Rest in Peace

By J Daisy {W+C}

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    Piccolo tuffo nel mondo ipotetico di Wilson+ Cameron :P


    Nome fanfiction: Rest in peace
    Genere: Drama/General
    Autrice: J Daisy
    Rating(Per tutti,VM18..): Per tutti
    Personaggi: James Wilson & Allison Cameron
    Piccola trama: Nessun uomo ha diritto di andare via da questo mondo senza lasciarsi delle impronte significative dietro. Ma cosa succede quando due persone scoprono che le stesse impronte hanno attraversato i loro cammini?


    Capitolo 1

    'Le probabili impossibilità sono da preferire alle improbabili possibilità' - Aristotele




    House battè il bastone sulla lavagna bianca. 15 minuti e questo caso lo stava già annoiando "Gemelli. Due giorni di vita. C'è un Caino, è quello normale. E poi c'è l'Abele. Caino non è più affezionato ad Abele. Vedete, quando i pargoli erano nella pancia della mamma, Caino era un bravo feto. Calciava raramente, dava ad Abele tutti i nutrimenti. Sapeva che una volta fuori, tutto sarebbe stato diverso. Perchè Abele, beh, Abele era un bimbo selvaggio. Un bambino pazzo. Un feto 'oltremodo zelante'. Uno sperma-germe. E poi c'era Eva. O Dio. Noi tutti sappiamo...beh, mi fermo dal elargirvi frasi sulla nostra esistenza. Niente foto, per favore. Comunque, Eva decise di avere una voglia di sacrificio. Quindi, Caino le portò la sua raccolta. E Abele il suo agnello. Eva era elettrizzata dall'agnello e chi potrebbe biasimarla? Ma non è soddisfatta dal raccolto. Anzi, è anche arrabbiata e chiede solo del sangue. Caino si arrabbia così tanto che uccide Abele. Poi Eva gli chiese 'Dov'è tuo fratello?'. Caino ha paura di dirle la verità e quindi dice ad Eva che non sta tenendo in ostaggio suo fratello. Eva però non è convinta e si arrabbia con Caino per averle mentito. Non aveva ancora capito che tutti mentono. Quindi Abele è morto, e quando Caino è nato, è nato con un sacco di problemi. Ma tutto finisce per il meglio, come dice il Sacro Libro, Adamo ed Eva ebbero poi molti altri figli e figlie".

    Il team più Wilson, lo fissarono scioccati. Era la cosa più bizzarra e contorta che House gli avesse mai detto. Alla fine, Chase parlò "Non va così la storia. Quando Caino uccise Abele, erano entrambi dei ragazzi e Caino era il fratello maggiore di Abele e...".

    Wilson guardò l'orologio. Aveva i suoi pazienti da curare: la signora Hennessey sarebbe arrivata tra mezz'ora "House, a me non interessa la Bibbia. Dicci i sintomi".

    "Bene, ma andrai dritto all'Inferno per questo". Wilson roteò gli occhi. "Ok, la mamma scopre di essere incinta di due gemelli, due giorni fa sono nati nel periodo giusto, e uno dei due neonati sta bene. L'altro presenta microcefalea, eccessiva aria in corpo, stava per perdere il pollice destro, è nato molto piccolo, il cuore non funziona bene, e ha i mignoli piegati verso l'interno. Ieri, è collassato. Pronti...partenza...diagnosi!".

    Foreman fece un piccolo sbuffo ma non disse nulla. Wilson iniziò a pensare. Chase battè le dita sul tavolo. Dopo pochi momenti, Cameron pensò a qualcosa "Sindrome di Cornelia de Lange. Spiega tutto".

    House annuì, ovviamente impressionato "Iniziate una diagnosi clinica con uno specialista di genetica, e mettetelo sotto Felbamate per il collasso" House prese tre striscette che erano sulla scrivania e li tenne in pugno "La striscia più corta lo dice ai genitori".

    Andò a Cameron, e Wilson pensò che le era andata bene. Non doveva dirglielo al fratello.

    ---

    Wilson aveva un piccolo fagotto azzurro tra le braccia. Bryan. Il nome dell'altro fratello. Significava: forza.

    Poteva solo sperare che quel nome lo proteggesse davvero.

    "Hey" era una voce femminile, soffice e confortante.

    "Brutta giornata anche per te?".

    Cameron fece spallucce "E' solo un bambino ed è così indifeso. Vorrei aver potuto fare di più per lui".

    Wilson annuì. La capiva perfettamente "Non c'è cura. Abbiamo fatto il possibile. Quindi, tu hai fratelli?".



    Cameron sorrise. Il cambiamento di argomento fu un sollievo "Ne ho quattro. Sono tutti più grandi di me, e sono la sola motivazione per cui so tutto di hockey. E sono anche la sola motivazione per cui odio l'hockey. E tu?".

    "Ho un fratello maggiore, Mike" Wilson si mosse e riposò Bryan. Era ora di dirlo a qualcuno "E ne ho uno più giovane" si girò verso Cameron "Si chiamava Bryan".

    Cameron sussultò "Si chiamava?".

    Wilson annuì "Se n'è andato; circa 10 anni fa. I miei genitori spingevano perchè diventasse medico, come mio padre e mia madre. Mike aveva appena finito e io avevo appena iniziato. Ma lui non voleva diventare medico. Voleva insegnare. Al liceo".

    'Il periodo migliore per insegnare'. Nessuno dei due notò House entrare e mettersi ad ascoltare la loro discussione.

    "Disse che era il periodo migliore per insegnare. Comunque, i miei genitori erano...molto rigidi. Tutto o niente. Gli diedero un alma mater. Non capivo cosa stesse succedendo a quel tempo...pensavo non volessero solo pagare la sua scuola. Ma era tutto il contrario. Non ci disse dove stesse andando, ma dubito fosse un college. Non poteva permetterselo. E come sarebbe andato a scuola? Non c'era modo. Non sappiamo nulla di lui da allora".

    'No. No. No. No. No. No. No. Non c'è modo. Non può essere. Il mondo è troppo grande. C'è qualche coincidenza, o qualche stupido scherzo o qualcosa. E' impossibile per il suo Bryan Wilson essere il mio Bryan Wilson. Ci sono un sacco di Wilson nel mondo. Non è un nome così poco comune. Ti stai contraddicendo. Quanti Bryan Wilson esistono in tre stati 'senza famiglia' e che volevano insegnare al liceo perchè è il periodo migliore? Non può essere. Non può essere. Il mondo non può essere così piccolo. Il mondo non può essere così crudele'.

    "Cameron?".

    Cameron sobbalzò "Si, si. Io...io...oh, no" si tenne lo stomaco e si portò una mano in bocca. Cameron corse via e quasi fece cadere House. Voleva chiedere a Wilson di tutta quella storia ma il cercapersone iniziò a suonare e lo lasciò solo. Aveva la sensazione però che ci fosse qualcosa di più in Cameron.

    La trovò seduta sul pavimento del bagno delle donne, appoggiata ad una parete. C'erano dei disegni sui muri, piccoli messaggi. Non poteva credere che Cuddy permettesse delle cose del genere in ospedale. Una sorta di giornale di metallo.

    House stava per dire qualcosa quando Cameron si sporse e vomitò di nuovo. Quando finì, alzò lo sguardo verso House con occhi tristi. House chiese appena "Sapevi del fratello di Wilson?".

    Cameron si alzò "Si".

    "E' vivo?".

    Cameron scosse la testa "No".

    "Come lo conoscevi?".

    Cameron lo guardò negli occhi. Stava quasi piangendo "L'ho sposato".


    Continua...
     
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  2. LovelyBaroness
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    woooow!!! mamma cammy e wilson mi piace!!1 anche se mi piacerebbe di più con "gelosia di house" XDXDXD
    bellissima!!!
    grazie vale! :kiss:
     
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    Grazie Dott ;)


    Capitolo 2

    “Love does not die. Time cannot kill it, nor many miles, nor even death.”

    -Anonimo




    Cameron strinse il suo album del matrimonio tra le mani. Con le nocche e il viso pallido. Le gambe rannicchiate sotto il corpo e il viso ancora bagnato dalle lacrime perchè non aveva mai smesso di piangere. Si sistemò un ciuffo ribelle dietro l'orecchio e sfogliò le pagine, indugiando su ricordi di un mondo molto piccolo, così piccolo che qualsiasi cosa faceva, dalla più piccola alla più grande, le si ritorceva contro. Anche se non era una brutta cosa. Anche se sembrava giusto.

    La sua parte preferita non erano nemmeno le foto. Era la nota che Bryan aveva messo sul retro della copertina. Cameron non aveva idea di come ce l'avesse messa, perchè l'album non era stato finito fino a dopo la sua...morte. In realtà, Bryan l'aveva mandato al fotografo dopo aver abbandonato ogni speranza di ripresa. Questo pensiero dava ancora i brividi a Cameron.

    Cara Allie,

    So che è un cliché iniziare una lettera così, ma quando la leggerai, io sarò morto. E' spaventoso...Non so come descriverlo. Ci sono molte cose che non ho fatto e che non farò. Divenire un insegnante, riconciliarmi con la mia famiglia, trasferirci in Florida nel giorno del nostro 50° anniversario, crescere i nostri figli...Sebbene so che tu farai un ottimo lavoro da sola. Ho fede in te, Allie.

    Sono felice di averti incontrato. Tutto dalla mia stupida battuta a...Non so come finirà. Ma è stato tutto perfetto. Non cambierei nulla, eccetto il poter avere più tempo. E' tutto quello che vorrei davvero; mi hai dato così tanto.

    Ti amo...Bryan.



    Era breve e dolce. Bryan non è mai sato il tipo da cose complicate. Era meglio in quel modo...le cose erano già complicate di loro.

    ---

    Eccetto per essere l'aldilà, il giorno dopo a lavoro era stato un inferno. Il paziente aveva un cancro molto ovvio, non capiva nemmeno perchè l'avessero dato a loro quel caso. Comunque, Wilson aveva passato molto tempo con loro (quell'uomo lavora mai?) e se non fosse bastato, House aveva continuato a guardare particolarmente Cameron. Voleva che glielo dicesse, ma lei non era ancora pronta. Cosa importava se glielo diceva quel giorno o l'indomani o la prossima settimana? L'attesa non rendeva il suo corpo meno freddo sottoterra o l'attesa non toglieva o aggiungeva altro tempo a Wilson da passare con suo fratello.

    Nel mentre, Wilson sapeva di aver passato troppo tempo a pensare agli eventi della sera prima. Non solo il bambino, ma anche Cameron. Di solito avrebbe pensato che la sua apertura fosse stata troppo grande e avrebbe voluto dirlo a tutti, ma non era così. E poi che aveva House? Continuava a costringerli a stare soli nella stessa stanza con motivazioni alquanto bizzarre che mettevano ben in luce il fatto che Cameron volesse parlare con Wilson. E doveva pure essere importante...le cose che House gli aveva detto mentre lo trascinava in laboratorio dove Cameron stava lavorando. Cameron si era subito scusata dicendo che aveva da fare in clinica, lasciando Wilson solo più di prima.

    ---

    Apparentemente, House pensava che dato che Cameron stava evitando Wilson, doveva soffrire. Pensava anche che fosse divertente cambiare i pazienti con i suoi così da accaparrarsi una bella e giovane donna che aveva un neo sulla coscia e lei invece una ragazzina di 13 anni che aveva problemi ad inserire il suo primo tampone. Fico!

    House la stava aspettando per uscire, ma inutilmente perchè quando lei uscì, Cameron non lo notò nemmeno. House roteò gli occhi; non aveva tempo "Oh, Cameron!".

    Cameron si girò subito "Cosa?".

    "Ti sei divertita con quella ragazzina...?".

    "House!" Cuddy gli si avvicinò, il viso rabbuiato. Lui sapeva che era arrabbiata. "Che diavolo fai! La clinica è piena!".

    "Sei nervosa solo perchè hai il ciclo".

    "Così come molte altre donne qui! Stai tentando di mandare in tilt l'ospedale!".

    "Non ci sto tentando, ma credo che stia succedendo...oh, guarda cosa hai fatto!".

    Cuddy si guardò intorno. Non vide nulla fuori dal normale "Che ho fatto?".

    "Ora l'ho persa!".

    "Perso chi?".

    "Cameron! Chissà dov'è andata ora!".

    "Ha preso le scale, l'ho vista. Perchè ti interessa?".

    "Ha preso le scale? Non conoscevo questo lato di lei. Molto furba, devo ammetterlo. Ora, se vuoi scusarmi...".

    "No! Hai ancora un'ora da fare. In realtà, potresti anche andare a casa. Non ha senso tenerti qui e mettere a rischio la mia sanità mentale e la sicurezza dell'ospedale...sai cosa? Vai a casa. Farai quest'ora un altro giorno. Vatti a riposare".

    Quel giorno si faceva più strano del solito.

    ---

    Cameron aveva fatto metà scale. Quando raggiunse la terza rampa, si fermò e si sedette sui gradini freddi. Mettendosi la testa tra le mani, lasciò che le lacrime scendessero. Prima furono lente e gentili. Poi presero forza. Alla fine, il suo corpo si muoveva spasmodicamente a causa dei singhiozzi, e si sentì esausta.

    Sebbene avrebbe adorato rannicchiarsi in una coperta ed addormentarsi lì, sapeva che doveva tornare in ufficio. Fortunatamente, non appena House vide i suoi occhi bagnati e gonfi, la lasciò andare a casa prima.

    Mentre Cameron tornava a casa, realizzò che non aveva idea di dove andare. Non fu finchè non premette il citofono dell'appartamento 6 che si rese conto di essere a casa di Wilson.


    Continua...
     
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  4. LovelyBaroness
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    aaaaaah e adesso si faranno le coccole vero!? che dolce che sono!!!
    povera cammy però :cry:
    ......... ma siamo sicuri che non ci sarà un triangolo XDXD?
     
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  5. PillaPolla
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    Molto interessante questa storia.
    Complimenti per la scelta Vale, era da tanto che volevo leggere una fanfic Wameron.
    Grazie davvero
     
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    Grazie ragazze ;)...scusate tanto il ritardo di aggiornamento.


    Capitolo 3

    'To the dead we owe only truth'

    -Voltaire




    Per far presentare bellissime donne alla sua porta, Wilson di solito doveva adescarle prima. A volte si complimentava continuamente, a volte fingeva di essere Romeo e lei la sua Giulietta, a volte ascoltava ed emetteva suoni vari, e altre volte fissava solamente nel vuoto e faceva suoni vari. Alle donne piacevano quei suoni. Ma comunque, doveva lavorarci un sacco prima.

    Ecco perchè Wilson rimase sorpreso di trovare Allison Cameron alla sua porta, e non esitò quindi a farla entrare.

    Cameron si sedette sul divano e si strofinò le braccia per cercare di eliminare la pelle d'oca data dal freddo. "Vuoi qualcosa? Una coca-cola? Ho del vino, se vuoi".

    Per quanto volesse ubriacarsi quella sera, Cameron sapeva che sarebbe stato stupido non essere sobria "Dell'acqua andrà bene".

    "Ed acqua sia" Wilson roteò gli occhi mentre si dirigeva in cucina 'Se è così che vuoi iniziare...'.

    "Sono venuta per parlarti di tuo fratello" gli disse Cameron dal salotto. Wilson fece cadere il bicchiere che aveva in mano e fissò i cocci di vetro per un momento 'Dannazione'. Lentamente, ritornò in soggiorno e si sedette.

    "Ascolta, io non...".

    "Lo conoscevo" disse Cameron. Wilson si strofinò gli occhi. Era già difficile.

    "Tu...tu lo conoscevi?".

    Cameron annuì e trattenne le lacrime. Aveva davvero bisogno di smetterla di piangere. Forse domani.

    "Lui è...?".

    "Mi dispiace" Cameron avrebbe voluto non trovarsi in quella situazione, ma doveva. Si mise più ritta mentre le scappava un singhiozzo.

    "Dove è stato seppellito?".

    Finalmente, una domanda che non faceva male "Cimitero di Short Hills. E' ad un paio di ore da qui".

    Wilson conosceva il posto. Lì era stato seppellito suo nonno "Come è...?".

    Cameron scelse con cura le parole. Non era pronta ad ammettere che Bryan era stato suo marito. Non ancora. Forse mai "Aveva il cancro. All'inizio alla tiroide, ma poi si è sviluppato al cervello. Ma quando l'abbiamo...l'ha scoperto, era troppo tardi. E' morto 6 mesi dopo".

    "Cancro. Io...avrei potuto aiutarlo".

    Cameron non ce la faceva più. Il suo cuore si spezzò "No, non potevi. Anche se l'avessi visto ogni giorno, non avresti notato nulla. Non fino all'ultimo mese, almeno" 'Io non ci sono riuscita'.

    "No, non credo. Io sono un oncologo. L'avrei capito".

    Cameron iniziò ad irritarsi. Non avrebbe dovuto sorprenderla però "No, non avresti capito nulla".

    Wilson alzò gli occhi e guardò quelli di lei pieni di lacrime. D'un tratto, si sentì furioso "Si invece".

    "Oh, sta zitto, Wilson! Non si sta parlando di te!" non appena lo disse, si portò una mano alla bocca 'Stupida, stupida, stupida, stupida...' "Non volevo dirlo. Scusa. Non avrei dovuto dire...".

    La stanza cadde subito nel silenzio. Wilson si alzò, guardandola appena "Penso che dovresti andare".

    "Ma...".

    "Ora".

    Cameron si alzò, e questa volta non fece niente per trattenere le lacrime.

    ---

    Quando Cameron andò via, Wilson si mise il giubbotto, uscì fuori e si diresse verso la sua auto. Accendendo la radio al massimo volume, rimase lì dentro per un minuto prima di immettersi in strada e guidare a tutta velocità verso il cimitero. Doveva vederlo; sapere che era tutto vero. Non realizzò nemmeno che la radio stava gracchiando a tutto volume.

    Quando arrivò, era quasi mezzanotte: 23:48 per essere esatti. Gli ci volle mezz'ora per trovare la sua tomba, dato il buio e i soli fari dell'auto ad illuminargli la via. Alla fine, la trovò.

    Era grigia. Ecco la prima cosa a cui pensò; era grigia e non avrebbe dovuto essere così perchè non era un colore tipico di Bryan, per niente, Bryan era solare e colorito e non importava cosa facevano gli altri, la sua vita era sempre vivace. Era un insulto alla sua esistenza quella lapide.

    Infatti, la sola cosa che non era grigia era il vaso pieno di fiori accanto. Si chiese chi l'avesse messo e come qualcun altro sapese di lui e come sapesse che l'arancione era il suo colore preferito, e perchè questo qualcuno non aveva insistito su una lapide arancione allora? Forse era perchè questo qualcuno, come lui, non sapeva se ne esistessero.

    Alla fine, Wilson prese un pò di forza e si avvicinò di più. Non riusciva a capacitarsi che quella doveva essere il ricordo di un essere umano. Era fisicamente impossibile e patetico. Wilson lesse ad alta voce le parole sulla lapide. Chiunque si fosse trovato tanto vicino da sentire, non si sarebbe annoiato ma, anzi, ne sarebbe stato grato.

    Bryan Jacob Wilson

    1978-1999

    Marito adorabile, padre ed amico.

    'La vita non è un viaggio fino alla tomba con le intenzioni di un corpo ben preservato,
    ma piuttosto una slittata laterale, perfetta nel suo arco.
    E del tutto stremato, griderai "Wow!Che viaggio!"
    '

    -Ci mancherai per sempre, non ti dimenticheremo mai-


    Wilson si permise un leggero sorriso. Questo gridava Bryan da ogni lettera. Era così strano sapere che sei piedi più sotto c'era suo fratello, pallido e freddo. Il sorriso di Wilson si allargò quando sentì un peso togliersi dal petto, e si sedette a terra. Non sarebbe andato da nessuna parte quella sera. Lentamente, tracciò i contorni delle lettere, lasciando che le dita le accarezzassero.

    Il cuore gli si fermò quando rilesse l'inizio. Era stato sposato. E aveva avuto un figlio. Era ironico; il matrimonio era una cosa che Wilson non avrebbe mai visto accostato a Bryan...però Wilson era quello che si era sposato e risposato, Bryan aveva avuto una sola donna e un figlio. Wilson doveva trovarli, a costo di cercarli per il resto della sua vita.

    Quella sarebbe stata la sua liberazione.


    Continua...



     
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    Capitolo 4

    "The truth must not only be the truth-
    It must also be told."
    -Bahais



    Eccolo. Alto e con i capelli castani, affascinante, e lei lo ama ancora. Sono passati 6 anni ma l'amore non si misura in secondi, minuti, giorni, settimane, mesi, anni. Si misura in momenti d'oro, ognuno collegato all'altro da una catena infinita. E per un pò, lei aveva pensato che avessero spezzato quella catena; che la loro unione si fosse sciupata.

    Ma lui le sta sorridendo e lei lo ricambia, e anche se non può essere reale, è perfettamente giusto. Stanno a distanza di un braccio. Sono così vicini che possono respirare quasi la stessa aria. Respirazione bocca a bocca. Non è una coincidenza che un atto che può riportare una persona in vita consista praticamente nel baciarsi.

    Lei lo fissa. L'opposto del tempo è la morte e la morte definisce il tempo e l'amore resiste alla morte, e tutti questi pensieri le passano nella testa, e tutto quello che può fare è alzare una mano per toccargli il braccio. Ed è così vicina, così vicina, dopo tutti questi anni lei è ancora così vicina a lui. Si aspetta di sentire la familiare sensazione di morbidezza e secchezza che solo una persona ha, ma lui improvvisamente va via. Va via e lei gli grida dietro, e grida per la sua bambina, la sua dolce bambina, e grida per un sollievo, qualsiasi tipo di sollievo, ma nulla arriva tranne la sensazione di passaggio dalla sonnolenza alla debolezza.


    Cameron si mise seduta sul letto. Non faceva un sogno come quello da anni. Le lacrime le stavano scorrendo sul viso mentre prendeva un cuscino come supporto. Il cotone le strofinò contro il viso, ma nemmeno lo sentì. Sospirando, si stese e guardò l'orologio: le 5:06. Scese dal letto e fissò il telefono. Ci sarebbe voluta solo una chiamata. Il numero era già nell'agenda. Una chiamata. Una chiamata.

    Quella sera, decise. Quella sarebbe stata LA sera.

    ---

    "E mi ha detto questa cosa, niente compassione, niente supporto, niente".

    House roteò gli occhi per quanto fosse idiota il suo amico. Come poteva non capire chi fosse la moglie di Bryan? House guardò l'orologio. Non voleva essere lui a dargli consigli "Scusami se ti interrompo. Beh, non mi sento molto in colpa, ma mi piacerebbe concludere qui questa discussione. Sai, devo andare in clinica e non voglio fare tardi".

    "Cosa? Tu non vuoi mai andare in clinica".

    "Sto cambiando. Nasi colanti, madri ansiose, anziani che hanno bisogno di esami alla prostata mi aspettano!".

    "Aspetta! Quindi non hai idea di chi possa essere questa donna?".

    "Veramente, io so quasi per certo chi sia. Solo che non ti meriti di saperlo".

    "Cosa! Perchè no!?".

    "Devi essere sveglio per capirlo. Scusami. Forse il prossimo anno, amico".

    "House!".

    "Ok, ok. Ti darò un indizio. Sarà come un gioco. Io sento che inizia con la 'C'!".

    "Andiamo".

    "Troppo difficile? Ok, piccolo Wilson, proviamo altro. Chi conosci che ha perso un marito e forse anche un figlio?".

    Wilson roteò gli occhi ma non disse nulla.

    "Ok, chi conosci che ha sposato qualcuno che sapeva sarebbe morto?".

    Ancora nulla.

    "Oh Dio. Come hai fatto a laurearti? Mi dispiace per i tuoi pazienti. 'Cos'è questa massa scura nelle lastre? Potrebbe essere una macchia, una nocciolina, forse qualcosa che inizia con la 'T''. Ok, chi lavora per che non è nè Chase nè Foreman? E a questa devi rispondere. Pensaci attentamente, ma non farti male".

    "Cameron, ma...Cameron. Cameron! No. Ma. Non può essere Cameron. E' impossibile. E' ridicolo, è---".

    "Ti lascio pensare. Oh, hey Cuddy!".

    ---

    Era un altro giorno in laboratorio. Il team non aveva un caso, quindi Foreman stava facendo delle ricerche, Chase le parole crociate, e Cameron stava facendo dei test su alcuni pazienti in clinica di Chase. Era tutto molto tranquillo. Quindi, ovviamente, le cose si sarebbero complicate presto.

    Cameron vide Wilson avvicinarsi. Non riconobbe il suo sguardo in viso, ma sapeva bene cosa volesse dire. Diede una gomitata a Chase "Pensa a qualcosa, pensa a qualcosa!".

    Chase non capì a cosa si riferisse finchè non entrò Wilson. "Quindi, controlli per me quel paziente adesso?".

    "Certo, nessun problema" Cameron fece per uscire, ma Wilson scioccò tutti quando le afferrò il camice.

    "No, non te ne vai ora".

    Foreman si alzò. Non sapeva cosa stesse succedendo, ma non gli piaceva "Wilson, è solo un paziente che potrebbe avere un problema che Cameron potrebbe risolvere meglio di Chase, ecco tutto" le sue parole erano calme ma il suo viso era minaccioso.

    Wilson lo ignorò "Cameron, tu lo conoscevi".

    Lei annuì mentre Foreman li guardava confuso.

    "Come?".

    Niente.

    "Come!".

    "L'ho sposato" la voce di Cameron fu bassa e debole. Come se provenisse da un luogo lontano.

    Morte. Silenzio.

    Morte.

    Alla fine, Foreman parlò "Eri sposata?".

    Wilson rispose per lei "Chiedi ad House".

    "Ma---".

    "Chiedi ad House" i due uomini capirono che dovevano andare dato che Wilson e Cameron si stavano fissando. Alla fine, Wilson parlò "Avresti dovuto dirmelo. Mi avresti risparmiato molto dolore, molto risentimento, ma non hai detto nulla. Nemmeno una parola. E per tutto questo tempo. Cameron, perchè non me l'hai detto?".

    Cameron tirò su col naso mentre sentiva le lacrime arrivarle agli occhi "Io...io l'ho capito solo un paio di giorni fa. E...e quando ho tentato di dirtelo che lo conoscevo, quando ti ho detto che lo conoscevo, tu ti sei arrabbiato con me. So che è una scusa stupida e debole, ma è la verità. E Wilson, avevo paura. Avevo tanta paura. Pensavo che tutti questi sentimenti fossero spariti, che fossi andata avanti, ma mi è bastato sentir pronunciato il suo nome e...mi dispiace, mi dispiace tanto".

    Wilson tentò di non mostrare alcuna emozione mentre Cameron piangeva ad un piede di distanza da lui. Era troppo. Sapeva che avrebbe dovuto andarsene, ma una domanda gli ronzava in testa "Camero, Cameron, sono andato nella sua tomba ieri notte. E ho letto la lapide e - beh, so che ti ha sposato, ma c'era scritto che era anche un padre. Aveva un figlio. Ma è...l'hai perso, vero? E' morto anche lui?".

    Cameron alzò lo sguardo e scosse lentamente la testa "No. E' viva".

    ---

    Cameron fissò il telefono mentre teneva tra le mani un foglio di carta con un numero scritto sopra. Se avesse strappato quel foglio, sarebbe diventato polvere. Polvere su polvere.

    Era un'agenzia di adozioni, una di quelle statali. Aveva diritto di visita ma non ne aveva mai usufruito. Non fino ad ora.

    Prese la cornetta ed iniziò a comporre il numero. Una goccia di sudore freddo gli scese dalla fronte, la mano le tremò, sbagliò numero due volte prima di comporlo nella maniera corretta. Sembrava come se ci fosse la sua vita in ballo. Dopo tutti gli errorri, i passi falsi.

    Suonò per 43 secondi prima che qualcuno rispondesse, dando a Cameron abbastanza tempo per dubitare della sua decisione. Altri 2 secondi ed avrebbe messo giù. "Pronto? Mi chiamo Allison Cameron. Mi piacerebbe avere notizie di mia figlia. Voglio incontrarla".


    Continua...
     
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  8. PillaPolla
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    L'ho riletta adesso, e sinceramente questi ultimi due capitoli li trovo un po' OOC.
    Non mi sembra da Cam abbandonare una figlia avuta dall'uomo che ha amato e che è morto...

    Comunque, se ti va, continuala, vediamo se riuscirò a ricredermi e son curiosa di vedere come può aver gestito la situazione l'autrice...

    Grazie Vale
     
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    ^^



    Capitolo 5

    "Anyone can become angry. That is easy. But to be angry with the right person, to the right degree, at the right time, for the right purpose, and in the right way;
    That is not easy."

    - Aristotele



    Cameron posò gentilmente il telefono come se stesse posando nella culla un neonato. Si assicurò di averlo posato per bene. Tenne comunque la mano stretta attorno alla cornetta.

    Cameron aveva sempre pensato che sarebbe stata una bella idea farsi amico il telefono. Non quelle amicizie con oggetti inanimati, ma quelle in cui se ti prendi cura di qualcosa, quella allora ti farà dei favori. Cameron pensò di aver iniziato quella tiritera quando aspettava per ore la chiamata di quel Matt Thompson; o quando se lo portava dietro al college dove non vedeva l'ora che squillasse, pregando che non fosse sua madre per dirle che sua nonna era morta, e rimase con lei quando suo marito morì.

    Cameron tornò con i piedi per terra quando il telefono squillò. Sobbalzò al suono della voce di Wilson, chiedendole se poteva venire lì. Ovviamente disse di si, ma non era davvero dell'umore di ricevere visite. Almeno non visite che non portavano cioccolato o pizza con sè.

    Wilson non portò nulla, ma indossò una faccia sulla defensiva invece della solita gentile, come se stesse proteggendo qualcosa. Cameron pensò fosse il suo cuore.

    Non appena entrò, Wilson si portò le braccia al petto; un altro gesto di difesa. Vagò con lo sguardo per casa, familiarizzando con l'ambiente. Sembrava abbastanza confortevole. Sorrise al reggiseno appeso malamente sui bracciolo del tappeto da corsa. "Viene da Victoria's Secret?".

    Cameron si accigliò "Se sei venuto qui per spiare i miei reggiseni, va da House. Dice di avere dei cataloghi e come ci ha detto spesso, lui non mente mai".

    "Non è per questo che sono qui".

    "Allora perchè?".

    "Sai perchè".

    Cameron fece spallucce.

    "Lui...Bryan. Cosa mi sono perso?".

    Cameron si accigliò "Non posso dirti tutto. Ci sarebbe troppo".

    "Ho tutta la notte. E tutto il giorno".

    Cameron si sedette, si portò le mani sul viso e chiuse gli occhi. Alla fine, alzò lo sguardo verso Wilson e gli fece cenno di sedersi "Da dove comincio?".

    Ci volle poco a Wilson per risponderle "Dall'inizio. Come vi siete conosciuti".

    Ovvio.

    ---

    "Ci siamo incontrati in un obitorio. Non è divertente? E' così ironico e sensato, in un modo stranissimo. Tutto di lui, di noi, ora, ha tutto più senso.

    Ad ogni modo, io ero lì per una lezione. Avevo appena iniziato l'università ed era la mia prima volta. Ricordo che disse che ero una 'vergine d'obitorio' quando glielo dissi. E' stupido, ma ho riso.

    Stavamo esaminando un corpo. Ero con la mia amica Jamie, e lei aveva tanta paura. Della gente morta, credo. E ricordo che la lezione era appena iniziata. Il professor Ryner, il nostro professore, tolse il lenzuolo da questo corpo. Ricordo esattamente come era - era giovane, la nostra età. Aveva i capelli castani e un pò di barba. Assomigliava un pò a Bryan. Il professor Ryan ci disse che le autorità credevano che sua moglie l'avesse avvelenato, ma avevano bisogno dell'autopsia per confermare. Non sapevo perchè lo dovessimo fare noi. Eravamo solo un pugno di studenti. Comunque, chiamò me per iniziare. Feci tutto, ma quando tornai al mio posto, le mie mani iniziarono a tremare, pensavo che sarei potuta esserci io lì sopra.

    E credo che lui vide le mie mani, no, no, quella sera disse che il mio braccialetto iniziò a rumoreggiare e provò compassione per me. Si avvicinò, e ricordo, era ancora dietro di me, quindi non potevo vederlo - e mi mormorò 'Vedo la gente morta. Sono ovunque'.

    Io avevo visto 'Il sesto senso' una settimana prima e mi ero molto spaventata, e mi fece arrabbiare, stavo per piangere. Ero furiosa. Quindi mi girai e improvvisamente non riuscii più a ricordare perchè fossi così incavolata. E' un cliché, ma mi sentivo come se fossimo stati solo noi due.

    Una stanza piena di gente morta, iniziai a credere nel fato e nel vero amore a prima vista e a tutte queste mielosità.

    E vuoi sapere una cosa? Dopo la lezione, quando non riuscivamo a trovare alcun veleno, il professor Ryner ci disse che il tizio era morto per una malattia al cuore. Passammo tutto il tempo chiusi là dentro a cercare una cosa che non c'era".

    ---

    Cameron si passò una mano tra i capeli mentre Wilson sbatteva la porta dopo essere uscito. Non era colpa sua - lei aveva già passato il diniego, l'odio, la depressione e iniziava ad accettare la cosa, ma Wilson era anni dietro di lei. Lui stava riversando tutta la rabbia su di lei, e sebbene non facesse bene a nessuno, capiva il suo comportamento. Cameron fece una smorfia.

    Joe.

    Merda.

    'Beh
    ' decise 'Non parlerò di Joe finchè non lo dice Wilson'.

    Cameron si alzò e si avvicinò all'armadio, esaminando lentamente i suoi abiti e preparando quelli per il giorno dopo. Il giorno in cui, ancora una volta, avrebbe incontrato Johanna Cathryn Wilson.


    Continua...
     
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