biglietti, con il cuore in gola, prima di ricordare a se stesso che non si tratta di quanto male lei subisca nella sua vita - sta combattendo per suo figlio. Killian che arriva improvvisamente a Boston attirerebbe solo più attenzioni indesiderate su Emma.

    L'avvocato non è di grande aiuto - trasmette pezzi e frammenti, ma è vaga quando Killian chiede di Emma. Ha l'impressione che le due donne siano diventate amiche e nonostante lui sia l'unico a pagare il conto, Elsa è riluttante a tradire la fiducia di Emma. L'infinita frustrazione di non essere in grado di dire tre parole a Emma è leggermente placata dalla consapevolezza di avere almeno un’amica a Boston.

    "Per favore, le puoi dire che ho chiamato? Se mi fornissi il suo nuovo numero, io...".

    "Glielo dirò, Killian, ma mi dispiace. Non posso darti il suo numero senza il suo permesso".

    Cerca di non impazzire, Regina gli ricorda costantemente tutte le ragioni per cui non può andarsene. Sta sveglio la notte e sa che sta solo peggiorando le cose, ma sfoglia le foto sul suo telefono, fatica a ricordare i ricordi. Alcuni furono istigati dalle richieste di Regina, ma molti, molti di più erano stati momenti nati per mano loro.

    Compresa la loro prima notte da soli insieme.

    Non aveva mai detto a Emma che aveva tenuto la foto di quella notte, quella che aveva scattato per prenderla in giro, per... vedere i suoi occhi brillanti illuminarsi per lo shock. I suoi capelli arruffati e l'inizio di un sorriso sulle sue labbra, sapeva già allora di essere spacciato. È la foto che fissa maggiormente, mentre fa scorrere il dito sopra, sospirando nell'oscurità.




    Elsa ha ragione: sono finiti in tribunale. Il caso si trascina per le lunghe, i giornalisti le infilano i microfoni in faccia, le fanno domande su Killian, sul padre di Henry, su che tipo di persona sia. Emma lotta per rimanere indifferente – almeno in pubblico – e forte, al di sopra di quelle sciocchezze.

    Le manca Killian. Pensava che sarebbe diventato più facile man mano che i giorni si trasformavano in settimane, che il suo cuore avrebbe dimenticato. Ha indossato quella dannata collana solo per una notte, ma le sue dita la cercano ancora distrattamente tutti i giorni.

    Killian chiama il suo avvocato. È sorpresa quando Elsa lo menziona, un “Ah, Killian Jones ti ha cercata” eccessivamente distratto a cena, una sera le fa alzare di scatto dal pasto che sta preparando, trovando curiosi occhi azzurri che le ricordano ancora troppo lui, ma non giudicano.

    "Non posso", Emma sussurra, lei lacrime agli occhi senza il suo permesso "Devo... Henry... non posso distrarmi...".

    "Va tutto bene. Gli avevo solo detto che te l'avrei detto".

    Emma non prova più a cucinare.




    Il Natale porta un nuovo giro di tormenti. Rifiutando di ripetere il Ringraziamento con David e Mary Margaret, Killian si chiude nella sua stanza per tre giorni con diverse bottiglie di whisky. Se avrebbe bevuto abbastanza, sarebbe stato incapace di lasciare la sua stanza d'albergo e di salire impulsivamente su un aereo per Boston, potenzialmente danneggiando le possibilità di Emma con suo figlio quando aveva già combattuto per così tanto tempo. Mette il telefono in modalità silenziosa e strappa il cavo del telefono fisso dell'hotel dal muro.

    Cerca di non passare quei giorni chiedendosi cosa avrebbe potuto essere, come avrebbe potuto avere Emma tra le sue braccia davanti al fuoco, scambiandosi regali e idee per il futuro.

    Invece ha un focolare freddo che non ha avuto il cuore di accendere da quando l'ultima brace si è spenta tante mattine fa e un letto vuoto in una stanza che ha troppi ricordi di lei.

    Non è che avesse qualcuno che avrebbe notato la sua assenza oltre a David, che avrebbe chiamato nel mezzo della notte, bussando alla sua porta una o due volte al giorno. Killian ignora tutto. Le poche volte che si prende la briga di guardare lo schermo del telefono, la sua unica altra chiamata persa proviene da un numero non disponibile che non lascia alcun messaggio.

    In un impeto di disperazione ubriaco, scrive un assegno e lo invia a Elsa con una nota per Emma. Sa che in fondo è una cattiva idea anche se stringe la penna in mano, lottando contro il tremore delle sue dita. Ma forse attirerà la sua attenzione. Forse gli parlerà per qualche secondo prezioso che può fare la differenza.

    Se non altro, sarà in grado di provvedere al suo bambino. Potranno stare tranquilli.

    Anche senza di lui.

    "Mi dispiace, Killian" dice Elsa dolcemente quando chiama dopo che ha trascorso una lunga giornata sul set, sincero dispiacere nella sua voce "L'ha strappato nel momento in cui gliel'ho dato".

    Non è sorpreso, ma la fragile fiamma di speranza a cui si stava aggrappando - un miracolo di Natale – si spegne di colpo. Ringrazia l'avvocato per la sua chiamata, riattacca e apre una nuova bottiglia di liquore.




    Il Natale è duro, il processo è ancora pendente. Elsa invita Emma da sua sorella, ma lei non ha il coraggio di fare altro che sedersi sul divano a guardare “It's a Wonderful Life” e lottare per non piangere davanti alla famiglia di Elsa.

    Non tocca i bellissimi cupcakes con le delicate codette di fiocchi di neve che Anna ha preparato l'occasione.

    Incolpa quei cupcakes per il suo momento di debolezza. Le ricordano quella notte orribile nella cucina di Elsa, come non può nemmeno più cucinare senza di lui. Sembra che non possa fare niente senza di lui, come se avesse bisogno di lui per mettere un piede davanti all'altro.

    Forse avrebbe dovuto ascoltare i messaggi vocali di Killian e lasciarsi convincere che non avrebbe mai dovuto decidere di partire.

    Lo chiama. Il suo cuore batte forte mentre il telefono le squilla nell'orecchio, una, due volte, ancora e ancora fino a quando non risponde la segreteria telefonica. Il suono della sua voce apre il buco nel suo petto che ha provato così disperatamente di riparare e riattacca velocemente.

    Non lascia un messaggio. Non avrebbe dovuto chiamare. Non ha il diritto di chiamarlo ora, con Natale a pochi giorni, perché si sente sola in mezzo a una famiglia felice e brillante.

    Avrebbe potuto averlo lei.

    Elsa va da lei non una settimana dopo con un sorriso esitante e un assegno con un biglietto, ma Emma strappa l'intera busta in piccoli pezzi in un impeto di rabbia e se ne va prima che possa leggere qualunque messaggio le abbia inviato. Non ha bisogno di guardare l'assegno per sapere a quanto ammonta.

    Che potesse essere dannata se avesse preso quei suoi soldi. Dovrebbe sapere ormai che è meglio non pensare che un dannato assegno possa risolvere qualsiasi cosa, men che meno fra loro.

    Le viene in mente solo più tardi, quando il suo umore si è calmato, che i soldi avrebbero potuto aiutarla con Henry, avrebbe potuto comprare loro una casa e una stabilità.

    È un feroce promemoria di dove devono essere le sue priorità: deve concentrarsi su Henry. Non importa che Killian le manchi disperatamente, che i suoi occhi si inumidiscano quando vede un cupcake al cioccolato nella vetrina di una panetteria: Henry è la sua priorità in questo momento.




    Gennaio è appena iniziato quando David si avvicina a lui sul set, sorridendo da un orecchio all'altro. Killian non ha idea perché sia così felice – la scena di oggi è triste, il che gli sta bene. Non è tanto propenso a trovare una connessione mentale del suo personaggio diversa dai suoi pensieri a spirale.

    "Hai sentito?" chiede David in segno di saluto, quello stupido sorriso ancora stampato in faccia.

    "Che hai ottenuto il ruolo di un pazzo? No, non ho sentito".

    David si acciglia all'istante, incrociando le braccia sul petto con uno sguardo di disapprovazione "Emma ha vinto il caso di custodia" dice dopo una pausa, la sua voce più calma.

    "Questa è... una notizia meravigliosa" Killian riesce a dire, ma la felicità che vuole afferrare gli sfugge. Ha voluto questo per lei, dannazione, ha voluto davvero questo per lei, ma era riuscito a malapena ad andare avanti dietro la scusa che una volta che il caso sarebbe finito, avrebbero potuto riparare le cose.

    È bloccato in Scozia per almeno altre tre settimane e conosce Emma. Non resterà a Boston lungo. Cerca comunque di chiamare l'avvocato, la implora di parlare con Emma, ma lei non è a casa – o almeno così dice l'avvocato.

    Le dice che riproverà domani, che continuerà a provare finché Elsa non si sarà stancata di tenerlo fuori o per qualche miracolo Emma accetti di parlare con lui. È sicuro che se solo avesse potuto parlare con lei, avrebbero potuto risolvere le cose.

    Ma con un senso fin troppo familiare di dejà vu, viene svegliato presto dallo squillo del suo telefono, Regina dall'altra parte della linea che gli chiede di sapere cosa diavolo stava pensando.




    Il giorno in cui il giudice dichiara che Henry è suo figlio è un sollievo come non l'ha mai vissuto prima. Le è permesso di fargli visita – visite brevi e monitorate su richiesta di Elsa – ed è sorpresa di scoprire che il sistema di adozione non ha trasformato suo figlio nel ragazzino amareggiato e arrabbiato che ha fatto con lei. Forse è ancora troppo piccolo, forse non è stato come per lei, ma non le interessano le ragioni.

    Suo figlio sorride quando il giudice la dichiara ancora una volta sua tutrice legale e per poche ore preziose, questo è tutto ciò che le interessa.

    Tornano da Elsa, Emma cerca di capire cosa succederà dopo. É stata così presa dall'ottenere la custodia di suo figlio che non ha pensato a lungo termine. Torneranno in California? Cercheranno di ricominciare da lì, a Boston, quella città con così tanti brutti ricordi per entrambi?

    È Henry che deciderà per lei. Ha chiesto della sua vita in California, delle palme e delle spiagge, e quando le chiede con voce esitante e calma se forse lei lo porterebbe un giorno, la sua mente è già decisa. Torneranno in California.

    C'è un tremolante momento di speranza nel cuore di Emma al pensiero. Tornando in California, avrebbe avuto di nuovo vicino Killian. Forse il desiderio di Henry di ritornare era un segno, ma Emma non crede ai segni.

    Ma forse... forse se potesse vedere Killian, se lui incontrasse Henry, ed Emma avesse un po' di tempo per arrivare a conoscere suo figlio, forse... forse deve almeno una spiegazione a quell'uomo. Forse ora che il bisogno divorante di riavere suo figlio è svanito, può ammettere la verità a se stessa.

    Le manca Killian. Le manca disperatamente e lo ama ancora tanto quanto lo amava in Scozia, prima che tutto andasse a rotoli.

    Va a letto con il cuore pieno di speranza, dormendo facilmente per la prima volta da settimane, con Henry nella stanza accanto e il pensiero che forse, solo forse, poteva sistemare le cose con Killian.




    Emma sta canticchiando tra sé in cucina, tagliando la frutta per accompagnare i waffle che intende preparare per tutti in casa. Henry è seduto al bancone e la tempesta di domande
    sulla California quando appare Elsa.

    Il sorriso di Emma cade all'istante, lo sguardo preoccupato negli occhi dell'altra donna la fa innervosire.

    "Tutto ok?".

    Gli occhi di Elsa scivolano su Henry prima di incontrare lo sguardo di Emma "Sì, ho solo un po' scartoffie da farti firmare nel mio ufficio".

    "Va bene" Emma sa che non ci sono scartoffie da firmare, ma posa con cura il coltello e si asciuga le mani sui jeans "Torno subito, Henry".

    Il suo stomaco si contrae mentre segue Elsa lungo il corridoio e deve lottare per non avvolgere le braccia attorno a se stessa "Che succede?".

    Elsa si gira verso di lei, mordendosi il labbro per un momento prima di passarle il telefono "Killian ha chiamato. Sono apparse sul sito di Gold e lui dice che non è vero, ma... è meglio se lo sai ora, prima che qualche stupido giornalista te lo chieda".

    "Non so cosa..." quasi lascia cadere il telefono, l'immagine sgranata inconfondibilmente di Killian in un appassionato abbraccio con la sua co-protagonista. La mano di Emma trema mentre le restituisce il telefono, le lacrime che bruciano nei suoi occhi "Grazie per avermelo mostrato” sussurra, quasi soffocandosi con le parole.

    "Emma..." la voce di Elsa si spegne, i suoi occhi dolci di compassione mentre tiene il telefono contro il suo petto "Dal suo messaggio... non credo che stia mentendo sul fatto che non sia come sembra".

    "A me sembra abbastanza reale" Emma si appoggia al muro, lottando per controllare la respirazione. La caduta a pezzi non è più un'opzione. L'ardore della gelosia non ha importanza; il crescente senso di colpa che è tutta solo colpa sua, che avrebbe potuto in qualche modo impedirlo se fosse stata più forte, meno paurosa… non importa ora. Ha Henry a cui badare e suo figlio non ha bisogno trascorre i suoi primi giorni con sua madre guardandola andare in pezzi "Non è in costume di scena. Quella è la sua maglietta".

    Lo sapeva bene. Ci ha dormito un sacco di volte. Tuttavia, la sua mente si ribella all'idea – ha detto che l'amava – ma deve essere razionale. Sono passati mesi. Lui è un uomo attraente e di successo. Certo che è sopra di lei. Forse non l'avrebbe fatto se avesse risposto alle sue chiamate - forse se si fosse resa conto prima del buco nero dolorante nel suo cuore dove lui era solito stare, non se ne sarebbe andato, ma non lo aveva fatto.

    Il fatto è che lui era andato avanti. Era tempo che lei e Henry facessero lo stesso. La vocina che sussurra nella parte posteriore della sua mente che l’aveva chiamata per spiegarsi è fermamente spinta giù con la certezza che lui fosse solo arrabbiato di essere stato beccato.

    "Henry e io dovremmo toglierci di torno. Ci metteremo in viaggio dopo colazione. Probabilmente è meglio darsi da fare prima che lui possa fare qualsiasi pazzia. Tipo scoprire dove andremo a vivere".

    "Sai che puoi restare tutto il tempo che vuoi qui".

    "Lo so" Emma sorride tra le lacrime che le scendono sulle guance nonostante i suoi sforzi per trattenerle "Apprezzo tutto quello che hai fatto per noi, davvero. Quando ci saremo sistemati, dovresti venire a farci visita".

    "Mi piacerebbe".

    Emma abbraccia Elsa prima di andare, sussurrandole grazie un'ultima volta.


    Continua…
     
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    Capitolo 20 (II parte)



    "Non ho la minima idea di cosa stai parlando" riesce a dire Killian, interrompendo l'inspiegabile tirata d’orecchie di Regina "Se saresti così gentile da spiegarmi".

    "Quindi è così che vuoi metterla? Bene. Che diavolo stavi facendo quando ti sei messo a baciare Ashley Boyd dove chiunque poteva vederti? Capisco che sei ancora arrabbiato per la sfortunata storia con Emma, ma questo non è...".

    "Non ho fatto niente... Sono le due del mattino a Los Angeles. Perché mi chiami per discutere di questa cosa adesso?" Killian chiede con crescente allarme, il suo cervello impastato di sonno, ricordando all'improvviso che Regina era tornata in California per quella settimana. Con tutto il tempo impegnato tra le riprese o le prove, non aveva molto per pensare di baciare un'altra donna, ma la sua accusa doveva venire da qualche parte.

    Ci fu un pesante silenzio prima che Regina parlasse con un tono di fredda furia "Gold ha appena pubblicato le foto di voi due che danno un'impressione un po' diversa. Verranno distribuite domattina".
    Kilian esce a tentoni dal letto ed entra in soggiorno, sprofondando sul divano e aprendo il suo laptop mentre sbatte le palpebre davanti allo schermo luminoso. Bastano pochi clic prima che trovi una serie di foto sfocate disposte con cura per far sembrare che solo ieri fosse in una situazione piuttosto appassionata con la sua co-protagonista.

    "Ucciderò quel maledetto bastardo" ringhia nel telefono, chiudendo lo schermo del pc con rabbia.

    "Possiamo denunciarlo".

    "Questo gli darà solo più attenzione" si costringe a respirare, stringendo la mano libera in un pugno "Andrò a Boston non appena avremo finito. Gli spiegherò cosa ha fatto. Stavamo provando una scena. Hi dovuto... dannazione, ho dovuto dirmi di pensare a Emma per far bene quella dannata scena, Regina. È stato mortificante e ora...".

    "Sei sicuro che non vuoi che faccia niente?".

    "Niente di legale. Grazie per avermelo detto" Killian riaggancia, facendo un respiro profondo e strofinandosi una mano contro gli occhi, lottando con le sue emozioni. Per quanto voglia prendere Gold per il collo e strangolarlo a morte, è più terrorizzato dalla reazione di Emma. Puntava tutto per la fine del caso di custodia per avere un'opportunità per loro, ma se Emma le vedesse…

    Sono le cinque del mattino a Boston, ma prova comunque a chiamare Elsa. Lei non risponde – non una grande sorpresa data l'ora - e lascia un messaggio supplichevole di richiamarlo appena sveglia.

    Ci sarebbero volute ancora alcune ore prima di ritornare sul set - è una settimana di riprese notturne - ma è troppo agitato per dormire. Cammina per casa, sospirando.

    È come se Gold sapesse che Killian sperava che il ritorno di suo figlio le avrebbe addolcito il cuore e ha deciso di rovinare la sua occasione pubblicando foto che sicuramente l'avrebbero allontanata. Non c'è modo per lei di sapere che Gold ha manipolato un bacio di prova con una collega per farlo sembrare qualcosa di più - non c'è motivo per lei di non presumere che sia così.

    Quando si sente Elsa il giorno successivo, scopre solo che Emma è partita senza avere la minima idea di dove stia portando suo figlio, da qualche parte in California. Prende a pugni un muro in un impeto di rabbia e non dice nulla quando David alza un sopracciglio alla vista delle sue nocche sbucciate.




    Il suo viaggio con Henry è tutto ciò che dovrebbe essere. Le nevi svaniscono mentre si spostano a sud e ovest, lasciando il posto a temperature più calde e cieli più luminosi. Si fermano ai ristori per turisti.

    Emma ritrova la sua capacità di ridere di nuovo posando per foto stupide con suo figlio, che ha ereditato il suo senso dell'umorismo, tra le altre cose.

    Non pensa alle foto con Killian e Instagram e ai red carpet e tutte le prove fotografiche che lui amava - una volta. Non apre l'app sul telefono se non di notte, quando Henry è profondamente addormentato, e sfoglia le immagini che dovevano essere una messa in scena ed erano tutt'altro alla fine.

    Forse non erano destinati.

    I chilometri danno a lei e Henry la possibilità di conoscersi davvero l'un l'altro ed Emma non scambierebbe quei giorni per qualsiasi cosa. La strada si estende all'infinito davanti a loro e per le due settimane che ci vogliono per attraversare il paese, sembra che potrebbe davvero essere di nuovo felice per la prima volta da quando Killian si è rivolto a lei con il tradimento negli occhi quella mattina in Scozia.

    Pensa di chiedere indietro il suo vecchio lavoro, ma è un lavoro pericoloso e le ore non sono regolari. Una cosa era quando era sola con se stessa a cui badare, ma adesso ha Henry. La vita in città è costosa e lei non può portarlo dalla casa famiglia a un'orribile scatola da scarpe di appartamento.

    Inoltre, dopo tutto quello che è successo, tutto ciò che Emma vuole è sparire. Una città come Los Angeles non è il posto giusto per farlo.

    L'idea le viene da un cartellone pubblicitario sull'autostrada, tra le tante cose.

    "Ti piacciono i cavalli, ragazzo?" chiede, fissando il cartello finché non deve volgere gli occhi di nuovo verso la strada.
    Lui alza le spalle, fissando meravigliato le palme "Mai visto uno".

    "Pensavo che forse potrei trovare un lavoro in un ranch. Ho passato un po' di tempo in uno prima d’ora" ingoia il dolore, vuole che i ricordi non facciano così male. Sono passati mesi. Non dovrebbe essere ancora così, con quel dolore rosicchiante e profondo che la brucia quando pensa a lui.

    "Fico".

    Emma si rifiuta di tornare in quello con Killian, ma ricorda che c'erano altri nella zona. Ha fortunata al terzo tentativo, proprio quando stava cominciando a pensare di accantonare la sua idea, come tante altre, mal concepito e destinata a fallire.

    La vecchia proprietaria del posto la guarda con aria critica, gli occhiali che le scivolano lungo il naso "Il ranch è un duro lavoro, Emma, ma mi perdonerai se ti dico che sospetto che tu abbia bisogno di un po' di duro lavoro per distrarti dai tuoi problemi. Lo troverai qui. Mia nipote ti dirà, quando non è impegnata a rincorrere uno degli aiutanti" sospira, lanciando un'occhiata verso la macchina di Emma, dove Henry sta guardando con le braccia conserte "Il figlio del mio caposquadra è poco più giovane del tuo ragazzo. Potrebbe essere bello avere di nuovo dei bambini in giro".
    "Grazie" sussurra Emma con gratitudine, il sollievo la pervade mentre si gira per sorridere ad Henry, alzando di soppiatto il pollice "Non ve ne pentirete, signora”.

    "Tutti mi chiamano Nonna. Non lasciarti ingannare, cara. So ancora come usare quel fucile sulla veranda. Ma non mi importano queste sciocchezze da signora. Nonna andrà benissimo".

    Emma annuisce, ascoltando mentre vengono delineati i suoi doveri e le condizioni del suo impiego. La paga è minima, ma vitto e alloggio sono inclusi, ed è tutto ciò che le interessa. La stampa non troverà mai lei e suo figlio lì e sarà una vita tranquilla e pacifica.

    Niente grandi romanzi. Nessun innamoramento. Nessuna frantumazione in un milione di pezzi quando le cose vanno male.




    Le riprese del film in esterna si concludono finalmente e lui torna a casa sua sulle colline, sperando per tutta la durata del volo che lei si sia lasciata alle spalle un minimo indizio, una scia di briciole per lui da seguire. È una vana speranza: la casa è vuota di ogni traccia di lei. La sua chiave e carta di credito sono sull'isola della cucina, nemmeno un biglietto ad accompagnarli.

    Tutto ciò che è rimasto per dimostrare che una volta lei viveva lì sono i gioielli e le scarpe e i vestiti. È tutto appeso ordinatamente nel suo armadio accanto alle sue cose, come se chiudesse gli occhi e prendesse un respiro profondo e lei potesse apparire sulla soglia con i capelli in morbide onde, cercando il paio di scarpe perfette.

    Essere a Los Angeles è peggio, in un certo senso. Non può guidare fino alla rocca - ricorda di essersi seduto sul cofano della sua macchina, ricorda quella prima notte che l'ha portata lì, già mezzo innamorato di lei e volendo che lei lo vedesse come un uomo invece che come un caso umano. Non può accendere nessuno dei fuochi – lì sono troppi i ricordi alla luce tremolante delle fiamme.

    Vaga per casa di notte quando non riesce a dormire, bottiglia di rum in mano, ma lei non è in cucina. Non gli offre un assaggio di glassa dal suo dito, non è rannicchiata sul divano davanti al fuoco o facendo yoga in giardino.

    Se n’è andata e basta.




    Emma e Henry si abituano al ritmo del ranch. Lei crolla nel letto esausta ogni notte, ma Henry è felice, e questo è abbastanza. Non le importa se dovrà spaccarsi la schiena per il prossimo decennio o giù di lì fino a quando lui non andrà al college. Le piace stare con i cavalli, la quiete delle prime ore del mattino con i loro grossi corpi che sbuffano e annusano nel fieno.

    Nei giorni lenti, quando il lavoro è finito, la Nonna insegna anche a lei e a Henry a cavalcare un po'. Non sarà mai brava come Killian e David, ma sta imparando a stare comoda in sella e Henry lo adora.

    Lo sta inseguendo attraverso il fienile come qualsiasi altro giorno, avvertendolo di non spaventare i cavalli: si sono abituati a lui, ma lei è sua madre e ha bisogno di tentare di frenarlo – quando gira l'angolo, il passato la sbatte addosso.




    Riprendono le riprese negli studios di Los Angeles e per un po' le lunghe giornate e le lunghe notti si esauriscono e tanto basta per distrarlo. Ma anche quello finisce e lui si rivolge al familiare conforto di una bottiglia, raramente esce di casa. Tra poche settimane inizierà il press tour, gli infiniti viaggi e interviste e domande noiose a cui risponderà più e più volte con un sorriso stampato in faccia.

    Dovrà rimettersi in sesto allora e non è impaziente di farlo, ma per
    ora non importa.

    Non è del tutto sorpreso quando una mattina David si presenta alla sua porta con il caffè e colazione in mano "Vestiti" dice in segno di saluto, guardando l'aspetto di Killian dall’alto in basso "Lasciami riformulare. Fatti una doccia. Vestiti. Bevi questo" gli infila la tazza di caffè in mano, facendosi strada in casa.

    "Vattene, Dave".

    "Indossa dei jeans. Andiamo a cavallo" continua David come se Killian non lo avesse appena licenziato. I loro occhi si incontrano e Killian non ha mai voluto prendere a pugni il suo amico in faccia così forte come in quel momento, ma non lo fa. A un certo livello, sa che David sta solo cercando di aiutarlo.

    Non vuole essere aiutato. Ha fatto tutto questo. Merita di provare fino all'ultimo agonizzante secondo.

    Beh, lui ha iniziato. Gold è quello che ha mandato avanti la storia e non si fida di se stesso vicino a quel maledetto coccodrillo. Non riuscirà mai a riprendersi Emma dall'interno di una cella di prigione, ammesso che ciò accada mai. Nemmeno l'investigatore privato che ha assunto è riuscito a trovarla.

    "Oggi non rimarrai in questa casa a ubriacarti fino a svenire. Potrai farlo stasera, ok? Ma oggi cavalcherai con me".

    "Sei un bastardo irritante”.

    "Sì, amico, lo so. Muoviti. Ho detto loro che saremmo stati lì verso mezzogiorno".

    Killian va, strappando la busta dalla mano del suo amico prima di voltarsi per la doccia. David lo conosce bene: ha portato le ciambelle al cioccolato. Una fitta lo attraversa mentre ne prende una, ricordi di Emma e glassa di cioccolato che lo assalgono.

    "Hai avuto sue notizie?" chiede David durante il viaggio, la sua voce dolce, incerta. Killian non parla di Emma in quei giorni – non a lui, non a nessuno. È difficile persino pronunciare il suo nome, però
    ci sono volte in cui si passa ancora la catena d'argento tra le dita, il fascino dell'ancora che oscilla con la sua delicata lavorazione dei metalli.

    "Non una dannata parola" Killian guarda fuori dal finestrino, le sue emozioni vorticose. È comune in quei giorni - un momento il senso di colpa lo fa annegare, il prossimo, il suo umore si accende di vita perché ’Come diavolo se n'è potuta andare così, dopo tutto? Lui ha cercato di capire, davvero, ma lei non gli ha nemmeno dato la possibilità di spiegare prima di scappare. Ha ignorato le sue chiamate, ha ignorato i suoi messaggi vocali, ha ignorato i tentativi di contattarla tramite il suo avvocato mentre combatteva per suo figlio… Henry, si chiama Henry.

    "Pausa dura" è l'ultima cosa che David dice sull'argomento e Killian lo odia un po' di più, ma non può negare che salire in sella a cavallo aiuta.

    È un posto diverso da quello in cui sono stati prima e Killian dice un silenzioso ringraziamento a David per quello – per aver anche solo intuito che il loro posto abituale aveva dei ricordi di Emma ad ogni angolo. Passano la giornata nei campi, galoppando da un capo all'altro, e non è proprio contento, ma è riuscito almeno a fare una o due risate genuina, e quello dovrà bastare.

    Sono quasi tornati alla stalla, uomini e bestie sudati e ricoperti di terra, quando sente la risata di un bambino, lo sbattere delle scarpe da ginnastica contro i mattoni che uscivano dalle porte aperte della stalla. Questo gli fa male, perché è solo un altro ricordo di Emma.

    Anche la voce della donna che chiama il bambino suona proprio come quella di...




    Non è cambiato tanto. È ancora tutto muscoli magri e, anche da lontano, l'azzurro dei suoi occhi le toglie il fiato "Killian” sussurra, fermandosi di colpo e sentendo il sangue venir meno sul suo viso, le vertigini in aumento. Si chiede vagamente se sta per svenire per la prima volta nella sua vita.

    "Emma..." non ha mosso un muscolo, ancora in sella con la schiena dritta e le mani strette attorno alle redini, ma la sua voce si spezza e tutto ciò che può fare è fissarla impotente.




    "Henry, ti ho detto di non correre! Spaventerai i cavalli!".

    Lei gira l'angolo in quel momento e la vede, jeans impolverati e treccia disordinata, inseguendo un ragazzino dai capelli castani con il sorriso di sua madre. Lei alza gli occhi mentre i cavalli si avvicinano, raggiungendo il fianco di suo figlio per tirarlo lontano dalla strada.

    È troppo lontano per sentire il sussurro del suo nome, ma può leggerlo dalle sue labbra. Lo fissa, gli occhi spalancati per lo shock mentre il colore svanisce dal suo viso, la sua mano stretta sulla spalla di suo figlio.

    "Emma...".


    Continua…
     
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    Capitolo 21 (I parte)



    "Mamma?".

    La domanda perplessa di Henry distoglie l’attenzione l'uno dall'altra ed Emma costringe un debole sorridere ad apparire per suo figlio.

    "Andiamo, ragazzo, togliamoci di mezzo" la voglia di scappare è forte, ma non può farlo con Henry lì.

    "Emma!".

    Questa volta non è una supplica spezzata, ma un ordine che cerca di ignorare e non può. Si gira, giusto in tempo per vederlo gettare le redini a David e scendere giù dalla sella con una grazia che lei non può fare a meno di ammirare – ma non è sempre stato così quando si tratta di lui?

    Le corre dietro ed Emma lotta per respirare, per non affondare le unghie nella spalla di Henry dove la sua mano è poggiata in modo protettivo.

    "Intendi davvero andartene di nuovo?" Killian chiede, la voce roca e gli occhi selvaggi.

    "Andarmene di nuovo? Non sono stata io quella che..." Emma si ferma, prende un respiro profondo e guarda suo figlio. È abbastanza grande da capire troppo e lei non avrà quella conversazione davanti a lui "Devo preparare la cena per Henry. Henry, vai a lavarti. Arriverò tra un minuto".

    Henry sembra voler protestare, ma è un bravo ragazzino e se ne va.

    "Sto aspettando" Killian dice una volta che Henry è fuori portata d'orecchio, le braccia incrociate con aria di sfida sul petto. Si è piazzato sul posto, ha una posa dura e testarda. Il fuoco nei suoi occhi le ricorda come la guardava, non con rabbia a malapena contenuta come adesso, ma con passione e desiderio.

    Quei suoi occhi riuscivano a farla bruciare dall'altra parte di una stanza, una volta. Nulla è cambiato. Ma tutto il resto sì.

    Sospira per coprire le sue emozioni agitate, indicando la stalla entro cui David ha guidato entrambi i cavalli dentro, lottando per nascondere il tremore del suo corpo "Tu e Davis siete venuti con una macchina?".

    "Sì, ma...".

    "Non ho tempo per riportarti indietro e sono sicura che lui ha bisogno di tornare a casa dalla sua famiglia" le labbra di Emma formano una linea sottile e dura mentre fissa lo sporco ai suoi piedi, pregando che la sua voce non tremi come le sue mani.

    ’Che stai facendo? Non funzionerà. L'hai imparato la prima volta. Meglio mandarlo via adesso. Sei sopravvissuta a malapena la prima volta. Devi pensare a Henry’.

    "Tornerò più tardi".

    "Sono quasi due ore di macchina. A tratta".

    "Ne sono consapevole".

    Emma alza lo sguardo, guarda davvero nei suoi occhi. Sono pieni di determinazione che ha già visto prima e lei sa che in un modo o nell’altro le farà avere quella conversazione.

    Non importa quante scuse si inventerà, alla fine lui la metterà alle strette.

    "Vuoi davvero tornare qui in macchina stasera?" Emma chiede alla fine, un ultimo sforzo disperato mentre si infila le mani in tasca. Fissa oltre la sua spalla le lunghe ombre sul paddock gettate dal sole del tardo pomeriggio, evitando il suo sguardo.

    "Quello che voglio è tornare in quella stanza d'albergo a Inverness e rifare tutto da capo. Quello che voglio è che tu mi abbia richiamato una delle centinaia di volte che ho maledettamente cercato di contattarti dopo che sei andata via. Ma sì, mi accontenterò di tornare qui stasera così potremmo avere una conversazione che è dannatamente in attesa da molto tempo" la tensione si irradia da lui, una rabbia ribollente che brucia appena sotto la superficie delle sue parole. La sta fissando quando lei lo guarda negli occhi, intenso come non l’ha mai visto.

    "Non ti lascerò sparire di nuovo, Emma. Non senza darmi una maledetta buona motivazione".

    "Non puoi farmi fare niente. Non appartengo più a te" Emma dice a bassa voce, lanciando un'occhiata oltre la sua spalla verso la piccola cabina che lei ed Henry chiamano casa. Si rifiuta di appartenere a chiunque tranne che a se stessa in quei giorni. Essere madre significa mettere suo figlio al di sopra di tutto e per farlo fallo, non può essere di nessuno tranne che di Henry.

    "Guardami negli occhi e dillo".

    I suoi occhi tornano sui suoi e fa un respiro profondo, lottando con le parole, perché non può farlo di nuovo. Non può farsi coinvolgere da lui, dalle sue belle parole e dalla sua bella vita; non può cadere in un milione di pezzi quando tutto va storto "Io... io non...".

    "Sei sempre stata una miserabile bugiarda" Killian dice quando lei lascia che il silenzio si protragga troppo, le sue parole taglienti. Si strofina il palmo della mano sul viso, seguendo i suoi occhi fino al punto in cui David è appoggiato contro il lato della stalla, chiaramente con l'intenzione di dare ai due tutto lo spazio di cui hanno bisogno.

    "Dovrei tornare verso le dieci. Il ragazzo sarà a letto per allora?".

    "Sì" Emma sospira sconfitta, indicando la cabina in cui Henry è scomparso "Quella è nostra".

    "Promettimi che non scapperai prima che io possa tornare".

    Di tutto quello che le ha detto negli ultimi dieci minuti, questo è ciò che le spezza il cuore di più, la paura e la frustrazione che sente nella sua voce e la certezza che non può dargli ciò che vuole.

    Non poteva farlo prima e non può farlo ora.

    "Dove dovrei andare?" è a malapena un sussurro e non aveva nemmeno intenzione di dirlo ad alta voce, ma lo sguardo violento che riceve in risposta le dice che lui ha delle opinioni in merito. Emma inizia a voltarsi dall'altra parte, incapace di sopportare lo sguardo che le sta lanciando per un altro minuto "David sta aspettando" gli
    dice, indicando il fienile con gli occhi fissi per terra.

    "A dopo" Killian si gira per andarsene e lei non sa se è una promessa o una minaccia, ma annuisce comunque.

    Lui fa due passi prima di tornare a guardarla, le labbra strette, gli occhi ardenti. Lei dovrebbe fare un passo indietro, dovrebbe andarsene, ma è congelata sul posto mentre lui si lancia verso di lei, la mano che scivola tra i suoi capelli e la tiene sul posto. La spinge contro di sé e lei capisce in un secondo cosa sta accadendo, ma non è ancora preparata per il bacio brutale che le dà. La sta stringendo troppo forte, la sua presa sui suoi capelli è quasi dolorosa, ma lei è impotente tra le sue braccia, rispondendo immediatamente. Emma cerca di tenere il ritmo, ma lui sembra un uomo posseduto, i suoi denti le mordicchiano le sue labbra. Lei si preme più vicino, l'altra mano che scivola dal suo fianco sul suo sedere per tenerla ancorata contro di lui e di sicuro stanno dando spettacolo, ma a lei non importa.

    Killian si separa da lei all'improvviso proprio come l'ha afferrata e lei lotta per prendere un respiro mentre si allontana.

    "Questa è la prima dannata cosa che avrei dovuto fare" la voce di lui è roca, ma c'è una traccia della vecchia spavalderia nel suo sorrisetto "A dopo, Swan".

    Questa volta, non ci sono dubbi: è una promessa.

    Lei annuisce semplicemente, le sue dita sulle sue labbra quasi ammaccate mentre lui si allontana. Emma torna alla cabina e cerca di non pensare a niente di quello che è appena successo – o a cosa accadrà quando lui ritornerà.




    Le mani di Killian sono così serrate lungo i fianchi che quasi si aspetta che le ossa si spezzino. Si avvia verso David, ogni muscolo del suo corpo è teso contro il disperato bisogno di tornare da Emma, dire a David di andare a casa senza di lui, di restare finché lei non lo avrà ascoltato.

    Per non perderla di vista finché non è certo che non scomparirà nel momento in cui si sarà voltato.

    "Pronto ad andare?" David lo guarda come se fosse una bomba in procinto di esplodere e Killian non si fida di se stesso per parlare. Annuisce in risposta, girandosi verso l'auto. Non dovrebbe, ma guarda Emma da sopra la spalla, la sua treccia disordinata che oscilla tra le sue spalle rigide mentre si allontana.

    Sta solo camminando verso la sua cabina, ma il panico gli artiglia comunque la gola.

    Deglutendo a fatica, si getta sul sedile del passeggero dell’auto di David, incrociando le braccia sul petto e spingendo indietro la testa contro il sedile.

    "Lo sapevi che sarebbe stata qui?" chiede appena la portiera si chiude alle spalle di David, la chiave nemmeno nell'accensione "Mi hai incastrato senza alcun dannato preavviso? Te lo giuro, Dave, se tu…".

    "Non lo sapevo" interviene David, fissando Killian con uno sguardo che è a metà tra il disprezzo e la pietà "Andiamo, amico, se avessi saputo che era qui, te l'avrei detto".

    Killian grugnisce una risposta incomprensibile e David ha il buon senso di non dire niente, accendendo la radio e tenendo gli occhi sulla strada.

    Ma è un lungo viaggio.

    "Vuoi rivederla?" chiede infine David, il suo tono cauto e il suo sguardo ancora fermo sull’autostrada.

    "Tornerò stasera".

    "Stasera?".

    "Questo è quello che ho detto".

    David lo guarda accigliato, le sue dita si stringono notevolmente sul volante "Senti, mi arrabbierei anche io, ma se non puoi essere gentile con me, come diavolo farai a essere gentile con lei?".

    "Sei una persona irritante. Emma è..." fissa fuori dal finestrino, le montagne in lontananza sembrano nebbiose nella luce sbiadita. È una lotta per scegliere le parole che vuole dire e, alla fine, tutto ciò che può dire è "La amo".

    "Quindi tornare insieme è l'obiettivo?".

    "Ho appena detto che la amo. Quale altro sarebbe l'obiettivo?".

    "Considerando quanto sei incazzato...".

    "Lascia che ti ricordi la tua lamentela del ’Se solo lei smettesse di lasciare le tazze da tè ovunque’ di nemmeno una settimana fa".

    "Non è la stessa cosa" David fa una pausa, poi aggiunge "Ed è una cattiva abitudine. Leo inizierà a camminerò presto e se si dà una botta in testa con una di quelle cose…” sospira, facendo un vago movimento con una mano "Il mio matrimonio non è importante al momento. Se vuoi sistemare le cose con Emma, devi calmarti. Sappiamo entrambi che spingerla non ti porterà da nessuna parte".

    "Se n'è andata. Per una cazzo di discussione. Se n'è semplicemente andata. E ora è tornata in California per tutto questo tempo e non ha mai detto una parola" Killian si sforza di fermarsi, la sua rabbia in aumento "Se scompare di nuovo...".

    "Sì, come ho detto, sarei incazzato anche io. Ma per quel che vale, non credo che andrà da nessuna parte questa volta”.

    "La tua sfera di cristallo te lo dice?".

    David ignora la frecciatina, indicando l'autostrada "Senti, puoi tornare là fuori con le pistole cariche e discutere con lei. Ma, e mi ripeto qui, non ti porterà da nessuna parte. Quella donna è ancora terrorizzata ed è tutto ben visibile sul suo viso. E adesso ha un figlio a cui badare".

    "È questo il discorso da ’Ora che sono un padre’ che mi hai risparmiato fino ad ora?".

    David alza le spalle "Ti cambia”.

    "Credi davvero che non scapperà?" chiede Killian dopo un lungo silenzio, la speranza che sta provando è abbastanza da tenere a bada l’ansia che gli stringe il petto.

    "Voi due... siete due testardi. Ma lei ti guarda nello stesso modo in cui ti ha sempre guardato. Io non so come la risolverete. Amo mia moglie e, cavolo, se solo sapessi come renderla felice tutto il tempo. Ma tu conosci Emma".

    "Già" borbotta Killian. David ha ragione, abbastanza fastidiosamente. Emma non risponde bene a una sfuriata. Quella donna ha sempre messo alla prova la sua pazienza, ma ne è valsa la pena.

    Trascorre le restanti ore in macchina ricordando a se stesso di questo ed è riuscito a ingoiare abbastanza della sua rabbia per credere che quella sera finirà molto meglio di come è iniziato il giorno.


    Continua…
     
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